Il primo pellegrino cristiano fece tappa anche nel Vicentino
STORIA. L'ufficio Pellegrinaggi della Diocesi proporrà escursioni giornaliere nei luoghi della fede itinerante
Nel 333 d.C. veniva da Bordeaux ed era diretto in Terra Santa : si fermò in città e a Montebello, stazione di cambio dei cavalli
Nel 333 d.C. veniva da Bordeaux ed era diretto in Terra Santa : si fermò in città e a Montebello, stazione di cambio dei cavalli
28/09/2010 DA "IL gIORNALE DI VICENZA"
L'uomo s'avanza senza fretta. Ha un lungo viaggio alle spalle e uno ancor più lungo davanti. Viene da Burdigala, l'odierna Bordeaux, e si dirige a Gerusalemme. Migliaia di chilometri, ma spazio e tempo sono solo una convenzione che le vie romane, in quel 333 dopo Cristo, rendono meno aleatoria. Ciò che conta è la meta. Ci arriverà dopo un anno e mezzo per inginocchiarsi davanti al Santo Sepolcro e poi sui luoghi di una Cristianità che da solo 20 anni, dall'Editto di Milano, è culto libero. Anzi, culto imperiale. Ci arriverà tre anni prima della morte di Costantino, dopo aver incontrato centinaia, forse migliaia di persone sulla sua strada. Come si chiamasse, però, è un mistero. Nemmeno la storia, che pure attraversa lasciando di ogni tappa un racconto minuzioso, se lo ricorderà. Sarà per sempre e per tutti il pellegrino burdigalense. Il primo pellegrino ufficiale della Chiesa.
PASSAGGIO A VICENZA. Giusto che a raccontarlo sia don Raimondo Sinibaldi, direttore dell'Ufficio Pellegrinaggi della Diocesi di Vicenza. E il motivo si spiega subito: «Quel pellegrino passò anche da noi, fermandosi forse a Vancimuglio, sicuramente a Vicenza e soprattutto a Montebello. Inevitabilmente, trovandosi lungo la via consolare Postumia, che univa Genova ad Aquileia ed era dunque nevralgica per chi volesse raggiungere la Palestina». Vicenza e i Colli Berici diventano un incrocio fondamentale prima sotto il profilo viario e poi religioso. «Per capirlo - continua don Sinibaldi - è meglio innanzitutto mettere a fuoco il lavoro del nostro pellegrino. L'Itinerarium Burdigalense, come riportato nel Corpus Christianorum - pubblicazione difficile da trovare - descrive il lungo viaggio stazione per stazione. Percorreva circa 11 miglia al giorno appuntando i nomi di ogni statio (luoghi muniti di locanda; n.d.r.) e mutatio (cambio dei cavalli; n.d.r.), di ogni località e delle distanze. Testimone della buona viabilità romana del IV secolo, tramanda i toponimi delle città e località minori. Descrivendo i luoghi della Terra Santa, le chiese nuove fatte costruire da Elena, madre di Costantino, in luogo del tempio di Giove o Astarte fatto erigere da Adriano, sul monte degli Ulivi ed a Betlemme, è una fonte preziosa anche per gli archeologi».
Invasione barbarica dopo invasione, le stazioni diventano luoghi di ospitalità e poi primi ospedale. «I pellegrini contraevano broncopolmoniti, malaria ed altro. La pianura, ricca di fiumi e di acque, era malsana. Ecco la necessità di luoghi di accoglienza e di ospitalità. Il chiostro del S.Bortolo si spiega così, come pure i toponimi cittadini di Ospedaletto, sulla Postumia, e di San Lazzaro».
I CAVALIERI DELLA FEDE. Montebello era una mutatio strategica anche per raggiungere, attraverso il Basso Vicentino, i colli Euganei e di qui, collegandosi all'antica via Emilia Altinate, Monselice, Chioggia e le navi per la Terra Santa. La domus ad aureos ricordata dal pellegrino burdigalense, diventerà una potente magione templare e la struttura a quadrato chiuso è visibile anche oggi che è stata trasformata in residence. «Cosa però più importante - sottolinea don Sinibaldi - la sua influenza si estenderà fino a Breganze, Mason (da magiòn appunto) e strada facendo fino a Tempio di Ormelle». Nel 1310 i monaci guerrieri la cedono ai Cavalieri di S.Giovanni che sconfitti a San Giovanni d'Acri diventeranno Cavalieri prima di Cipro, poi di Rodi ed infine di Malta. E qui le storie dei due ordini di cavalieri si intrecciano curiosamente con quella dei luoghi: i primi diffondono la coltivazione della vite con il vitigno Sauvignon, i secondi, scherzando ma non troppo, ci metteranno il nome del principale produttore se è vero che il cognome Zonin deriva da Gioanin.
E che il Vicentino fosse un centro medievale di grande importanza religiosa lo conferma un altra presenza. «A Sossano i cavalieri del Santo Sepolcro di Gerusalemme vi avevano l'unica stazione del Veneto». E guardando una mappa dei Berici si capisce perché.
TRA SILENZIO E MISTERO. Porta di uscita centrale del nostro sistema collinare, Sossano conserva ancora i resti del suo passato in località Sajanega. Qui, in mezzo al sorgo, sorge un piccolo complesso templare che il tempo, piano piano, sta vincendo. Poco più avanti la chiesa-oratorio di san Teobaldo ed un chilometro e mezzo oltre, seguendo la stradina appena accennata tra i campi, nascosta da un boschetto di magnolie, l'eremo del santo francese, datato XI secolo.
Teobaldo, Thibaud, nipote di Ugo di Payns, fondatore dei Templari, che lo ha tenuto a battesimo, si stabilisce qui dopo un lungo peregrinare assieme all'amico Gualtiero. Morirà, forse per la lebbra, nel 1066 abbracciando l'abito dei benedettini camaldolesi. Le sue spoglie si trovano nella chiesa di S.Giovanni Battista a Badia Polesine ed ancora oggi,ogni 10 ottobre, gruppi di fedeli partono da Sossano per raggiungere il centro polesano e venerarlo. Sossano, come Barbarano Vicentino, come tutti i Berici rientravano nei fasci viari che secondo lo storico Franco Cardini costituivano il reticolo delle vie di pellegrinaggio. L'attraversamento in costa consentiva di evitare infatti i troppi fiumi da guadare e le troppe zanzare anofele della pianura.
I pellegrinaggi avvengono da metà aprile ad ottobre, il mare d'inverno a quei tempi ha poca poesia. I Berici sono sicuri e fungono da "Tom-Tom" . Spiega don Sinibaldi: «La chiesa di San Rocco ad Arcugnano oggi è sconosciuta ai più ma essendo sull'asse dei castelli di Montecchio da una parte e del monte Rua dall'altra era fondamentale per dare la direzione. Bianca, immersa nel verde - ma allora non c'era tutta questa vegetazione perché la legna era l'unico combustibile per la vita di tutti i giorni - costituiva un punto di riferimento visivo importante in un' epoca in cui non c'erano carte geografiche».
Molto di questo diventerà itinerario di escursioni giornaliere da parte dell'Ufficio Pellegrinaggi della Diocesi. Nel frattempo, chi è interessato può cominciare a munirsi di scarpe comode e intanto può fare un salto in biblioteca. La storia è appena agli inizi.
PASSAGGIO A VICENZA. Giusto che a raccontarlo sia don Raimondo Sinibaldi, direttore dell'Ufficio Pellegrinaggi della Diocesi di Vicenza. E il motivo si spiega subito: «Quel pellegrino passò anche da noi, fermandosi forse a Vancimuglio, sicuramente a Vicenza e soprattutto a Montebello. Inevitabilmente, trovandosi lungo la via consolare Postumia, che univa Genova ad Aquileia ed era dunque nevralgica per chi volesse raggiungere la Palestina». Vicenza e i Colli Berici diventano un incrocio fondamentale prima sotto il profilo viario e poi religioso. «Per capirlo - continua don Sinibaldi - è meglio innanzitutto mettere a fuoco il lavoro del nostro pellegrino. L'Itinerarium Burdigalense, come riportato nel Corpus Christianorum - pubblicazione difficile da trovare - descrive il lungo viaggio stazione per stazione. Percorreva circa 11 miglia al giorno appuntando i nomi di ogni statio (luoghi muniti di locanda; n.d.r.) e mutatio (cambio dei cavalli; n.d.r.), di ogni località e delle distanze. Testimone della buona viabilità romana del IV secolo, tramanda i toponimi delle città e località minori. Descrivendo i luoghi della Terra Santa, le chiese nuove fatte costruire da Elena, madre di Costantino, in luogo del tempio di Giove o Astarte fatto erigere da Adriano, sul monte degli Ulivi ed a Betlemme, è una fonte preziosa anche per gli archeologi».
Invasione barbarica dopo invasione, le stazioni diventano luoghi di ospitalità e poi primi ospedale. «I pellegrini contraevano broncopolmoniti, malaria ed altro. La pianura, ricca di fiumi e di acque, era malsana. Ecco la necessità di luoghi di accoglienza e di ospitalità. Il chiostro del S.Bortolo si spiega così, come pure i toponimi cittadini di Ospedaletto, sulla Postumia, e di San Lazzaro».
I CAVALIERI DELLA FEDE. Montebello era una mutatio strategica anche per raggiungere, attraverso il Basso Vicentino, i colli Euganei e di qui, collegandosi all'antica via Emilia Altinate, Monselice, Chioggia e le navi per la Terra Santa. La domus ad aureos ricordata dal pellegrino burdigalense, diventerà una potente magione templare e la struttura a quadrato chiuso è visibile anche oggi che è stata trasformata in residence. «Cosa però più importante - sottolinea don Sinibaldi - la sua influenza si estenderà fino a Breganze, Mason (da magiòn appunto) e strada facendo fino a Tempio di Ormelle». Nel 1310 i monaci guerrieri la cedono ai Cavalieri di S.Giovanni che sconfitti a San Giovanni d'Acri diventeranno Cavalieri prima di Cipro, poi di Rodi ed infine di Malta. E qui le storie dei due ordini di cavalieri si intrecciano curiosamente con quella dei luoghi: i primi diffondono la coltivazione della vite con il vitigno Sauvignon, i secondi, scherzando ma non troppo, ci metteranno il nome del principale produttore se è vero che il cognome Zonin deriva da Gioanin.
E che il Vicentino fosse un centro medievale di grande importanza religiosa lo conferma un altra presenza. «A Sossano i cavalieri del Santo Sepolcro di Gerusalemme vi avevano l'unica stazione del Veneto». E guardando una mappa dei Berici si capisce perché.
TRA SILENZIO E MISTERO. Porta di uscita centrale del nostro sistema collinare, Sossano conserva ancora i resti del suo passato in località Sajanega. Qui, in mezzo al sorgo, sorge un piccolo complesso templare che il tempo, piano piano, sta vincendo. Poco più avanti la chiesa-oratorio di san Teobaldo ed un chilometro e mezzo oltre, seguendo la stradina appena accennata tra i campi, nascosta da un boschetto di magnolie, l'eremo del santo francese, datato XI secolo.
Teobaldo, Thibaud, nipote di Ugo di Payns, fondatore dei Templari, che lo ha tenuto a battesimo, si stabilisce qui dopo un lungo peregrinare assieme all'amico Gualtiero. Morirà, forse per la lebbra, nel 1066 abbracciando l'abito dei benedettini camaldolesi. Le sue spoglie si trovano nella chiesa di S.Giovanni Battista a Badia Polesine ed ancora oggi,ogni 10 ottobre, gruppi di fedeli partono da Sossano per raggiungere il centro polesano e venerarlo. Sossano, come Barbarano Vicentino, come tutti i Berici rientravano nei fasci viari che secondo lo storico Franco Cardini costituivano il reticolo delle vie di pellegrinaggio. L'attraversamento in costa consentiva di evitare infatti i troppi fiumi da guadare e le troppe zanzare anofele della pianura.
I pellegrinaggi avvengono da metà aprile ad ottobre, il mare d'inverno a quei tempi ha poca poesia. I Berici sono sicuri e fungono da "Tom-Tom" . Spiega don Sinibaldi: «La chiesa di San Rocco ad Arcugnano oggi è sconosciuta ai più ma essendo sull'asse dei castelli di Montecchio da una parte e del monte Rua dall'altra era fondamentale per dare la direzione. Bianca, immersa nel verde - ma allora non c'era tutta questa vegetazione perché la legna era l'unico combustibile per la vita di tutti i giorni - costituiva un punto di riferimento visivo importante in un' epoca in cui non c'erano carte geografiche».
Molto di questo diventerà itinerario di escursioni giornaliere da parte dell'Ufficio Pellegrinaggi della Diocesi. Nel frattempo, chi è interessato può cominciare a munirsi di scarpe comode e intanto può fare un salto in biblioteca. La storia è appena agli inizi.
Roberto Luciani