giovedì 21 novembre 2019

MEMORIA DELLA PRESENTAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA - 21 NOVEMBRE 2019

Si celebra oggi nella liturgia cristiana cattolica (21 novembre) una memoria importante: la presentazione della Beata Vergine Maria al Tempio. Molti artisti, lungo i secoli, hanno rappresentato questo evento. Possiamo ricordare Giotto, Cima da Conegliano, Alfonso Boschi, Tiziano, Fra Carnevale, Ludovico Mazzanti, Guercino...
A Gerusalemme fu anche eretta dall'imperatore Giustiniano nel 542 c.ca d.C. una chiesa per onorare la Vergine Maria. E' la grande chiesa di Santa Maria Nuova, conosciuta come la "Nea". 
Dalle parole di Procopio di Cesarea vediamo come era stata costruita:

Procopio di Cesarea, De Aedificiis, V.6 (VI sec.)

La gente del posto la chiamò: “La chiesa nuova (Nea)”... L’imperatore Giustiniano aveva ordinato di costruirla sulla più prominente delle colline (di Gerusalemme) e ne aveva indicato, tra l’altro, anche la lunghezza e la larghezza. L’altura però non era sufficientemente ampia per una tale opera: mancava un quarto dello spazio a sud e a est, dove i preti celebrano ordinariamente i misteri. Ecco dunque cosa escogitarono coloro a cui il lavoro era stato affidato. Posero i fondamenti alla base della collina e innalzarono una sostruzione elevantesi al pari della roccia e, raggiunta l’altezza voluta gettarono delle volte, creando in questo modo una piattaforma artificiale a livello del resto dell’edificio... In que­sto modo poterono realizzare una chiesa della lunghezza voluta dall’imperatore. Ma il tempio era ancora sprovvisto di colonne... Dio stesso mostrò nelle vicine montagne una qualità di pietra perfettamente adatta allo scopo... Fu estratta una quantità considerevole di enormi colonne, color fiamma, per sorreggere la costruzione, le une in basso, le altre in alto, altre ancora lungo i portici di cui l’edificio era circondato su tutti i lati, ad eccezione del lato orientale; due colonne furono innalzate davanti alla porta della chiesa. Il portico è designato sotto il nome di “nartece”, a causa, io penso, della sua scarsa larghezza; l’atrio che segue è circondato sui quattro lati da colonne. Le porte intermedie sono così maestose che preparano chi entra agli splendori che troverà all’interno. I propilei non sono meno degni di ammirazione e così pure l’arcata che è portata ad una mirabile altezza dalle due colonne. Più avanti vi sono due emicicli disposti l’uno in faccia all’altro sui lati della via che conduce alla chiesa. Sono inoltre opera dell’imperatore Giustiniano due ospizi, situati uno in fronte all’altro, il primo per gli stranieri pellegrini, il secondo per i malati poveri. Giustiniano dotò di importanti rendite annuali questo tempio della Madre di Dio".

Nel parla anche nel suo diario il pellegrino anonimo di Piacenza e così riferisce nel 570 d.C.:


"Dal Sion andammo alla basilica di Santa Maria, dove vive una grande comunità di monaci; là vi sono due ospedali, per gli uomini e per le donne, l’ospizio dei pellegrini, innumerevoli mense e più di tre mila letti per gli ammalati".



Il grande complesso della Basilica Nea fu scoperto a Gerusalemme dal grande archeologo Nahman Avigad. Dalle sue parole leggiamo anche la scoperta dell'iscrizione nella quale si legge la data della dedicazione della Basilica:


"La scoperta dell'iscrizione. Ritorniamo al nostro racconto: era 1'8 maggio del 1977. Il cingolato era occupato nello sgombero del materiale caduto dalle volte. Eravamo ancora ad un livello elevato, vicino al soffitto, e il lavoro continuava senza problemi, sotto il controllo di Shlomo Margalit. Alle ore 4,30 pomeridiane squillò il telefono a casa mia. Shlomo mi disse con emozione: «Ho trovato una iscrizione greca sul muro, è tardi, io sono qui solo, che cosa debbo fare?». Avevo sentito bene? Un'iscrizione sul muro oggetto degli scavi? Durante tutti quegli anni non avevamo mai trovato iscrizioni monumentali, ed improvvisamente questa novità!
Mi affrettai al luogo della scoperta e quasi non credetti ai miei occhi . Sulla parete rivolta a sud di uno degli ambienti a volta appariva una grande tabula ansata che conteneva un'iscrizione greca a 202 grandi caratteri, ben conservata, con un testo di ringraziamento al Signore; sotto di essa era tracciata una grande croce. Il tutto era a rilievo. Nessuno aveva mai visto una cosa simile nel paese.
Mi affrettai a togliere il terriccio dalla scritta e cominciai a leggere. Le parole «ergon» (opera) e «basileus (imperatore) Justinianus» mi saltarono agli occhi, e compresi subito di che cosa si trattava: era un'epigrafe dedicatoria, una specie di biglietto da visita! Era precisamente ciò che speravo di trovare in un luogo come quello, ma non credevo certo che saremmo stati così fortunati. Copiai in fretta e con emozione lo scritto e lasciammo il luogo al crepuscolo. Durante la notte tornai due volte per assicurarmi che tutto fosse in ordine. L'indomani ordinammo una sorveglianza continua.
Già durante la notte avevo dedicato alcune ore a decifrare l'iscrizione. Non sono un esperto della lingua greca, ma il contenuto e il significato erano chiari. Telefonai a Yoram Tsafrir e lo pregai di venire il mattino dopo agli scavi. Recentemente aveva compiuto un lavoro di ricerca sulla Gerusalemme bizantina; l'iscrizione sarebbe stata per lui un'esperienza straordinaria e la sua competenza preziosa per l'interpretazione. Convocai anche il padre domenicano Benoit, uomo di profonda cultura, che seguiva da vicino tutte le fasi dei nostri scavi. Egli rimase molto emozionato e continuava a mormorare: «Incredibile!». Per alcuni giorni passarono molti studiosi dell'archeologia di Gerusalemme per vedere l'iscrizione prima che fosse staccata e portata via. In considerazione del pericolo che rappresentavano per essa i lavori di costruzione che sarebbero continuati a lungo sul luogo, avevamo deciso infatti di trasportarla temporaneamente al sicuro e di farla tornare al suo posto in seguito.
Il lavoro difficile e delicato del distacco fu condotto a termine nel modo migliore dai tecnici del Laboratorio del Museo di Israele, Dodo Shenhav e Rafi Brown.
L'iscrizione era inserita in una tabula ansata secondo l'uso romano. La lunghezza della tabula era di m 1,58 mentre quella dello scritto era di m 1,20; l'altezza dei caratteri era di cm 8-10 ed era contenuta in cinque righe. I caratteri erano stati fatti a
rilievo nell'intonaco e quindi colorati in rosso. Lo stato di conservazione era quasi perfetto tranne poche lettere, quindi la lettura era agevole. Questo è il testo:

«Questa opera è stata fatta per la generosità dell'imperatore, il piissimo Flavio Giustiniano e con la sorveglianza e la diligenza di Costantino il Sacerdote santissimo e Padre del Convento (nell'anno) XIII della indizione».

L'iscrizione celebrava dunque la costruzione dell'edificio, della quale l'imperatore Giustiniano era stato promotore e protettore (è noto che egli aveva messo a disposizione il danaro per la costruzione e per il mantenimento della chiesa) ed alla quale aveva partecipato il monaco Costantino, dirigendone i lavori. La datazione secondo il conteggio della indizione non rende possibile stabilire l'anno preciso: l'indizione era l'intervallo di tempo di quindici anni tra il controllo dei beni dei sudditi dell'Impero e la valutazione che veniva fatta per stabilire l'ammontare delle tasse. All'epoca di Giustiniano il tredicesimo anno dell'indizione cadde tre volte: nel 534-535, nel 549-550 e nel 564-565 . L'anno 549-550 (cioè il sesto dopo l'inaugurazione della Nea) sembra il più probabile per la costruzione dell'edificio aggiunto. Il luogo in cui era stata posta la tabula ansata, quasi 8 m sopra al pavimento e dentro un bacino d'acqua, sotterraneo e completamente oscuro, prova che essa non era destinata ad esser letta dal pubblico. Era una scritta per la fondazione, che era stata vista soltanto durante la cerimonia dell'inaugurazione, ed era destinata a restare come suo ricordo.
Sembra che si riferisse non soltanto alla costruzione sovrastante, ma anche a un monastero del quale il padre Costantino era superiore o ancora a qualche altro edificio annesso".


 Fig. 1 Iscrizione dedicatoria della Basilica Nea - Israel Museum - Gerusalemme


Fig. 2 Testo dell'iscrizione riportata in grafico - Leah Di Segni - Gerusalemme

Fig. 3 Immagine di copertina del rapporto di scavo, vol V, di Nahman Avigad tutto improntato sulla Basilica Nea e aree adiacenti

Fig. 4 Disegno ricostruttivo della Basilica Nea secondo N. Avigad e collaboratori

Fig. 5 La Basilica Nea nel circello rosso nel mosaico della Chiesa di S. Giorgio a Madaba VI sec. (Giordania)

Fig. 6-7 L'area di scavo dell'antica Nea e le sue fondamenta (N. Avigad)


Bibliografia:


O. Gutfeld, JEWISH QUARTER EXCAVATIONS IN THE OLD CITY OF JERUSALEM conducted by Nahman Avigad, 1969–1982, Volume V: The Cardo (Area X) and the Nea Church (Areas D and T), final report, Gerusalemme 2011.

N. Avigad, Gerusalemme. Archeologia della Città Santa, Roma 1986.

Grazie quindi all'opera di ricerca di Avigad e di altri suoi collaboratori possiamo ancora oggi vedere qualche resto di quella che dovrebbe essere stata una magnifica basilica per il culto mariano.
Un saluto da Gerusalemme!







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