Ignazio Lopez di Loyola (Loyola 1491 – Roma, 31 luglio
1556) era un cavaliere impetuoso e avventuroso. Ferito nell’assedio di
Pamplona, durante la convalescenza, non trovando letture cavalleresche di cui
era appassionato, scoprì Cristo nel Vangelo e nella vita dei santi (Leggenda
Aurea di Giacomo da Varazze) e volle darsi a Cristo nella Chiesa.
Maturò la sua conversione nel monastero di Montserrat, e gettò le basi del suo
celebre libro, gli «Esercizi spirituali». Studiò filosofia e teologia a Parigi,
dove fondò la «Compagnia di Gesù», e a Venezia, dove divenne sacerdote.
Stabilitosi a Roma, pose la sua «compagnia», a disposizione del Papa per la
difesa della fede, la riforma della Chiesa, l’opera missionaria. Si capisce
Ignazio alla luce del suo profondo spirito di dedizione, della mistica del
«servizio», del suo ottimismo e dinamismo orientati «alla maggior gloria di
Dio» nella Chiesa e per la Chiesa. Scrisse il «il racconto del pellegrino» (nn.
94-95) dove elencò i luoghi visitati in direzione Gerusalemme. Spero di far
cosa gradita ai miei conterranei vicentini nel riportare i passaggi dove parla
di Vicenza, che visitò nel 1537.
[94] In
quell’anno non salparono navi per l’Oriente perché i Veneziani avevano rotto
le relazioni con i Turchi. Perciò i compagni, vedendo che la possibilità di
quel viaggio si allontanava sempre più, si sparsero per il territorio veneto.
Come ne avevano fatto voto, vi avrebbero atteso l’imbarco per un anno, e se
questo fosse trascorso senza poter intraprendere la traversata, sarebbero
andati a Roma. Il pellegrino andò, con Favre e Laínez, a Vicenza. Trovarono,
fuori città, una casa che non aveva porte né finestre; vi presero alloggio
dormendo sopra un pò di paglia che avevano portato. Due di loro andavano
regolarmente a chiedere elemosina in città due volte al giorno; ma quello che
ricevevano era così scarso che quasi non bastava per vivere. Di solito
mangiavano un poco di pancotto, quando l’avevano, e lo cucinava colui che
rimaneva in casa. Trascorsero in questo modo quaranta giorni, dedicandosi solo
alla preghiera.
[95]
Dopo questi quaranta giorni arrivò il maestro Giovanni Codure. Allora tutti e
quattro decisero di cominciare a predicare. Si recarono in quattro diverse
piazze e, lo stesso giorno, la stessa ora, dopo avere chiamato la gente a gran
voce e facendo segni con la berretta, ciascuno cominciò la sua predica. Questi
discorsi suscitarono profonda impressione in città; molte persone ne furono infervorate
e i compagni ebbero i necessari mezzi di sostentamento con maggiore larghezza.
Diversamente da come accadde a Parigi, nel periodo in cui rimase a Vicenza il
pellegrino ebbe molte visioni spirituali e frequenti, anzi quasi continue
consolazioni. Soprattutto quando si preparava a ricevere il sacerdozio, a
Venezia, poi ogni volta che si accingeva a celebrare la messa, e durante tutti
quei viaggi ebbe molte comunicazioni soprannaturali simili a quelle che
riceveva quando era a Manresa. Mentre era ancora a Vicenza venne a sapere che
uno dei compagni [Simone Rodrigues], che si trovava a Bassano, era ammalato e
in punto di morte. Anche lui in quel periodo aveva la febbre, tuttavia si mise
in viaggio; e camminava così svelto che Favre, suo compagno, non riusciva a
tenergli dietro. Durante il viaggio ebbe la certezza da parte di Dio - e lo
disse a Favre - che il loro compagno non sarebbe morto di quella malattia. Al
suo arrivo a Bassano, l’infermo si sentì molto confortato e guarì rapidamente.
In seguito tornarono tutti a Vicenza e per qualche tempo stettero insieme tutti
e dieci. Alcuni andavano a cercare elemosina nei villaggi intorno a Vicenza.
Vicenza. Porta Nuova. A destra l'effige di Sant'Ignazio e a sinistra l'effige di René Descartes
Vicenza. Porta Nuova. In primo piano l'effige di Sant'Ignazio di Loyola