sabato 31 dicembre 2011

Auguri cari a tutti!

Carissimi,
colgo l'occasione del blog per augurare a tutti un sereno inizio di Anno Nuovo!
Riporto qualche stralcio del messaggio di Papa Benedetto XVI per la giornata mondiale della Pace.
Buon Anno!

don Giana

Alzare gli occhi a Dio

Di fronte alla difficile sfida di percorrere le vie della giustizia e della pace possiamo
essere tentati di chiederci, come il Salmista: «Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà
l’aiuto?» (Sal 121,1).
A tutti, in particolare ai giovani, voglio dire con forza: «Non sono le ideologie che
salvano il mondo, ma soltanto il volgersi al Dio vivente, che è il nostro creatore, il garante
della nostra libertà, il garante di ciò che è veramente buono e vero… il volgersi senza riserve
a Dio che è la misura di ciò che è giusto e allo stesso tempo è l’amore eterno. E che cosa mai
potrebbe salvarci se non l’amore?»9. L’amore si compiace della verità, è la forza che rende
capaci di impegnarsi per la verità, per la giustizia, per la pace, perché tutto copre, tutto crede,
tutto spera, tutto sopporta (cfr 1 Cor 13,1-13).
Cari giovani, voi siete un dono prezioso per la società. Non lasciatevi prendere dallo
scoraggiamento di fronte alle difficoltà e non abbandonatevi a false soluzioni, che spesso si presentano come la via più facile per superare i problemi. Non abbiate paura di impegnarvi, di
affrontare la fatica e il sacrificio, di scegliere le vie che richiedono fedeltà e costanza, umiltà e
dedizione. Vivete con fiducia la vostra giovinezza e quei profondi desideri che provate di
felicità, di verità, di bellezza e di amore vero! Vivete intensamente questa stagione della vita
così ricca e piena di entusiasmo.
Siate coscienti di essere voi stessi di esempio e di stimolo per gli adulti, e lo sarete
quanto più vi sforzate di superare le ingiustizie e la corruzione, quanto più desiderate un
futuro migliore e vi impegnate a costruirlo. Siate consapevoli delle vostre potenzialità e non
chiudetevi mai in voi stessi, ma sappiate lavorare per un futuro più luminoso per tutti. Non
siete mai soli. La Chiesa ha fiducia in voi, vi segue, vi incoraggia e desidera offrirvi quanto ha
di più prezioso: la possibilità di alzare gli occhi a Dio, di incontrare Gesù Cristo, Colui che è
la giustizia e la pace.
A voi tutti, uomini e donne che avete a cuore la causa della pace! La pace non è un
bene già raggiunto, ma una meta a cui tutti e ciascuno dobbiamo aspirare. Guardiamo con
maggiore speranza al futuro, incoraggiamoci a vicenda nel nostro cammino, lavoriamo per
dare al nostro mondo un volto più umano e fraterno, e sentiamoci uniti nella responsabilità
verso le giovani generazioni presenti e future, in particolare nell’educarle ad essere pacifiche
e artefici di pace.
È sulla base di tale consapevolezza che vi invio queste riflessioni e vi rivolgo il mio
appello: uniamo le nostre forze, spirituali, morali e materiali, per «educare i giovani alla
giustizia e alla pace».

mercoledì 14 dicembre 2011

Ritrovamento che mi è sfuggito...

Ecco un bel ritrovamento avvenuto a luglio scorso.


Scoperta una “pietra di confine” con la scritta “Shabbat” in ebraico

Un’antica iscrizione su pietra della parola “Shabbat” (sabato) è stata scoperta questa settimana vicino al lago di Tiberiade: si tratta della prima e finora unica scoperta di un “confine dello Shabbat” in ebraico. L’incisione, che si trova nella comunità di Timrat, in Bassa Galilea, sembra risalire al periodo romano o bizantino.
La notizia dell’iscrizione, scoperta per caso domenica da un visitatore che passeggiava sul terreno della comunità, ha rapidamente raggiunto Mordechai Aviam, capo dell’Istituto per l’Archeologia della Galilea del Kinneret College. “Questa è la prima volta che troviamo un’iscrizione del limite dello Shabbat in ebraico – dice – Le lettere sono così chiare che non c’è dubbio che la parola sia Shabbat”.
Aviam spiega che gli ebrei che vivevano nella zona in epoca romana o bizantina (secoli I-VII e.v.) probabilmente usavano la pietra per delimitare il confine entro cui potevano viaggiare il giorno di sabato. La Bassa Galilea dell’antichità e dell’alto Medio Evo aveva una popolazione a maggioranza ebraica: molti dei saggi talmudici avevano toponimi indicativi delle comunità della Galilea.
L’incisione scoperta a Timrat è il primo e unico segno di “confine del Shabbat” mai scoperto in ebraico: un’iscrizione simile è stata trovata nelle vicinanze dell’antico villaggio di Usha, nella Galilea Occidentale, ma il testo era scritto in greco.
Aviam ed i suoi colleghi intendono avvalersi di aiuti sul posto per cercare di trovare altre iscrizioni nelle aree vicine, e poi pubblicare i risultati delle loro ricerche su una rivista accademica. “Ciò rappresenta un legame bello e affascinante, sia emotivo che archeologico, tra il nostro mondo moderno e l’antichità – dice Aviam – Sicuramente per quelli di noi che sono religiosamente osservanti, ma anche per quelli tra noi che sono laici e che si godono una passeggiata il sabato, è bello sapere che camminiamo in posti dove la storia ebraica era ben viva duemila anni fa”.
Ecco la pietra con l'incisione "Shabbat" - S B T

(Da: Jerusalem Post, 12.07.11)

domenica 11 dicembre 2011

Sulle tracce di San Giovanni Battista

Sulle tracce di san Giovanni Battista, in un intreccio affascinante tra luoghi, pietre e Sacre Scritture, con una guida eccezionale: padre Frédéric Manns -- autorevole biblista della Custodia di Terrasanta -- conduce lo spettatore in un affascinante percorso di scoperta del Battista, il personaggio profetico per eccellenza. Il viaggio -parte da 'Ain Karem, il paese natale del Battista per ripercorrere i passi di Maria, Elisabetta e Zaccaria, ricostruire la misteriosa infanzia del Battista -- giovanissimo eremita -- attraversare il deserto di Giuda e arrivare al fiume Giordano, dove il Precursore conclude la sua missione, battezzando Gesù e indicando al mondo il Messia. L'ultimo profeta si ritira con umiltà: permette ai suoi discepoli di seguire Gesù e testimonia la sua fede fino al martirio. Ma i suoi discepoli non dimenticano l'antico maestro, portano il suo corpo a Sebaste e gli danno una sepoltura degna di un profeta.

sabato 3 dicembre 2011

Egitto

ANTICA CITTA’ COPTA RIPORTATA ALLA LUCE


Un'antica citta' copta che risale al IV secolo d.C. e' stata scoperta ad Ayn al-Sabil, nell'oasi di Dakhla, nel sud dell'Egitto. Lo ha annunciato il segretario generale del Consiglio supremo per i Beni archeologici in Egitto, Mustafa Amin, il quale ha spiegato che gli scavi hanno portato alla luce una chiesa a pianta basilicale e una serie di edifici annessi destinati a monaci, sacerdoti e visitatori.
"Queste scoperte ci suggeriscono l'esistenza nella zona di altri insediamenti di varie epoche storiche", ha detto Amin. Il presidente del Dipartimento per i Beni archeologici islamici e copti, Mohsen Sayyed Ali, ha precisato che tra i ritrovamenti vi e' anche un'abitazione dotata di una grande sala, diverse stanze, una cucina, un forno e una scala.
Sul sito sono state raccolte molte monete di bronzo del III e IV secolo d.C. e una serie di frammenti di terra cotta utilizzati a scopi commerciali.

Fonte: Adnkronos, 30/11/2011

venerdì 2 dicembre 2011

Erode il Grande

Muro Occidentale e Arco di Robinson: Erode avviò i grandiosi lavori, ma non ne vide la fine

Chi costruì le mura che fanno da contrafforte al complesso del Monte del Tempio? Ogni guida turistica e ogni studente che abbia familiarità con la storia di Gerusalemme risponderebbe immediatamente che fu Erode. Tuttavia, recenti scavi archeologici lungo l’antico canale di scolo di Gerusalemme hanno portato alla luce un antico bagno rituale ebraico (miqwe) che mette in discussione la tesi archeologica fin qui universalmente accettata secondo cui Erode sarebbe stato l’unico responsabile della costruzione del complesso attorno al Secondo Tempio Ebraico.
Negli ultimi tempi sono state intrapresi lavori tesi a preservare e rinforzare la pavimentazione della strada principale della Gerusalemme di duemila anni fa, quella che veniva usata dai pellegrini quando salivano al Monte del Tempio. L’intervento viene realizzato come parte del progetto volto a riportare alla luce il canale di scolo che passa sotto la strada, andando dalla cisterna di Siloam della città di David fino al Giardino Archeologico di Gerusalemme, vicino al Muro Occidentale (impropriamente noto come “Muro del pianto”).
Gli scavi nel sito, condotti dalla Israel Antiquities Authority in cooperazione con la Nature and Parks Authority e la East Jerusalem Development Corporation, sono finanziati dalla Ir David Foundation e diretti dall’archeologo Eli Shukron, della Israel Antiquities Authority, con l’assistenza di Ronny Reich, dell’Università di Haifa.
In uno scavo sotto la pavimentazione della strada, vicino all’Arco di Robinson, a diretto contatto con il letto di roccia sono state trovate sezioni delle fondamenta del Muro Occidentale, che sono anche la fondamenta di una parte dell’Arco di Robinson, un’imponente arcata che sorreggeva una scala che conduceva dalla strada principale di Gerusalemme fino all’entrata del complesso del Monte del Tempio.
Riferisce il professor Reich: “Nel corso dei lavori è apparso chiaro che vi sono, intagliati nella roccia, i resti di diverse strutture come cisterne, bagni rituali e cantine, che appartenevano alle abitazioni di un quartiere residenziale che esisteva prima che re Erode decidesse di ingrandire il complesso del Monte del Tempio”. Lo storico ebreo Giuseppe Flavio, vissuto in quel periodo, scrive che Erode si imbarcò nel progetto di ingrandire il complesso nel diciottesimo anno del suo regno (cioè nel 22 a.e.v.) e lo descrive come “il più grande progetto di cui il mondo avesse mai sentito”.
Quando si decise di espandere il complesso, l’area venne confiscata e i muri degli edifici furono demoliti fino al letto roccioso. Le strutture intagliate nella roccia furono riempite di terra e pietre affinché fosse possibile costruirvi sopra. Quando venne stabilita la posizione degli angoli del contrafforte del Monte del Tempio e iniziarono i lavori per la posa della prima fila di prime pietre, apparve chiaro che uno dei bagni rituali era situato direttamente sulla linea di quello che sarebbe diventato il Muro Occidentale. Allora i costruttori riempirono il bagno di terra, posero tre pietre larghe e piatte sul suolo e innalzarono la prima fila di pietre del muro sopra a tutto questo.
Ora, setacciando accuratamente il terriccio rimosso dall’interno del bagno rituale ostruito, sono state trovate tre lampade ad olio di argilla di un tipo diffuso nel primo secolo e.v. Inoltre, dal terriccio sono venute fuori anche 17 monete di bronzo che possono essere identificate. Donald Ariel, curatore della collezione numismatica della Israel Antiquities Authority, ha stabilito che le quattro monete più recenti del gruppo vennero coniate sotto il procuratore romano della Giudea Valerius Gratus nell’anno 17/18 e.v. Questo significa che l’Arco di Robinson e forse una parte più lunga del Muro Occidentale vennero edificati dopo quell’anno: vale a dire almeno vent’anni dopo la morte di Erode (che solitamente si ritiene avvenuta nell’anno 4 a.e.v.).
Questa informazione archeologica evidenzia il fatto che la costruzione dell’Arco di Robinson e delle mura che fanno da contrafforte al Monte del Tempio rappresentò un progetto enorme che durò decenni, e che non venne completato durante la vita di Erode. Questi sensazionali ritrovamenti confermano il resoconto di Giuseppe Flavio, il quale riferisce che fu solo durante il regno di re Agrippa II (pronipote di Erode) che il lavoro venne ultimato, e che a Gerusalemme al termine dei lavori rimasero da otto a diecimila disoccupati.
(Da: MFA, 23.11.11)

Nella foto in basso: una delle monete del procuratore romano Valerius Gratus che ha permesso di ridatare il periodo di costruzione dell’Arco di Robinson e, sotto,la prima fila di pietre del Muro Occidentale a diretto contatto con il letto di roccia.

mercoledì 30 novembre 2011

Festival Biblico 2012 a Vicenza

Il Festival «capitale mondiale» della Bibbia

Dal 2012 un Simposio internazionale sullo studio delle terre bibliche promosso dall’ufficio pellegrinaggi. Studiosi di fama convocati per «La linfa dell’ulivo»

Le terre della Bibbia si «incontrano» a Vicenza. Dalla prossima edizione, all’interno del Festival Biblico si terrà un Simposio internazionale dedicato alle scoperte archeologiche, al turismo religioso, ai pellegrinaggi, alla ricerca storica ed esegetica con la partecipazione di una grande istituzione culturale di Gerusalemme: lo Studium Biblicum Francescanum - - Facoltà di Scienze Bibliche ed Archeologia, il centro di ricerca accademico della Custodia francescana di Terra Santa.

Promosso dall’Ufficio pellegrinaggi della diocesi di Vicenza, la rassegna si intitolerà «La linfa dell’ulivo» e toccherà, idealmente, le vicende bibliche di tutto il Medio oriente: dalla Grecia all’Iraq passando per Turchia, Siria, Libano, Giordania, naturalmente Israele, Gerusalemme, Territori palestinesi, ma anche Egitto e Iran.

Il Simposio affronterà le terre della Bibbia da diverse angolazioni: archeologia, storiografia, geografia, turismo religioso, pellegrinaggi.

Studiosi ed esperti da diversi Paesi giungeranno a Vicenza per le quattro sessioni previste per il Simposio dal 24 al 26 maggio 2012: la Galleria di ritrovamenti e scoperte nelle terre bibliche, in cui verranno presentati i ritrovamenti archeologici più importanti dell’anno in tutta la regione mediorientale interessata dalla vicende della Scrittura ebraico-cristiana; quindi i dibattiti sul Gesù storico, ovvero la riflessione e l’approfondimento degli studi sulla storicità della persona di Gesù di Nazareth.

Inoltre si terrà il Simposio sulle terre bibliche con gli interventi di organizzazioni, personalità, enti che portano avanti esperienze turistiche e di pellegrinaggi religiosi nella regione di Abramo e di Cristo. Infine, l’attenzione al temadel Festival di ogni anno, che nel 2012 è dedicato alla paura e alla speranza.

Autorevoli e di notorietà internazionale i nomi degli esperti che saranno a Vicenza per il Simposio.

Tra gli altri Dan Bahat, uno dei più celebri archeologi del mondo, già ospite nell’edizione 2011 del Festival, docente di storia di Gerusalemme all’Università Bar-Ilan, in Israele; Riccardo Lufrani, professore di introduzione alla topografia di Gerusalemme all’École biblique et archéologique française; Romano Penna, tra i massimi esperti degli scritti di San Paolo, docente di Nuovo Testamento all’Università Lateranense di Roma; Frédéric Manns, professore di giudaismo alla facoltà di Scienze Bibliche e Archeologia dello Studium Biblicum Franciscanum; Stefano De Luca, responsabile del Magdala Project e direttore degli scavi di Magdala-Tarichea; Silvio Barbaglia, docente di introduzione all’Antico e Nuovo testamento dello Studentato teologico «San Gaudenzio» di Novara; Giuseppe Bellia, che insegna archeologia biblica alla Facoltà teologica di Sicilia a Palermo; Massimo Pazzini, docente ordinario presso la Facoltà di Scienze Bibliche ed Archeologia dello Studium Biblicum Franciscanum.
Una delle importanti scoperte degli ultimi anni: il decumano della città santa
di Gerusalemme, presso la porta di Giaffa. Il particolare era già scritto nella
"carta di Madaba" del V sec., un mosaico trovato nella Chiesa di S.Giorgio in Giordania

domenica 27 novembre 2011

Dead Sea - Mar Morto

Dead Sea drying up?
That's so 120,000 years ago

Drilling below the sea floor shows a roller-coaster ride for the region's climate.



The Dead Sea may be drying up, but research by Israeli scientists and colleagues abroad shows that the water has risen and fallen by hundreds of meters over the past 200,000 years.

The goal is to study the region's climactic history and forecast possible changes in the future. The project should also provide rich information on the region's seismic history and conditions in the area that influenced human development.

Drilling at the Dead Sea last year. Research shows that during the last Ice Age, sea level was 250 meters higher than its current level.


The preliminary findings come from excavations at the seafloor. The data confirm previous studies that claimed that the sea isn't really dead and that bacteria have survived in the extreme salty conditions.

The International Continental Scientific Drilling Program has funded the excavations. The drilling started a year ago and lasted four months. The study involved institutions from the United States and Europe; it was led by Prof. Zvi Ben Avraham, head of the Minerva Dead Sea Research Center at Tel Aviv University, and Dr. Moti Stein of the Geological Survey at the National Infrastructure Ministry.

Testing in Berlin

At the center of the sea, the researches drilled 460 meters below the seafloor and extracted salt and other materials that had settled there as much as 200,000 years ago. Plastic tubes containing centuries of climactic history are now in Germany for testing.

In laboratories in Potsdam near Berlin, Israeli and German scientists are examining the stuff in the tubes.

"What we have found are several layers of salt that bear witness to a period of dryness and very little rainfall at the Dead Sea's drainage basin, and this caused the sea to recede and salt to gather at its center," says Stein.

The researchers have found stone fragments that show that the sea was low - the evidence suggests that the coast once receded significantly and the sea came close to drying up. One theory is that this period occurred about 120,000 years ago, with another period of extreme dryness taking place 13,000 years ago.

"We believe that this [first] period of dryness involved a climactic catastrophe, one that influenced human development in this region," says Stein.

During the last ice age, for example, the sea was 250 meters higher than today. When the sea rose during rainy periods, it spread throughout the Jordan Valley and approached Lake Kinneret in the north.

Analysis of drilling samples reveals the existence of microorganisms at about a hundred meters below the seafloor. Meanwhile, in a recent study, scientists from Germany and Ben-Gurion University of the Negev dived into the sea and found bacteria populations in the sea's freshwater inlets.

The Dead Sea has receded in recent years at a meter a year. Unlike past eras, the main reason is that water that once flowed to the sea, mainly from the Jordan River, is diverted for use in Israel, Syria, Lebanon and Jordan.

The World Bank plans to release a study soon on the plausibility of a project to bring water from Eilat Bay to the Dead Sea via Jordan. This would help prevent the sea from drying up.

Ecco la traduzione da:

SBF Taccuino: Il Mar Morto si è prosciugato già 120.000 anni fa


I sondaggi del fondo del mare mostrano una notevole incostanza del clima della regione.

Il Mar Morto potrebbe prosciugarsi, ma la ricerca condotta da scienziati israeliani e da colleghi stranieri mostra che il livello dell’acqua è salito e sceso di centinaia di metri nel corso dei 200.000 anni passati.

L’obiettivo è quello di studiare la storia climatica della regione e i possibili cambiamenti per il futuro. Il progetto dovrebbe anche fornire informazioni sulla storia sismica della regione e sulle condizioni nell’area che hanno influenzato lo sviluppo umano.

I primi risultati provengono dai sondaggi effettuati sul fondale. I dati confermano le conclusioni degli studi precedenti dai quali risultava che il mare non è del tutto morto e che sono sopravvissuti dei batteri in condizioni estreme di salinità.

La ricerca è stata finanziata dall’International Continental Scientific Drilling Program. La trivellazione è cominciata un anno fa ed è durata quattro mesi. La ricerca ha coinvolto istituzioni statunitensi ed europee sotto la direzione del Prof. Zvi Ben Avraham, direttore del Minerva Dead Sea Research Center alla Tel Aviv University, e del Dr. Moti Stein del Geological Survey al Ministero delle Infrastrutture Nazionali.

Al centro del mare i ricercatori hanno trivellato per 460 metri sotto il fondo del mare e hanno estratto sale e altri materiali depositati 200.000 anni fa. I contenitori di plastica con secoli di storia climatica ora sono in Germania per le analisi.

Nei laboratori di Postdam vicino a Berlino, scienziati israeliani e tedeschi stanno esaminando i materiali estratti.

Sono stati trovati diversi strati di sale che testimoniano di un periodo di siccità e di pochissime precipitazioni nel bacino di drenaggio del Mar Morto, una condizione che causò il ritiro del mare e la raccolta del sale al suo centro.

I ricercatori hanno rinvenuto frammenti di pietra che mostrano come il livello del mare fosse diminuito. Questi elementi suggeriscono che una volta la costa si ritirò in modo significativo e il mare si prosciugò quasi del tutto. Secondo una teoria ciò si verificò 120.000 anni fa, il medesimo fenomeno si è ripetuto 13.000 anni fa.

Stein e i suoi colleghi pensano che questo primo periodo di siccità provocò una tale catastrofe climatica da influenzare lo sviluppo umano in questa regione.

Nel corso dell’ultima era glaciale il livello del mare era di 250 metri più alto rispetto ad oggi. Quando il mare si innalzava durante le stagioni piovose, si espandeva per tutta la Valle del Giordano e si avvicinava al Lago Kinneret al nord.

Le analisi dei campioni estratti rivelano l’esistenza di microorganismi a circa centro metri sotto il fondo del mare. Intanto, in uno studio recente, scienziati tedeschi e della Ben-Gurion University del Negev hanno trovato popolazioni di batteri nelle insenature di acqua dolce del mare.

In anni recenti il Mar Morto si è ritirato di un metro l’anno. Diversamente dalle epoche passate, la ragione principale è che l’acqua che una volta fluiva al mare, soprattutto dal fiume Giordano, oggi è deviata verso Israele, Siria, Libano e Giordania.

La World Bank sta progettando di avviare una ricerca per verificare la validità di un piano per portare acqua dalla Baia di Eilat verso il Mar Morto attraverso la Giordania, con lo scopo di evitare che il mare si prosciughi.

Fonte: Zafrir Rinat, Haaretz.com (14 novembre 2011)
http://www.haaretz.com/print-edition/news/dead-sea-drying-up-that-s-so-120-000-years-ago-1.395416

martedì 22 novembre 2011

Dal quotidiano Avvenire

Si sbriciola la Grotta dell'Annunciazione


Calcinacci a terra, umidità che trasuda dalle pareti, intonaci e mura che si sfarinano. Da Nazareth, precisamente dalla santa grotta dell’Annunciazione, arriva un segnale di allarme: «Siamo preoccupati, la grotta dove Maria ricevette l’annunciazione dall’Angelo è in pericolo». A parlare è fra Ricardo Bustos, frate minore della Custodia di Terra Santa, superiore della basilica dell’Annunciazione a Nazareth.

«La roccia si sfalda. Nonostante i lavori di restauro che si sono svolti negli anni passati, il nostro timore è che si sia punto e a capo». Mentre i pellegrini sfilano in preghiera davanti ad uno dei luoghi più santi per il cristianesimo, le piogge autunnali colpiscono le colline di Galilea. Una benedizione, per una terra dove l’acqua è una risorsa preziosa. Ma una situazione che sembra rivelarsi deleteria per il luogo dove «il Verbo si fece carne». «Qualche anno fa – prosegue fra Ricardo – abbiamo iniziato i lavori di conservazione della grotta, che era ridotta in pessime condizioni. Il manto roccioso si stava sfarinando a causa dell’alto tasso d’umidità dell’ambiente, specialmente durante il periodo autunnale. Ora, dopo diversi interventi, abbiamo deciso di praticare una serie di pozzi di drenaggio, una trentina in tutto, nella zona esterna alla grotta, esattamente dove si trova la zona archeologica del Museo, vicino al muro crociato. Inoltre, sono state cambiate le tubature dell’acqua piovana, e sono stati realizzati dei canali che portano quest’acqua fuori della zona della grotta, verso i giardini della basilica. Ora, tocca aspettare che passi il periodo delle piogge per vedere il risultato».

La situazione attuale, a detta del religioso, è comunque problematica. «In questi giorni c’è una consistente presenza d’acqua. Per cercare di limitarne l’afflusso, sono stati puliti e svuotati tutti i pozzi e le cisterne nella zona archeologica. Ma a quanto pare, non è ancora sufficiente. Verifichiamo costantemente gli igrometri che misurano il tasso d’umidità, che in alcuni casi arriva a superare il 90 per cento. Abbiamo installato un deumidificatore che usiamo 24 ore su 24, ma la roccia è ormai impregnata. Speriamo in bene».

La situazione della santa grotta dell’Annunciazione desta preoccupazione non da oggi. Nel novembre 2007 era stata chiusa per un delicato ciclo di restauri e di lavori di consolidamento eseguiti dall’Università di Firenze, che avevano determinato l’isolamento dall’area da qualsiasi agente esterno. In quell’occasione l’équipe fiorentina aveva provveduto a risanare gli intonaci, rinvenendo strati molto antichi risalenti ai primi secoli del cristianesimo, ed era intervenuta desalinizzando il manto roccioso della grotta. Al termine di quella fase d’intervento, era stato redatto un progetto finalizzato al risanamento della grotta (presentato ufficialmente il 23 novembre 2010 in occasione di un convegno internazionale d’archeologia tenutosi proprio a Nazareth).

Una serie di interventi, previsti appunto dal progetto dell’Università di Firenze, sono stati eseguiti anche l’estate scorsa, anche se non sono ancora disponibili i dati termoigrometrici e i livelli di falda dopo le piogge autunnali. «Ad oggi sono stati eseguiti interventi di notevole impegno all’esterno della grotta, sul versante comprendente l’area archeologica a nord della basilica. Solo dopo aver riscontrato l’efficienza dei lavori compiuti nella scorsa estate con la verifica dei dati termoigrometrici in grotta durante la stagione delle piogge e dei livelli di falda acquifera – spiega Alessandra Angeloni, una delle ricercatrici fiorentine impegnate nel progetto – sarà possibile programmare gli interventi di consolidamento della roccia della grotta».

«Purtroppo i lavori di restauro degli ultimi anni - osserva padre Eugenio Alliata, archeologo dello Studio Biblico Francescano di Gerusalemme, che ha seguito passo passo le fasi dei recenti interventi - non hanno ancora risolto la situazione di disfacimento del manto roccioso, friabilissimo, all’interno della grotta. All’esterno invece gli interventi sono stati efficaci. Si stanno provando altre vie con l’intento di prevenire più che di correggere, ma i risultati non appariranno se non tra qualche mese. Può anche darsi che si dovrà arrivare a qualche decisione più drastica, come il controllo climatico totale dell’ambiente. I tecnici dell’Università di Firenze seguono costantemente la situazione attraverso le apposite stazioni di monitoraggio in situ. Non disperiamo...».

Il culto intorno alla grotta di Nazareth – dove la tradizione vuole che Maria abbia ricevuto dall’angelo l’annuncio dell’incarnazione di Gesù figlio di Dio nel suo grembo – risale alle prime generazioni di cristiani. Una basilica venne edificata già nel V secolo, in seguito distrutta e ricostruita più volte. I francescani custodiscono questo luogo sacro dal 1620. La basilica attuale, progettata dall’architetto milanese Giovanni Muzio, è stata inaugurata nel 1969.

Giuseppe Caffulli


domenica 20 novembre 2011

Ritrovamento?

New Location Proposed for Jerusalem’s King’s Garden
A new study of ancient Jerusalem’s topography suggests that the Biblical “King’s Garden” (Nehemiah 3:15) is not to be found near the lower end of the City of David as long thought,* but rather along the route of Emek Refaim, one of modern Jerusalem’s trendiest streets. According to Tel Aviv University scholars Oded Lipschits and Nadav Na’aman, Emek Refaim runs along a flat, level valley that would have provided fertile ground for ancient Jerusalem farmers. Many of these farms, according to their study, would have supplied produce and taxes to the royal Judahite administrative center of Ramat Rachel, which overlooks Emek Refaim from the east. In their reconstruction, the King’s Garden would therefore be located somewhere between modern Jerusalem’s Liberty Park and the city’s old railway station.
Fonte: http://www.biblicalarchaeology.org/
La mia traduzione dell’articolo:

Un nuovo studio della topografia antica di Gerusalemme suggerisce che "Il Giardino del Re", il biblico (Neemia 3,15) non si trova vicino alla parte bassa della Città di Davide come pensato a lungo, * ma lungo il percorso di Emek Refaim, una strada-quartiere della moderna Gerusalemme. Secondo gli studiosi dell'Università di Tel Aviv Oded Lipschits e Nadav Na'aman, Emek Refaim corre lungo una superficie piana della valle, livello che avrebbe fornito un terreno fertile per gli antichi agricoltori di Gerusalemme. Molte di queste fattorie, secondo il loro studio, avrebbero fornito produzione e quindi tasse da riscuotere per il centro reale giudaico-amministrativo di Ramat Rachel, che si affaccia su Emek Refaim da est. Nella loro ricostruzione, il Giardino del Re sarebbe collocato da qualche parte tra il Parco Liberty della moderna Gerusalemme e la vecchia stazione ferroviaria della città.
Uno scorso della strada che dà sulla valle di Refaim 
Un'immagine del parco Liberty, dietro si nota l'Hotel King Solomon
Altro scorcio del parco Liberty
Il testo biblico di riferimento:
15Sallum, figlio di Col-Cozè, preposto del distretto di Mispa, restaurò la porta della Fonte; la ricostruì, la munì di tetto, vi pose i battenti, le serrature e le sbarre. Fece inoltre il muro della piscina di Sìloe, presso il giardino del re, fino alla scalinata per cui si scende dalla Città di Davide. (Neemia 3,15)
Un mio punto di vista:
Compio spesso questa strada per andare a celebrare la Messa domenicale dalle suore Dorotee e mi sembra un po’ lontano questo luogo dalla piscina di Siloe e dalla “scalinata per cui si scende dalla Città di Davide”. La distanza però non annulla l’ipotesi perché potrebbe essere, “il giardino del re” , un fondo diviso in appezzamenti e distribuiti in varie zone della città. In archeologia le ipotesi sono molteplici fino a che non emergono elementi evidenti come iscrizioni, monete, palazzi sul posto indagato, epitafi, tombe e, nel nostro caso, delle strutture adibite a deposito di attrezzi o silos per la raccolta di generi di alimento. La “caccia” al giardino del re è aperta!

sabato 19 novembre 2011

Ritrovamento

Scoperta una rara iscrizione in lingua araba del periodo delle Crociate
Secondo i funzionari delle antichità israeliane (IAA), un lastra di marmo di più di 800 anni è stata recuperata dalle pareti dell’antica città di Jaffa e contiene l'iscrizione in lingua araba conosciuta durante il periodo delle Crociate. Quasi completamente intatta e di quattro righe, l’ iscrizione è stata scritta in nome del Sacro Romano Imperatore Federico II con la data del "1229 dell'Incarnazione del Signore nostro Gesù il Messia." Federico II, che ha condotto la Sesta Crociata (1228-1229) ed ha edificato la cittadella fortificata della città costiera di Jaffa. Egli si fece incoronare "re di Gerusalemme", con un titolo che viene riportato nell'iscrizione.

Ecco l'immagine della tavola trovata con l'iscrizione in lingua araba


Si possono leggere gli articoli nei link qui sotto riportati.


mercoledì 9 novembre 2011

Urusalim è davvero Gerusalemme!

Lunedì scorso, non so per quale intenzione interiore, ho deciso di ripetere la visita archeologica, fatta un anno fa' con il prof. Eugenio Alliata, al Jerusalem Archaelogical Park - Davidson Center. E' tutto il grande parco archeologico che si trova ai piedi di parte del muro occidentale e parte del fronte sud dei già ingressi all'area del Secondo Tempio. La cosa che probabilmente è stata l'attrazione di fondo per cui dovevo trovarmi lì è stata l'esposizione di un frammento di tavoletta cuneiforme (in lingua accadica) trovata nel 2010 durante gli scavi in questa parte della città. Questo frammento è di notevole importanza. Di seguito ve lo presento con l'articolo uscito lo scorso anno proprio sull'Osservatore Romano.


Urusalim è davvero Gerusalemme

È la più antica iscrizione mai rinvenuta in questi luoghi
di Lorenzo Nigro
Un piccolo frammento di soli 3 cm di argilla con chiare tracce di bruciato, ritrovato setacciando accuratamente il terreno di riporto ai piedi di una torre che era parte delle fortificazioni della città del x-ix secolo prima dell'era cristiana, è ad oggi la più antica iscrizione rinvenuta a Gerusalemme e potrebbe rivelarsi un fondamentale tassello nella ricostruzione della storia dell'antica città dei Cananei/Gebusiti, divenuta, dopo la conquista da parte di Davide, la capitale degli Israeliti.
Qui il frammento trovato a Gerusalemme



La scoperta è opera della missione archeologica diretta da Eilat Mazar che da diversi anni ha ripreso le indagini nella parte nord della collina sud-orientale della Città Santa, il biblico Ophel, oggi nel quartiere palestinese che si estende a sud del recinto del Tempio (lo Haram esh-Sherif dove sorgono la Moschea di al-Aqsa e la Cupola della Roccia). Le dimensioni del reperto, il ductus dei cunei, letti dagli assiriologi Wayne Horowitz e Takayoshi Oshima, lo studio mineralogico dell'argilla, opera di Yuval Goren, non lasciano dubbi: si tratta di una tavoletta cuneiforme databile al secolo xiv prima dell'era cristiana, realizzata con argilla locale delle colline centrali della Palestina, del tutto simile agli esemplari da el-Amarna, la località in Egitto dove venne rinvenuto, nel lontano 1887, l'archivio della corrispondenza internazionale - scritto su tavolette cuneiformi in lingua accadica - di Amenofi iv, il faraone "eretico" che si ribattezzò Akhenaton. In questo archivio ben sette lettere erano state inviate da Abdi-Khepa sovrano di Urusalim, una importante città-stato della Palestina, identificata appunto con Gerusalemme.
Una delle tavolette cuneiformi dell'archivio di Tel El Amarna (Egitto)

Fino a pochi mesi fa i dati dell'archivio di el-Amarna, seppur precisi, non avevano trovato riscontro nell'archeologia gerosolimitana. Un secolo e mezzo di scavi condotti in ogni punto possibile della Città Vecchia e, in particolare, nella cosiddetta Città di Davide o Fortezza di Sion - da non confondersi con la Torre di Davide, presso la Porta di Giaffa - non avevano restituito che pochi frammenti ceramici datati all'epoca del Bronzo Tardo e questo aveva spinto diversi studiosi a mettere in dubbio l'identificazione di Urusalim delle lettere di el-Amarna con la Gerusalemme dei Cananei (i Gebusei nel racconto biblico che si riferisce agli ultimi secoli del ii millennio prima dell'era cristiana).
Alcuni elementi, tuttavia, sostenevano questa possibilità, come due tombe familiari con ricchissimi corredi ceramici, una delle quali scoperta dai frati francescani della Custodia di Terra Santa a pochi passi dall'Orto degli Ulivi, nel terreno del Dominus Flevit, che dimostravano come la città fosse stata occupata anche in quell'epoca. Altri piccoli ma significativi indizi erano stati raccolti dagli archeologi, come un piccolo pugno di bronzo appartenuto ad una figurina di divinità di un tipo diffuso specialmente nel Bronzo Tardo, o frammenti di tipi ceramici diagnostici come le milk bowls cipriote. D'altra parte, la più antica fonte egiziana disponibile, i Testi di Esecrazione dei primi secoli del ii millennio prima dell'era cristiana, citava i signori di Rushalimum, oggi sicuramente da identificarsi con Gerusalemme cananea, tra i capi asiatici sconfitti dai faraoni della xii dinastia. Proprio un paio di anni or sono alcuni reperti di quell'epoca, tra cui delle bullae con segni geroglifici, erano venuti alla luce.
Gli scavi sulla collina sud-orientale nel settore della "Città di Davide", avevano in realtà già negli anni Sessanta e Ottanta del secolo scorso suggerito che proprio le opere di sostruzione della collina fossero sorte originariamente nel Tardo Bronzo, per essere riutilizzate nell'Età del Ferro, dopo la conquista davidica.
Lo stesso era stato ipotizzato per alcuni tratti delle fortificazioni a casematte, portati alla luce da Kathleen Mary Kenyon, la grande archeologa palestinese del secolo scorso. Tuttavia, l'esemplare vicenda di Abdi-Khepa ("il servo di Khepat", una forma locale di Ishtar, la divinità femminile dei Cananei con il nome khurrita, adottato anche nel regno hittita) re di Gerusalemme, che scrive ripetutamente al faraone per lamentarsi dei suoi vicini (i re di Sichem e di Gezer) e chiede aiuto, ma poi, quando il faraone gli invia finalmente un contingente militare che occupa il suo palazzo, è costretto a recarsi a Beth Shan, a nord, dal comandante dell'esercito egiziano per chiedere che gli venga restituita la residenza, non solo induce a riflessioni forse non originali sulla politica e le azioni militari, ma trova finalmente un riscontro concreto nel luogo dove probabilmente tali eventi realmente si svolsero.
Il minuscolo frammento di tavoletta d'argilla, infatti, a detta degli studiosi che lo hanno pubblicato "non rivela molto di più di quello che può dirci il suo stesso ritrovamento in quel contesto". Si tratta di una lettera, ma la parte conservata - tre linee di non più di cinque segni cuneiformi su ciascun lato della tavoletta - non consente di capire le circostanze in cui fu scritta, né il suo contenuto. Ciononostante, il tipo dei segni, del tutto simili a quelli utilizzati nella cancelleria di Abdi-Khepa, suggerisce agli studiosi che si tratti di una copia d'archivio proveniente dal palazzo del sovrano e, automaticamente, indica nell'Ophel di Gerusalemme il luogo dove cercare il cuore della città cananea chiamata Urusalim (in realtà la
scopritrice del frammento Eilat Mazar riteneva che il palazzo fosse più a sud nella stessa collina, ma, a ben vedere, si tratta di una precisazione poco importante). Rushalimum/Urusalim è dunque Gerusalemme e la sua localizzazione sulla propaggine meridionale della collina orientale della Città Vecchia è certa. Molte sono le letture proposte per questo antico nome. Shalem/Shalim è il primo nome con cui la Bibbia chiama la città nel Libro della Genesi (14, 18), forse una forma sintetica per "città di Shalem": gli studiosi hanno infatti considerato questo termine un teonimo, lo stesso che ricorre non a caso nei nomi dei figli di Davide, Assalonne e Salomone, e che ora possiamo con più attendibilità far risalire al ii millennio prima dell'era cristiana: la "città del dio Shalem", o forse, sfruttando un'altra radice semantica del nome, la "città della pace", quella che nelle mappe medievali era l'umbelicus mundi, il centro del mondo e della storia dell'umanità.
Ecco l'area del ritrovamento del frammento




(©L'Osservatore Romano - 15 luglio 2010)
Vi segnalo poi il sito internet interattivo per seguire il corso storico di Gerusalemme progettato dal Davidson Center:

lunedì 24 ottobre 2011

Escursione a Wadi Murrabb'at

Simon bar Kokheba o Bar Kochba (ossia, "figlio della stella"), fu un rivoluzionario ebreo che guidò la terza guerra giudaica (dal 132 al 135 dc) contro i romani, ma sul quale le fonti scarseggiano. Allo scoppio della guerra era imperatore Adriano, ma le tensioni fra giudei e romani stavano crescendo da parecchio tempo.
Nel 132 Simon si autoproclamò Messia, mettendosi a capo dell'ultima rivolta ebraica contro l'Impero Romano. Dopo la sconfitta di quella ribellione, i sacerdoti ebrei lo chiamarono Bar Koseba, ossia "il figlio della menzogna".
Durante la rivolta i cristiani si rifiutarono di combattere e secondo Giustino di Nablus, vennero condannati ad essere puniti duramente a meno che non disconoscessero Gesù come Messia e maledicessero il suo nome. Un approfondimento di questo tema lo si può trovare (in lingua inglese) nel sito: http://www.livius.org/ja-jn/jewish_wars/jwar07.html.
Comunque dopo un primo momento nel quale la guerriglia e l'effetto sorpresa permisero ai ribelli di conseguire notevoli successi, i romani si decisero a reprimere la rivolta con un intervento massiccio. Adriano assegnò a questa campagna Giulio Severo (da poco tornato dalla Britannia) che basò la sua strategia offensiva sul temporeggiamento volto a sfiancare l'avversario e sull'esecuzione immediata dei prigionieri. Nel 135 i rivoltosi vennero schiacciati definitivamente dalla superiorità militare romana a Bethar e l'ultima opposizione giudaica ai romani venne vinta. Gerusalemme venne trasformata in una città "ellenistica" e le venne cambiato il nome in Aelia Capitolina, non permettendo più agli ebrei di metterci piede. Iniziò così un periodo di forte repressione religiosa sotto il dominio romano di Adriano.
Nel 1960 vennero alla luce diverse lettere scritte da Bar Kokheba ai suoi ufficiali in alcune grotte a Wadi Murabba, chiamati manoscritti di Murrabba'at, e a Nahal Hever.
Domenica 23 ottobre ci siamo stati. Ecco qualche foto.
Questo è l'imbocco del wadi (torrente)

L'interno della grotta dove sono state trovate le lettere

Alcuni tratti del wadi con pozze d'acqua residua

La nostra "guida" esperta, fr. Oscar Mario


mercoledì 19 ottobre 2011

Lago di Fimon - dintorni di Vicenza (Italia) - aggiornamento

Le indagini archeologiche alle Fratte di Fimon proseguono. Lo hanno deciso l'assessore provinciale Paolo Pellizzari e il Soprintendente ai Beni archeologici del Veneto, Vincenzo Tinè in visita ad uno scavo che, a detta dello stesso Tinè, presenta aspetti eccezionali. Le indagini condotte dalla Cooperativa archeologica Ara sotto la direzione di Elodia Bianchin della Soprintendenza hanno infatti portato alla luce un insediamento antico databile tra il 3.700 e il 3.500 a.c., già in possesso della metallurgia del rame.
«L'età del rame - ha spiegato la Bianchin - era testimoniata finora nelle valli di Fimon solo da ritrovamenti di superficie del secolo scorso. Qui siamo in presenza di un sito umido con impianti e spazi abitativi realizzati per mezzo di strutture lignee verticali, provviste di focolari e circostanti aree di frequentazione per attività domestiche e di lavorazioni artigianali».
L'eccezionalità del ritrovamento è testimoniata anche dal gran numero di ricercatori e appassionati di archeologia che qualche giorno fa hanno aderito all'iniziativa "scavi aperti" e che hanno quindi potuto verificare e studiare di persona l'insediamento. Ad accoglierli, con Pellizzari e Tinè, il vicesindaco del Comune di Arcugnano Federico Bedin e il direttore tecnico di cantiere Valerio Chiezzi. L'analisi dei pali verticali, lavorati e infissi nel limo lacustre anche a notevole profondità, consentirà di comprendere meglio le tipologie di queste strutture. Grazie allo studio dei materiali archeologici recuperati ( manufatti fittili e in pietra) si potranno comprendere le dinamiche culturali dei gruppi umani che frequentarono le valli di Fimon nei secoli a cavallo del IV millennio a.c.

Fonte
: Il Giornale di Vicenza.it, 03 ottobre 2011

BREVE ILLUSTRAZIONE DEGLI SCAVI PRESSO IL LAGO DI FIMON

La località “Le fratte” nelle Valli di Fimon è nota agli studiosi per il rinvenimento occasionale, negli anni ottanta del Novecento, di vasellame e da manufatti in selce (esposti al Museo Civico di Vicenza) datati alla fase recente della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata. Il sito de”Le fratte” si configurava quindi come più recente di quello di Fimon-Molino Casarotto, ma attribuibile a popolazioni del Neolitico portatrici della stessa cultura, così denominata dagli studiosi per la caratteristica forma “a bocca quadrata”di parte del vasellame ceramico.
Il deposito archeologico ancora in posto si caratterizza per la presenza di alcune aree di focolare ben organizzate e provviste di sottostrutture (buche di palo, impronte in negativo di paletti), nelle quali si rinviene materiale ceramico e industrie litiche di tecnologia laminare.
L’indagine archeologica risulta particolarmente complessa in quanto disturbata da scassi moderni da ricondurre sicuramente alla coltivazione delle cave di torba che hanno interessato storicamente la zona in esame.
Analisi preliminari della documentazione archeologica rinvenuta consentono un inquadramento cronologico compreso tra una fase recente del Neolitico e una fase iniziale dell’età del Rame, tra metà V e fine IV millennio a.C. Alcuni elementi ceramici presentano caratteristiche tipologiche, stilistiche e tecnologiche, che richiamano la cronologia indicata.
Per quanto riguarda le industrie litiche sono state rinvenute finora lame di medie dimensioni e con selce di buona qualità.
A livello stratigrafico è necessario sottolineare come le strutture di combustione (focolari) si impostano direttamente a contatto con un antico strato di torba fogliettata che, probabilmente, costituiva il reale piano di calpestio.delle genti del Neolitico e di quelle della successiva età del Rame. Infatti, lo strato torboso presenta una conformazione irregolare con solcature riempite, in antico, da uno strato di limo grigiastro con carboni e scarsi elementi litici e ceramici che ne testimoniano appunto la frequentazione umana.
Di notevole importanza per la ricostruzione dell’ambiente naturale antico saranno inoltre i dati provenienti dalle analisi di laboratorio che verranno effettuate sui campioni di terra prelevati nel corso degli scavi; qui verranno ricercati e determinati i macroresti vegetali e i pollini che consentiranno di ricostruire l’habitat delle valli di Fimon nel IV millennio a.C. Un ulteriore contributo per la determinazione dell’arco cronologico di frequentazione del sito verrà sicuramente dalle determinazioni radiometriche al C14 che saranno effettuate sui numerosi resti lignei (alcuni dei quali carbonizzati ) rinvenuti in prossimità delle aree a fuoco.
Possiamo segnalare fin d’ora, alla luce degli scavi archeologici in corso, che un elemento di analogia costruttiva tra il sito de “Le fratte”con quello di “Molino Casarotto” è rappresentato da alcuni pali infissi verticalmente nel limo lacustre, la cui funzione si ritiene possa essere stata di sostegno di coperture aeree dei focolari, ma anche di bonifica del limo lacustre di fondo. Questi aspetti strutturali del sito de “Le fratte” saranno meglio compresi con il prosieguo delle ricerche.
Particolare attenzione viene posta nel corso degli scavi a tutti quelli elementi di ordine geologico che potrebbero spiegare i processi naturali che portarono al degrado del sito e della località più in generale dopo il suo abbandono da parte dell’ultimo gruppo umano che frequentò la zona tra la fine del Neolitico e gli inizi dell’età del Rame.
Lo scavo stratigrafico ha infatti evidenziato il succedersi di vari livelli alluvionali che sigillano gli strati antichi; tali depositi si impostano, in buona parte dell’area, direttamente sullo strato torboso di base. Proprio il variare del livello del lago di Fimon (o più verosimilmente di un suo ramo), avrebbe potuto essere la causa dell’abbandono del sito de “Le fratte”agli inizi del III millennio, per non essere più frequentato dall’Uomo a fini abitativi.

Qualche immagine dal sito:


Resti di un focolare



Resti di pali piantati per palafitta



L'assessore Pellizzari mostra una punta di freccia dell'età del Bronzo