Pianura Padana - Le faglie
deviano il corso dei fiumi
22/05/12
Fiumi che
deviano dal loro corso per effetto di strutture geologiche nascoste, le
stesse che scatenano i terremoti nella Pianura Padana.
Questo è lo studio di un gruppo di geologi dell'Istituto Nazionale di Geofisica
e Vulcanologia (INGV), pubblicato alcuni anni fa su "Annals of
Geophysics", ma che ritorna di stringente attualità dopo il terremoto del
20 maggio scorso.
Chiediamo al ricercatore Gianluca Valensise, coautore dell'articolo
scientifico, come hanno individuato le strutture sepolte.
“Le
strutture sepolte sono ben delineate dalle mappature che furono ottenute
dall'ENI all'epoca d'oro dell'esplorazione petrolifera in Pianura Padana,
ovvero tra gli anni '40 e gli anni '70 dello scorso secolo. Queste mappature
utilizzavano la tecnica nota come sismica a riflessione: in pratica veniva
fatto brillare dell'esplosivo e con un gran numero di sismografi disposti lungo
allineamenti opportunamente tracciati si misurava il tempo di percorso delle
onde sismiche tra la superficie, gli strati rocciosi sepolti che riflettevano
parte dell'energia, e l'arrivo dell'energia rimbalzata in superficie. Questo
consentiva di "disegnare" il sottosuolo, e in particolare di
delineare le cosiddette anticlinali, strutture derivanti dalla compressione
degli strati rocciosi simili alle pieghe che si formano su un tappeto spinto
contro il muro. Poiché il petrolio tende ad accumularsi nelle anticlinali,
conoscere l'esatta posizione di queste ultime consentiva di perforare a colpo
quasi sicuro ed estrarre petrolio (o gas naturale). Il paragone con il
tappeto è accattivante ma incompleto, perché trascura il fatto che nel mondo
reale le anticlinali sono la riposta superficiale "morbida"
all'accavallamento delle sottostanti rocce, più rigide, lungo le faglie, i
piani di rottura che generano i terremoti. E in effetti nell'applicazione che
stiamo descrivendo sono le faglie, con le loro dimensioni e geometria, a
formare l'oggetto della ricerca.
Il movimento
della faglia profonda (da 5-10 km ad alcune decine di km) dunque genera
un’anticlinale, che pur essendo, come nella Pianura Padana, completamente
ricoperta da un materasso di sedimenti marini e alluvionali spesso anche molte
migliaia di metri, può comunque arrivare a deformare debolmente la superficie
topografica, creando blande ma ampie depressioni o inarcamenti. Attraverso il
tempo geologico l'attività tettonica finisce per interagire con il reticolo fluviale,
attirando i fiumi nelle depressioni e respingendoli dalle zone che sono in
crescita.
Le
deviazioni dei fiumi influenzano fortemente la rete insediativa, costringendo
le popolazioni ad abbandonare le aree depresse, spesso invase dall'acqua, e a
spostare città e linee di comunicazione "all'asciutto". Le stesse
deviazioni segnalano a noi geologi del terremoto quali delle numerose coppie
faglia-anticlinale che esistono sotto la Pianura Padana sono ancora attive
oggi, e quindi sono in grado di generare terremoti”.
Da quali
forze e movimenti terrestri su piccola e grande scala sono determinate queste
strutture?
“Sia
l'Appennino che le Alpi sono due classiche catene montuose, che evolvono
spostandosi la prima verso NE e la seconda verso S. Il sottosuolo della Pianura
Padana è quindi il luogo di incontro di queste due catene, che idealmente
"strizzano" questa grande area depressa ad una velocità che i dati
satellitari (GPS) indicano essere dell'ordine del centimetro per anno. In
questo grande meccanismo geodinamico bisogna distinguere il sollevamento delle
due catene nel suo complesso, ad una scala dell'ordine dei 100-200 km e con una
velocità massima di 1-2 metri per millennio, dal sollevamento delle singole
anticlinali, misurabile alla scala dei 5-20 km e con velocità che non
superano i 50 cm per millennio. Poiché le anticlinali crescono lentamente e
poiché invece la pianura tende ad essere velocemente colmata di sedimenti, è
molto probabile che queste strutture restino sepolte per sempre, fino addirittura
ad essere letteralmente "soffocate" e bloccate dal peso dei sedimenti
soprastanti”.
Di che
entità sono le deviazioni imposte ai corsi d'acqua?
“Le
deviazioni fluviali possono essere imponenti. Il Po, ad esempio, fino al XII
secolo d.C. passava per Ferrara e si divideva nel Po di Primaro e nel Po di
Volano, che sfociavano nell'Adriatico rispettivamente a sud e a nord delle
attuali paludi di Comacchio. Con la Rotta di Ficarolo del 1152 il Po abbandonò
questo percorso e si riassestò come Po di Goro e Po di Tramontana, parecchie
decine di km più a nord. Tutto questo per effetto della progressiva crescita di
un’ anticlinale che poi - guarda caso - coincide con la dorsale sepolta che
conosciamo come Dorsale Ferrarese e che ha generato il terremoto del 20 maggio
2012. Sul lato meridionale della stessa anticlinale il fiume Reno incontrava la
stessa difficoltà a "svalicare" la Dorsale Ferrarese, e questo
avveniva proprio tra Finale Emilia, Sant'Agostino e Bondeno, tre tra le
località maggiormente colpite dal terremoto del 20 maggio scorso. Con i secoli
si è quindi trasformato da affluente del Po a corso d'acqua che - con enorme
fatica - tenta di andare verso il mare autonomamente”.
Il Dott.
Gianluca Valensise conclude con un paradosso: “ La Pianura Padana è stata spesso
snobbata dai geologi, che la consideravano noiosa (sicuramente meno
interessante di un paesaggio dolomitico!), debolmente considerata dai
sismologi, che spesso ed erroneamente hanno ritenuto che la sua piattezza
indicasse la sua incapacità di generare terremoti, e vista da molti
semplicemente come un territorio utile per l’agricoltura e l'industria. Pur
nella sua drammaticità il terremoto del 20 maggio ne ha mostrato invece
caratteristiche invisibili a occhio nudo, ma che in realtà ne condizionano profondamente
l'evoluzione, creando ponti impensabili tra terremoti, geologia, uso del
territorio e sviluppo della rete insediativa. C'è da aspettarsi che questo
terremoto darà l'impulso ad una nuova stagione di studi e ricerca scientifica
su questa importante porzione del nostro territorio”.
Per maggiori
info contattare il sismologo Gianluca Valensise: valensise@ingv.it