SCAVARE UN CANALE O RIPRISTINARE LA NATURA?
In settembre la Banca Mondiale ha preparato il suo
rapporto sul progetto di un canale tra Mar Rosso e Mar Morto, con l'ausilio di
dozzine, forse centinaia di esperti e i risultati di ricerche in tutto il
mondo. La conclusione finale, pubblicata a gennaio, è che il progetto è
fattibile dal punto di vista finanziario e ingegneristico.
L’idea di utilizzare la differenza di altitudine (circa 400 metri) tra il Mar Morto e il Mediterraneo o il Mar Rosso ha stimolato l’immaginazione di idrologi, esperti di produzione d’energia, ambientalisti, strateghi, visionari e politici sin dalla metà del XIX secolo. Tutti i vari piani prevedono di collegare il Mediterraneo e/o il Mar Rosso con il Mar Morto mediante canali, tunnel o acquedotti.
I tre più importanti progetti proposti erano il collegamento Nord Med-Mar Morto (attraverso: Baia di Haifa, Valle di Esdraelon, Bet Shean, fiume Giordano, Mar Morto), il collegamento Sud Med-Mar Morto (dal Mediterraneo a sud di Ashkelon sino al Mar Morto) e il collegamento dalla punta settentrionale del Mar Rosso al Mar Morto. Tra gli scopi previsti dalla sempre più ampia schiera di sognatori e sostenitori vi sono: la generazione di energia (Theodor Herzl scrisse su questo argomento già nel 1902 nel suo “Altneuland”), la desalinizzazione di acqua marina per risolvere la sempre crescente mancanza regionale di acqua e, più di recente, incoraggiare la cooperazione regionale e salvare il Mar Morto dal declino e dalla graduale scomparsa dovuta al prelievo di acque del fiume Giordano, a nord, da parte di Israele e Giordania, e alle conseguenze dell’utilizzazione per scopi commerciali delle materie prime che si trovano nel Mar Morto, di nuovo da Israele e Giordania.
Che io sappia, solo due volte uno di questi progetti ha raggiunto il punto di una possibile realizzazione. Il primo fu il progetto Mediterraneo-Mar Morto seriamente preso in considerazione dai due governi Begin e dal primo governo Shamir negli anni 1978-1985. Il secondo è il progetto attualmente proposto dalla Banca Mondiale.
Venni per la prima volta interessata al tema dal compianto Yigal Allon, col quale collaborai dal 1977 sino alla sua prematura scomparsa il 29 febbraio di 33 anni fa. Da membro dell’opposizione, egli fu uno dei più attivi sostenitori della realizzazione del progetto Sud Med-Mar Morto, del quale era venuto a conoscenza quando era stato ministro degli esteri nel primo governo Rabin. In effetti questo particolare progetto, chiamato “Il Canale dei mari”, arrivò così vicino alla realizzazione che nel febbraio 1982 la parlamentare Shoshana Arbeli-Almoslino, laburista, mise all'ordine del giorno della Knesset una mozione concernente l’integrazione nel progetto di compagnie di scavo israeliane per contribuire a risolvere il problema della disoccupazione, allora pressante. Alla fine il progetto decadde per mancanza di fattibilità economica, e perché le Nazioni Unite sollevarono obiezioni legate alla sua natura unilaterale e alla presunta violazione di leggi internazionali implicate dalla sua realizzazione.
L’attuale progetto della Banca Mondiale, inizialmente scaturito (prima che la Banca venisse coinvolta) all'indomani della firma del trattato di pace Giordania-Israele del 1994, coinvolge oggi Giordania, Israele e Autorità Palestinese, oltre a vari altri soggetti internazionali. Se pienamente realizzato, il progetto comporterebbe l’afflusso di acqua dal Mar Rosso al Mar Morto, 850 milioni di metri cubi della quale sarebbero desalinizzati e forniti alla Giordania dove la carenza di acqua potabile è un problema impellente. L’acqua salmastra creata come risultato della desalinizzazione verrebbe riversata nel Mar Morto e l’elettricità generata dalla caduta dell’acqua da 400 metri coprirebbe le necessità del progetto. Il costo del progetto è stimato in circa 10 miliardi di dollari che verrebbero garantiti da fonti commerciali e da finanziamento internazionale “soft” (per lo più della stessa Banca Mondiale).
Nei dibattiti sul progetto della Banca Mondiale durante le passate settimane sembra che, almeno in Israele, vi sia una crescente opposizione al progetto sia nei ministeri governativi direttamente interessati (ambiente, energia e acqua, cooperazione regionale), sia in circoli professionali, dovuta al timore che esso possa causare danni irreversibili all'ambiente, facendo diventare tra l’altro il Mar Morto di colore bianco a causa della creazione di grandi quantità di gesso nel mare, o rosso a causa dello sviluppo di alghe. Sempre maggiori consensi sembra raccogliere la posizione di chi dice che, pur non avendo Israele da obiettare a un piano-pilota di scala ridotta che dimostri le reali conseguenze geologiche e ambientali di un afflusso di acqua dal Mar Rosso al Mar Morto, la soluzione preferita è tuttavia quella di permettere all'acqua dolce originaria di fluire fino al Mar Morto facendo cessare la maggior parte delle deviazioni a monte dal Giordano verso Israele e Giordania (il che fra l’altro comporterebbe la chiusura dell’Acquedotto Nazionale, completato da Israele nel 1964), sostituendo l’acqua sottratta da questo intervento ai sistemi idrici israeliani e giordano con acqua desalinizzata dal Mediterraneo e dal Mar Rosso (Aqaba) e con acque reflue purificate ad alta qualità. Forse sarebbe anche possibile rilanciare il piano, discusso dalla metà degli anni ’80 fino ai primi del nuovo millennio, di far affluire acqua nella regione dalla Turchia con acquedotti o autocisterne.
Ripristinare il flusso di acqua dolce originario verso il Mar Morto anziché convogliare acqua del Mar Mediterraneo o del Mar Rosso non potrà restituire il Mar Morto al suo "antico splendore", ma certamente ne fermerebbe il deterioramento e permetterebbe alla natura di fare il suo corso senza l'intervento di uomini che cercano di giocare a fare Dio interferendo con le leggi della natura.
L'unico problema con questa proposta, che a mio parere è l'unica non destinata a finire in una catastrofe, è che il costo sarebbe esorbitante, e non è chiaro chi sarebbe disposto, o in grado, di finanziarlo. E non è nemmeno certo che, nella realtà politica attuale in Medio Oriente, possa essere generato e sostenuto dalle parti coinvolte un grado di cooperazione sufficiente per realizzarla.
La mia sensazione di pelle è che, in ultima analisi, non accadrà molto in questo campo nel futuro prevedibile, con il rischio che il Mar Morto continui a degradare.
(Da: Jerusalem Post, 3.3.13)
L’idea di utilizzare la differenza di altitudine (circa 400 metri) tra il Mar Morto e il Mediterraneo o il Mar Rosso ha stimolato l’immaginazione di idrologi, esperti di produzione d’energia, ambientalisti, strateghi, visionari e politici sin dalla metà del XIX secolo. Tutti i vari piani prevedono di collegare il Mediterraneo e/o il Mar Rosso con il Mar Morto mediante canali, tunnel o acquedotti.
I tre più importanti progetti proposti erano il collegamento Nord Med-Mar Morto (attraverso: Baia di Haifa, Valle di Esdraelon, Bet Shean, fiume Giordano, Mar Morto), il collegamento Sud Med-Mar Morto (dal Mediterraneo a sud di Ashkelon sino al Mar Morto) e il collegamento dalla punta settentrionale del Mar Rosso al Mar Morto. Tra gli scopi previsti dalla sempre più ampia schiera di sognatori e sostenitori vi sono: la generazione di energia (Theodor Herzl scrisse su questo argomento già nel 1902 nel suo “Altneuland”), la desalinizzazione di acqua marina per risolvere la sempre crescente mancanza regionale di acqua e, più di recente, incoraggiare la cooperazione regionale e salvare il Mar Morto dal declino e dalla graduale scomparsa dovuta al prelievo di acque del fiume Giordano, a nord, da parte di Israele e Giordania, e alle conseguenze dell’utilizzazione per scopi commerciali delle materie prime che si trovano nel Mar Morto, di nuovo da Israele e Giordania.
Che io sappia, solo due volte uno di questi progetti ha raggiunto il punto di una possibile realizzazione. Il primo fu il progetto Mediterraneo-Mar Morto seriamente preso in considerazione dai due governi Begin e dal primo governo Shamir negli anni 1978-1985. Il secondo è il progetto attualmente proposto dalla Banca Mondiale.
Venni per la prima volta interessata al tema dal compianto Yigal Allon, col quale collaborai dal 1977 sino alla sua prematura scomparsa il 29 febbraio di 33 anni fa. Da membro dell’opposizione, egli fu uno dei più attivi sostenitori della realizzazione del progetto Sud Med-Mar Morto, del quale era venuto a conoscenza quando era stato ministro degli esteri nel primo governo Rabin. In effetti questo particolare progetto, chiamato “Il Canale dei mari”, arrivò così vicino alla realizzazione che nel febbraio 1982 la parlamentare Shoshana Arbeli-Almoslino, laburista, mise all'ordine del giorno della Knesset una mozione concernente l’integrazione nel progetto di compagnie di scavo israeliane per contribuire a risolvere il problema della disoccupazione, allora pressante. Alla fine il progetto decadde per mancanza di fattibilità economica, e perché le Nazioni Unite sollevarono obiezioni legate alla sua natura unilaterale e alla presunta violazione di leggi internazionali implicate dalla sua realizzazione.
L’attuale progetto della Banca Mondiale, inizialmente scaturito (prima che la Banca venisse coinvolta) all'indomani della firma del trattato di pace Giordania-Israele del 1994, coinvolge oggi Giordania, Israele e Autorità Palestinese, oltre a vari altri soggetti internazionali. Se pienamente realizzato, il progetto comporterebbe l’afflusso di acqua dal Mar Rosso al Mar Morto, 850 milioni di metri cubi della quale sarebbero desalinizzati e forniti alla Giordania dove la carenza di acqua potabile è un problema impellente. L’acqua salmastra creata come risultato della desalinizzazione verrebbe riversata nel Mar Morto e l’elettricità generata dalla caduta dell’acqua da 400 metri coprirebbe le necessità del progetto. Il costo del progetto è stimato in circa 10 miliardi di dollari che verrebbero garantiti da fonti commerciali e da finanziamento internazionale “soft” (per lo più della stessa Banca Mondiale).
Nei dibattiti sul progetto della Banca Mondiale durante le passate settimane sembra che, almeno in Israele, vi sia una crescente opposizione al progetto sia nei ministeri governativi direttamente interessati (ambiente, energia e acqua, cooperazione regionale), sia in circoli professionali, dovuta al timore che esso possa causare danni irreversibili all'ambiente, facendo diventare tra l’altro il Mar Morto di colore bianco a causa della creazione di grandi quantità di gesso nel mare, o rosso a causa dello sviluppo di alghe. Sempre maggiori consensi sembra raccogliere la posizione di chi dice che, pur non avendo Israele da obiettare a un piano-pilota di scala ridotta che dimostri le reali conseguenze geologiche e ambientali di un afflusso di acqua dal Mar Rosso al Mar Morto, la soluzione preferita è tuttavia quella di permettere all'acqua dolce originaria di fluire fino al Mar Morto facendo cessare la maggior parte delle deviazioni a monte dal Giordano verso Israele e Giordania (il che fra l’altro comporterebbe la chiusura dell’Acquedotto Nazionale, completato da Israele nel 1964), sostituendo l’acqua sottratta da questo intervento ai sistemi idrici israeliani e giordano con acqua desalinizzata dal Mediterraneo e dal Mar Rosso (Aqaba) e con acque reflue purificate ad alta qualità. Forse sarebbe anche possibile rilanciare il piano, discusso dalla metà degli anni ’80 fino ai primi del nuovo millennio, di far affluire acqua nella regione dalla Turchia con acquedotti o autocisterne.
Ripristinare il flusso di acqua dolce originario verso il Mar Morto anziché convogliare acqua del Mar Mediterraneo o del Mar Rosso non potrà restituire il Mar Morto al suo "antico splendore", ma certamente ne fermerebbe il deterioramento e permetterebbe alla natura di fare il suo corso senza l'intervento di uomini che cercano di giocare a fare Dio interferendo con le leggi della natura.
L'unico problema con questa proposta, che a mio parere è l'unica non destinata a finire in una catastrofe, è che il costo sarebbe esorbitante, e non è chiaro chi sarebbe disposto, o in grado, di finanziarlo. E non è nemmeno certo che, nella realtà politica attuale in Medio Oriente, possa essere generato e sostenuto dalle parti coinvolte un grado di cooperazione sufficiente per realizzarla.
La mia sensazione di pelle è che, in ultima analisi, non accadrà molto in questo campo nel futuro prevedibile, con il rischio che il Mar Morto continui a degradare.
(Da: Jerusalem Post, 3.3.13)
Nessun commento:
Posta un commento