Gli
archeologi della Sapienza, tornati in Iraq per la seconda campagna di scavo nel
sito di Abu Tbeirah, vicino a Nasiriya, hanno riportato alla luce molti reperti
che per la prima volta documentano la vita quotidiana del mondo
sumerico e che attestano sorprendenti analogie con pratiche ancora
correntemente in uso presso gli abitanti della zona.
Il periodo indagato è quello dell’avvento in Mesopotamia della prima dinastia a vocazione imperiale nota nella storia dell’umanità, fondata dal sovrano Sargon e incentrata sulla sua capitale Akkad: siamo all’incirca tra il 2400 e il 2200 a.C, un’epoca a tutt’oggi poco nota.
“Reperti che raccontino la vita del tempo erano praticamente inesistenti, - spiega l’assirologo della Sapienza Franco D’Agostino, che dirige la Missione – “per il semplice fatto che le campagne di scavo che ci hanno preceduto risalivano agli anni ’60, quando i sistemi di datazione e le tecnologie applicate alla ricerca archeologica erano di tutt’altra precisione rispetto a oggi”.
Una delle sorprese più interessanti dal punto di vista archeologico è rappresentata dal rinvenimento di una stuoia di 4200 anni fa, ancora perfettamente conservata: risultano miracolosamente ancora visibili sia la trama delle canne intrecciate che i fori praticati per ospitare i pali che reggevano la copertura, molto probabilmente anch’essa fatta di canne. Il metodo per realizzare la stuoia è lo stesso usato oggi nelle Marshlands, cioè le paludi a sud dell’Iraq, dove le stuoie vengono utilizzate sia come copertura, sia come pavimentazione all’interno dei Mudhif, le case costruite con fasci di canne. Un altro reperto di notevole interesse è un piatto all’interno del quale erano ancora perfettamente visibili le lische del pesce che vi era stato mangiato: ancora oggi le grandi carpe dei due fiumi, Tigri ed Eufrate, vengono cotte alla stessa maniera come il ritrovamento sta a dimostrare.
I rilevamenti satellitari hanno evidenziato un’altura artificiale, accentuato rispetto al pianoro circostante, esteso per circa 43 ettari che lascia intuire come il sito ospitasse una città – tutta ancora da identificare – attraversata da canali e dotata di porti fluviali; è stato poi individuato sempre grazie al satellite il muro perimetrale di un grande edificio nella parte sud-est dell’area, dove sono stati portati alla luce i reperti principali, comprese delle sepolture assai significative per i ricchi corredi funerari. In particolare in una tomba sono stati portati alla luce due individui, uno dei quali completamente disarticolato e posto sui piedi del primo (foto 7-9): gli accertamenti condotti dell’antropologo fisico in staff alla Missione, Mary Ann Tafuri, hanno stabilito una chiara parentela tra i due inumati, che presentavano entrambi una malformazione genetica: una vera e propria tomba di famiglia.
L’attività della Missione è finanziata grazie ai fondi che la Sapienza destina ai Grandi Scavi di Ateneo. Allo stesso modo il Ministero degli Affari Esteri ha voluto sottolineare l’importanza di questa iniziativa archeologico-culturale attribuendo fondi per l’attività di scavo mediante il settore culturale, e finanziando, con fondi della Cooperazione allo Sviluppo, attraverso l’Ambasciata d’Italia a Baghdad, una serie di corsi finalizzati alla formazione di personale nel settore dell’archeologia destinati alle nuove generazioni dell’Iraq.
Il periodo indagato è quello dell’avvento in Mesopotamia della prima dinastia a vocazione imperiale nota nella storia dell’umanità, fondata dal sovrano Sargon e incentrata sulla sua capitale Akkad: siamo all’incirca tra il 2400 e il 2200 a.C, un’epoca a tutt’oggi poco nota.
“Reperti che raccontino la vita del tempo erano praticamente inesistenti, - spiega l’assirologo della Sapienza Franco D’Agostino, che dirige la Missione – “per il semplice fatto che le campagne di scavo che ci hanno preceduto risalivano agli anni ’60, quando i sistemi di datazione e le tecnologie applicate alla ricerca archeologica erano di tutt’altra precisione rispetto a oggi”.
Una delle sorprese più interessanti dal punto di vista archeologico è rappresentata dal rinvenimento di una stuoia di 4200 anni fa, ancora perfettamente conservata: risultano miracolosamente ancora visibili sia la trama delle canne intrecciate che i fori praticati per ospitare i pali che reggevano la copertura, molto probabilmente anch’essa fatta di canne. Il metodo per realizzare la stuoia è lo stesso usato oggi nelle Marshlands, cioè le paludi a sud dell’Iraq, dove le stuoie vengono utilizzate sia come copertura, sia come pavimentazione all’interno dei Mudhif, le case costruite con fasci di canne. Un altro reperto di notevole interesse è un piatto all’interno del quale erano ancora perfettamente visibili le lische del pesce che vi era stato mangiato: ancora oggi le grandi carpe dei due fiumi, Tigri ed Eufrate, vengono cotte alla stessa maniera come il ritrovamento sta a dimostrare.
I rilevamenti satellitari hanno evidenziato un’altura artificiale, accentuato rispetto al pianoro circostante, esteso per circa 43 ettari che lascia intuire come il sito ospitasse una città – tutta ancora da identificare – attraversata da canali e dotata di porti fluviali; è stato poi individuato sempre grazie al satellite il muro perimetrale di un grande edificio nella parte sud-est dell’area, dove sono stati portati alla luce i reperti principali, comprese delle sepolture assai significative per i ricchi corredi funerari. In particolare in una tomba sono stati portati alla luce due individui, uno dei quali completamente disarticolato e posto sui piedi del primo (foto 7-9): gli accertamenti condotti dell’antropologo fisico in staff alla Missione, Mary Ann Tafuri, hanno stabilito una chiara parentela tra i due inumati, che presentavano entrambi una malformazione genetica: una vera e propria tomba di famiglia.
L’attività della Missione è finanziata grazie ai fondi che la Sapienza destina ai Grandi Scavi di Ateneo. Allo stesso modo il Ministero degli Affari Esteri ha voluto sottolineare l’importanza di questa iniziativa archeologico-culturale attribuendo fondi per l’attività di scavo mediante il settore culturale, e finanziando, con fondi della Cooperazione allo Sviluppo, attraverso l’Ambasciata d’Italia a Baghdad, una serie di corsi finalizzati alla formazione di personale nel settore dell’archeologia destinati alle nuove generazioni dell’Iraq.
Franco D’Agostino, Istituto di Studi orientali
T (+39) 064456644 M (+39) 3280342377
e-mail: franco.dagostino@gmail.com
E l'articolo apparso sul Corriere della Sera:
http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/13_febbraio_04/iraq-mesopotamia-sumeri-missione-archeologia-la-sapienza_9341eca2-6ed0-11e2-8e9f-4060dbd697f2.shtml
Uno schema per capire la vita quotidiana dei Sumeri
Alcune immagini dei lavori di ricerca sul campo
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