La festa
di Shavu'òt, prescritta dalla Torà (Devarìm 16, 16), è una delle Sheloshà
Regalìm, le feste che comportavano il pellegrinaggio a Yerushalayìm.
Shavu'òt
significa "settimane" e si riferisce alle sette settimane trascorse
dall'uscita dall'Egitto al dono della Torà. Diversi milioni di uomini, donne e
bambini, furono testimoni della rivelazione di Dio. Il Midràsh insegna che le
anime di tutte le generazioni, passate e future, erano presenti al Sinai. I
saggi dicono che dobbiamo sempre vedere la Torà come se l'avessimo appena
ricevuta: a Shavu'òt dobbiamo rinnovare l'impegno di studiarla e osservala.
E'
chiamata anche Khag Habikkurìm, festa delle primizie, perché in questa stagione
si raccoglievano le primizie portate poi a Yerushalayìm. La frutta migliore
veniva scelta e posta in cesti festosamente decorati e portata in città dai
proprietari, che erano accolti con canti e musiche, e successivamente veniva consumata
dai proprietari e da tutti i poveri della città che accorrevano a festeggiare.
Shavu'òt è
detta anche Zmàn Mattàn Toratènu, il tempo in cui ci è stata data la Torà.
Con le
parole na'assè venishmà "faremo e ascolteremo", il popolo ebraico
accettò di osservare i comandamenti di Dio anche prima di capirli, diventando
così il simbolo della presenza di Hashèm nel mondo, esempio di comportamento
etico e morale basato sulla legge di Dio.
La Torà è
ben più di un libro sacro il cui contenuto va al di là delle conoscenze e della
saggezza. La parola "Torà" deriva da una radice che significa
"insegnare": la differenza tra insegnamento e saggezza è che la
saggezza è una conoscenza astratta nella quale le conclusioni sono raggiunte
per mezzo della ragione e pertanto soggette a revisioni. La Torà, invece offre
una serie di leggi divine, una guida universale applicata in tremila anni da
tutti gli ebrei.
La Torà è
formata da due parti, quella scritta e quella orale, ed entrambe furono date a
Moshè sul Sinai. La Torà orale spiega e chiarisce quella scritta ed è stata
trasmessa di generazione in generazione fino alla sua compilazione finale, la
Mishnà e la Ghemarà, che insieme formano il Talmùd. Attraverso il Talmùd una
catena ininterrotta di tradizione connette gli studiosi di oggi con la
rivelazione sul Sinai, e ci offre una guida per la vita di ogni giorno: ovunque
e in ogni situazione la Torà scritta e orale ci forniscono un metro di misura
per considerare le nostre azioni.
Shavu'òt
si differenzia dalle altre Sheloshà Regalìm per la sua breve durata, solo un
giorno e non una settimana, e per il fatto che non ha precetti. A prima vista
sembrerebbe dunque una festa più "povera" rispetto
alle altre.
Il
Rabbì di Lubavitch spiega che questa non è da considerarsi una mancanza ma una
superiorità che essa ha sulle altre. Nelle altre feste, infatti, l'unione che
abbiamo con Hashèm non è diretta, ma avviene tramite determinate azioni, come
quelle legate alla matzà e alla sukkà. L'unione che si ha a Shavu'òt, invece,
non ha bisogno di tramite perché in essa si rivela l'essenza che unisce Israel
con Dio, che è al di sopra della divisione del tempo. Per questo dura un solo
giorno e per questo non ha bisogno di precetti, perché quando l'ebreo riceve la
Torà l'unione con Hashèm è immediata poiché Israel, la Torà e Hashèm sono
legati profondamente. Riflettendo sull'importanza di questo giorno si può
osservare che pur durando poco ci dà una carica spirituale molto elevata, e
ricorda la missione di Israel che studia e insegna la parola di Dio al mondo
intero.
Durante la
festa di Shavu'òt si usa mangiare latticini: in alcune comunità solo un pasto,
mentre in altre questo uso è esteso a tutto il periodo. Una delle molte
spiegazioni di questo costume è che la Torà è tradizionalmente paragonata a
tutto ciò che è dolce, e per questo è associata anche ai latticini, che hanno
un gusto dolce. Si può anche aggiungere un'interpretazione legata al valore
numerico della parola "latte" (khalàv) in ebraico che è di 40, come i
giorni in cui Moshe è rimasto sul Sinai.
Durante
tutta la prima notte di Shavu'òt si usa studiare testi della Torà scritta e
orale, e in particolare le 613 mitzvòt.
I Dieci
Comandamenti vengono letti il primo giorno, in sinagoga durante la preghiera
della mattina (Shacharit). Tutti - uomini, donne, bambini e perfino neonati -
devono essere presenti, come quando D-o diede la Tora.
Poiché
Shavu'òt deve essere il cinquantesimo giorno da Pèssakh non si può fare qiddùsh
prima dell'uscita delle stelle, altrimenti i cinquanta giorni non sarebbero
completi.
La festa
di Shavu'òt, come abbiamo detto, non ha particolari mitzvòt, perciò esporremo
delle regole generali di Yom Tov.
I giorni
festivi si differenziano dallo Shabbàt perché in essi si può cucinare e si può
trasportare per accrescere la felicità della festa.
In ogni
caso il fuoco deve essere acceso da un altro fuoco precedentemente acceso e non
può essere spento durante la festa. Può però essere abbassato quando il tipo di
cibo lo richiede, ma non per altri scopi. Il fuoco può essere spento da un non
ebreo o facendogli versare sopra dell'acqua da una pentola in ebollizione.
Ogni
giorno di Yom Tov si può cucinare solo per quel giorno stesso, a eccezione del
Venerdì che, facendo un rito speciale chiamato `Erùv Tavshilìn, si può cucinare
sia per Venerdì che per Shabbàt.