Si celebra oggi nella liturgia cristiana cattolica (21 novembre) una memoria importante: la presentazione della Beata Vergine Maria al Tempio. Molti artisti, lungo i secoli, hanno rappresentato questo evento. Possiamo ricordare Giotto, Cima da Conegliano, Alfonso Boschi, Tiziano, Fra Carnevale, Ludovico Mazzanti, Guercino...
A Gerusalemme fu anche eretta dall'imperatore Giustiniano nel 542 c.ca d.C. una chiesa per onorare la Vergine Maria. E' la grande chiesa di Santa Maria Nuova, conosciuta come la "Nea".
Dalle parole di Procopio di Cesarea vediamo come era stata costruita:
Procopio di Cesarea, De
Aedificiis, V.6 (VI sec.)
La gente del posto la chiamò: “La chiesa nuova (Nea)”...
L’imperatore Giustiniano aveva ordinato di costruirla sulla più prominente
delle colline (di Gerusalemme) e ne aveva indicato, tra l’altro, anche la
lunghezza e la larghezza. L’altura però non era sufficientemente ampia per una
tale opera: mancava un quarto dello spazio a sud e a est, dove i preti
celebrano ordinariamente i misteri. Ecco dunque cosa escogitarono coloro a cui
il lavoro era stato affidato. Posero i fondamenti alla base della collina e
innalzarono una sostruzione elevantesi al pari della roccia e, raggiunta
l’altezza voluta gettarono delle volte, creando in questo modo una piattaforma
artificiale a livello del resto dell’edificio... In questo modo poterono
realizzare una chiesa della lunghezza voluta dall’imperatore. Ma il tempio era
ancora sprovvisto di colonne... Dio stesso mostrò nelle vicine montagne una
qualità di pietra perfettamente adatta allo scopo... Fu estratta una quantità
considerevole di enormi colonne, color fiamma, per sorreggere la costruzione,
le une in basso, le altre in alto, altre ancora lungo i portici di cui
l’edificio era circondato su tutti i lati, ad eccezione del lato orientale; due
colonne furono innalzate davanti alla porta della chiesa. Il portico è
designato sotto il nome di “nartece”, a causa, io penso, della sua scarsa larghezza;
l’atrio che segue è circondato sui quattro lati da colonne. Le porte intermedie
sono così maestose che preparano chi entra agli splendori che troverà
all’interno. I propilei non sono meno degni di ammirazione e così pure l’arcata
che è portata ad una mirabile altezza dalle due colonne. Più avanti vi sono due
emicicli disposti l’uno in faccia all’altro sui lati della via che conduce alla
chiesa. Sono inoltre opera dell’imperatore Giustiniano due ospizi, situati uno
in fronte all’altro, il primo per gli stranieri pellegrini, il secondo per i
malati poveri. Giustiniano dotò di importanti rendite annuali questo tempio
della Madre di Dio".
Nel parla anche nel suo diario il pellegrino anonimo di Piacenza e così riferisce nel 570 d.C.:
"Dal
Sion andammo alla basilica di Santa Maria, dove vive una grande comunità di monaci;
là vi sono due ospedali, per gli uomini e per le donne, l’ospizio dei
pellegrini, innumerevoli mense e più di tre mila letti per gli ammalati".
Il grande complesso della Basilica Nea fu scoperto a Gerusalemme dal grande archeologo Nahman Avigad. Dalle sue parole leggiamo anche la scoperta dell'iscrizione nella quale si legge la data della dedicazione della Basilica:
"La scoperta dell'iscrizione.
Ritorniamo al nostro racconto: era 1'8 maggio del 1977. Il
cingolato era occupato nello sgombero del materiale caduto
dalle volte. Eravamo ancora ad un livello elevato,
vicino al soffitto, e il lavoro continuava senza
problemi, sotto
il controllo di Shlomo Margalit. Alle ore
4,30 pomeridiane squillò il telefono a casa mia. Shlomo mi disse con emozione:
«Ho trovato una iscrizione greca sul muro,
è tardi, io sono qui solo,
che cosa debbo fare?». Avevo sentito bene? Un'iscrizione sul muro
oggetto degli scavi? Durante tutti quegli anni non avevamo mai
trovato iscrizioni monumentali, ed improvvisamente questa
novità!
Mi
affrettai al luogo della scoperta e
quasi non credetti ai miei occhi . Sulla
parete rivolta a sud di uno degli ambienti a volta
appariva una grande tabula ansata che conteneva
un'iscrizione greca a 202 grandi caratteri, ben
conservata, con un testo di ringraziamento al
Signore; sotto di essa era tracciata una grande croce. Il tutto era
a rilievo. Nessuno aveva mai visto una cosa
simile nel paese.
Mi
affrettai a togliere il terriccio dalla scritta e
cominciai a leggere. Le parole «ergon» (opera) e
«basileus (imperatore) Justinianus» mi saltarono agli
occhi, e compresi subito di che cosa si trattava: era
un'epigrafe dedicatoria, una specie di biglietto
da visita! Era precisamente ciò che speravo di
trovare in un luogo come quello, ma non credevo certo
che saremmo stati così fortunati. Copiai
in fretta e con emozione lo scritto e lasciammo
il luogo al crepuscolo. Durante
la notte tornai due volte per assicurarmi che tutto fosse in ordine.
L'indomani ordinammo una sorveglianza continua.
Già
durante la notte avevo dedicato alcune ore
a decifrare l'iscrizione. Non
sono un esperto della lingua greca, ma il contenuto e il significato
erano chiari. Telefonai a Yoram Tsafrir e lo
pregai di venire il mattino dopo agli scavi.
Recentemente aveva compiuto un lavoro di ricerca sulla Gerusalemme
bizantina; l'iscrizione sarebbe stata per
lui un'esperienza straordinaria e la
sua competenza preziosa per l'interpretazione. Convocai
anche il padre domenicano Benoit, uomo di profonda cultura, che seguiva
da vicino tutte le fasi dei nostri scavi. Egli
rimase molto emozionato e continuava a
mormorare: «Incredibile!». Per alcuni giorni
passarono molti studiosi dell'archeologia di
Gerusalemme per vedere l'iscrizione prima
che fosse staccata e portata via. In
considerazione del pericolo che rappresentavano per
essa i lavori di costruzione che sarebbero continuati
a lungo sul luogo, avevamo deciso infatti di trasportarla temporaneamente
al sicuro e di farla tornare al suo posto in seguito.
Il
lavoro difficile e delicato del distacco fu condotto a termine nel modo
migliore dai tecnici del Laboratorio del Museo di Israele, Dodo Shenhav e Rafi
Brown.
L'iscrizione
era inserita in una tabula ansata secondo
l'uso romano. La lunghezza della tabula era di m 1,58 mentre quella
dello scritto era di m 1,20; l'altezza
dei caratteri era di cm 8-10
ed era contenuta in cinque righe. I caratteri erano stati fatti
a
rilievo
nell'intonaco e quindi colorati in rosso. Lo stato di conservazione era quasi
perfetto tranne poche lettere, quindi la lettura era agevole. Questo è il testo:
«Questa opera è stata fatta per la generosità dell'imperatore, il piissimo Flavio
Giustiniano e con la sorveglianza e la diligenza di Costantino
il Sacerdote santissimo e Padre del Convento
(nell'anno) XIII della indizione».
L'iscrizione
celebrava dunque la costruzione dell'edificio, della
quale l'imperatore Giustiniano era stato promotore
e protettore (è noto che egli aveva messo
a disposizione il danaro per la costruzione e
per il mantenimento della chiesa) ed alla quale
aveva partecipato il monaco Costantino, dirigendone i
lavori. La datazione secondo il conteggio della indizione
non rende possibile stabilire l'anno preciso: l'indizione
era l'intervallo di tempo di quindici anni
tra il controllo dei beni dei sudditi dell'Impero e
la valutazione che veniva fatta per stabilire l'ammontare
delle tasse. All'epoca di Giustiniano il
tredicesimo anno dell'indizione cadde tre volte: nel
534-535, nel 549-550 e nel 564-565 . L'anno 549-550
(cioè il sesto dopo l'inaugurazione della Nea)
sembra il più probabile per la costruzione dell'edificio
aggiunto. Il luogo in cui era stata posta la tabula ansata, quasi
8 m sopra al pavimento e dentro un bacino d'acqua,
sotterraneo e completamente oscuro, prova
che essa non era destinata ad esser letta dal pubblico. Era una scritta per la
fondazione, che era stata vista soltanto durante la cerimonia dell'inaugurazione, ed
era destinata a restare come suo ricordo.
Sembra
che si riferisse non soltanto alla costruzione sovrastante, ma anche a un
monastero del quale il padre Costantino era superiore o ancora a qualche altro
edificio annesso".
Fig. 1 Iscrizione dedicatoria della Basilica Nea - Israel Museum - Gerusalemme
Fig. 2 Testo dell'iscrizione riportata in grafico - Leah Di Segni - Gerusalemme
Fig. 3 Immagine di copertina del rapporto di scavo, vol V, di Nahman Avigad tutto improntato sulla Basilica Nea e aree adiacenti
Fig. 4 Disegno ricostruttivo della Basilica Nea secondo N. Avigad e collaboratori
Fig. 5 La Basilica Nea nel circello rosso nel mosaico della Chiesa di S. Giorgio a Madaba VI sec. (Giordania)
Fig. 6-7 L'area di scavo dell'antica Nea e le sue fondamenta (N. Avigad)
Bibliografia:
O. Gutfeld, JEWISH QUARTER EXCAVATIONS IN THE OLD CITY OF JERUSALEM conducted by Nahman Avigad, 1969–1982, Volume V: The Cardo (Area X) and the Nea Church (Areas D and T), final report, Gerusalemme 2011.
N. Avigad, Gerusalemme. Archeologia della Città Santa, Roma 1986.
Grazie quindi all'opera di ricerca di Avigad e di altri suoi collaboratori possiamo ancora oggi vedere qualche resto di quella che dovrebbe essere stata una magnifica basilica per il culto mariano.
Un saluto da Gerusalemme!