mercoledì 7 marzo 2012

Festa ebraica di PURIM


Verrà celebrata a partire dalla sera di mercoledì 7 marzo

Ogni festa ebraica si differenzia dalle altre per gli avvenimenti che vengono ricordati e rivissuti e per il modo in cui il giorno viene festeggiato.
Tra le feste rese obbligatorie dalla Torà, di Pesach ci sono le mitzvot di mangiare mazzà e maror; di Succot la mizvà di abitare per sette giorni nella Succà; e di Shavuot di festeggiare il giorno in cui abbiamo ricevuto la Torà dal Sinai.
Tra le feste rese obbligatorie dai Maestri, di Chanuccà abbiamo la mizvà di pubblicizzare i miracoli nella guerra degli Asmonei contro i Seleucidi: commemoriamo l’evento con l’accensione dei lumi e con la recitazione dello Hallel in segno di ringraziamento. Di Purim, le mitzvot rese obbligatorie dai Maestri sono quelle di leggere la Meghillà in segno di ringraziamento, di fare del giorno di Purim un giorno di festa con un banchetto, di dare regali ai poveri e di inviare vettovaglie agli amici.
Purim si differenzia da tutte le altre feste per le mizvot di dare regali ai poveri e di inviare vettovaglie ai propri amici. La mizvà di dare regali ai poveri di Purim è diversa da quella di fare zedaqà. Mentre nel fare zedaqà dobbiamo verificare che la persona a cui diamo zedaqà non sia un imbroglione, di Purim è prescritto che “si da’ a chiunque tenda la mano.” Anche la mizvà di inviare vettovaglie agli amici esiste solo a Purim.
Qual’è l’origine di queste due mitzvot di Purim?
Per cercare una risposta, pensiamo prima di tutto a quella che era la situazione degli ebrei di Persia durante il periodo in cui si trovavano sotto la minaccia del decreto di Haman. Il decreto era di sterminare tutti gli ebrei, dai poppanti nelle culle, uomini e donne, fino ai vecchi, senza alcuna eccezione. Davanti a un decreto firmato dal Re e ufficialmente non revocabile, gli ebrei si videro già morti. Se non fosse stato per l’intercessione di Ester che riuscì a convincere il Re a fare una seconda lettera reale per permettere agli ebrei di difendersi, il decreto sarebbe stato eseguito.
Dopo la grande paura del decreto di Haman, arrivò la seconda lettera del Re, e il 13 e 14 di Adar gli ebrei esercitarono il diritto di legittima difesa e si salvarono. Ritrovatisi vivi e salvi, nel giorno di Purim gli ebrei pensarono alla grandezza del miracolo che era loro capitato e si pentirono delle piccole beghe e dei litigi di cui si erano occupati fino a poco prima. Dopo aver quasi visto la morte in faccia, si resero conto della bassezza di litigare con il prossimo per cose di poco conto. Questi pensieri generarono un’esplosione spontanea di amore verso il prossimo che si manifestò nel portare vettovaglie agli amici perché potessero festeggiare e regali ai poveri, anche quelli che fino a ieri erano stati sospettati di essere degli imbroglioni.
Dopo questa manifestazione di amore fraterno, i Maestri quando decisero di far commemorare il miracolo di Purim negli anni successivi, dissero: “Vi ricordate l’esplosione spontanea di amore fraterno quando già pensavate di essere tutti morti? Quel comportamento vogliamo che lo ripetiate di anno in anno per ricordare il miracolo di Purim”. (R. Moshè Alshekh nel suo commento alla Meghillà da’ una spiegazione di questo tipo).
Per questo i Maestri paragonano Yom Kippur a Purim (Ki-purim = come Purim). Il giorno di Kippur serve ad espiare i peccati. Però i peccati commessi nei confronti del prossimo non vengono perdonati a meno che chi abbia commesso il peccato non riceva il perdono della persona offesa. Prima di Purim gli ebrei credevano che sarebbero morti. Quando si videro vivi, si verificò un’esplosione spontanea di felicità e gratitudine che si manifestò con amore verso il prossimo. Di Kippur ci troviamo ogni anno davanti al giudizio divino: da una parte la morte, dall’altra la vita. Per ricevere il perdono divino di Kippur bisogna arrivare a una situazione di amore fraterno come quella che si manifestò nel primo Purim.
Un’altra affermazione dei Maestri è che “tutte le feste diventeranno insignificanti eccetto Purim”. Per quale motivo la festa di Purim rimarrà tale mentre le altre no? La risposta è che di Purim gli ebrei mostrarono quel livello ideale di amore fraterno che esisterà nei giorni delle redenzione finale.

(Estratto e adattato da Segulat Israel, N. 6)

Qualche foto scattata oggi alla porta di Giaffa e al quartiere di Mamilla:


Immancabile il leone della tribù di Giuda



Alcune persone ebre in preparazione per la festa

domenica 4 marzo 2012

La neve a Gerusalemme!

Una buona nevicata ci ha sorpresi venerdì mattino 2 marzo dalle ore 8.30 alle ore 10.30 ed è stata una meravigliosa fotografia di una Gerusalemme sotto il manto bianco e candido della neve.
Egli, il Signore, "fa scendere la neve come lana, come polvere sparge la brina, getta come briciole la grandine...", lo dice il salmista nel salmo 147.


Qualche passo nella città vecchia di Gerusalemme con la neve







Al mattino alle ore 6, dalla finestra di casa mia, la città nuova 
si mostrava già bianca. Questo è il quartiere di Rehavia, presso
Gerusalemme ovest.



Le tracce della neve caduta di notte presso il parco dell'Indipendenza



La piscina di Mamilla (90 x 60 mt.), presso il parco dell'Indipendenza,
testimonia l'abbondanza di precipitazioni avvenute in queste settimane



Qui il grande ponte progettato dall'architetto Calatrava presso
Gerusalemme ovest e la strada n. 1 che porta verso Tel Aviv

sabato 3 marzo 2012

Una domenica presso l'oasi di Ein Gedi (Engaddi)

"L'amato mio è per me un grappolo di cipro nelle vigne di Engaddi" (Ct 1,14).

Si esprimono così le Scritture nel Cantico dei Cantici dove si parla della località di Engaddi, lett. "Fonte del Capretto", sulla riva ovest del Mar Morto, con un'oasi fertile in cui crescevano, secondo alcuni testi, il balsamo e la palma. A tutt'oggi la palma la si trova abbondande, come altre piante aromatiche, come il capretto (ibex) o stambecco del deserto, come gli iràci ed una fonte d'acqua buonissima.
Questo è stato il contesto della nostra visita escursionistica fatta domenica 26 febbraio presso il parco nazionale di Ein Gedi sulla sponda del Mar Morto.
Partiamo da una doverosa "teologia degli animali" come ben riferisce il teologo-biblista, il prof. Paolo De Benedetti. Andiamo a vedere questo curioso animale, citato nelle Scritture nel libro dei Proverbi:


Quattro esseri sono fra le cose più piccole della terra,
eppure sono più saggi dei saggi:

le formiche sono un popolo senza forza,
eppure si provvedono il cibo durante l’estate;

gli iràci sono un popolo imbelle,
eppure hanno la tana sulle rupi;

le cavallette non hanno un re,
eppure marciano tutte ben schierate;

la lucertola si può prendere con le mani,
eppure penetra anche nei palazzi dei re.

 (Proverbi 30,24-28)



 ...nostro fratello iràce

 ...mentre si ciba delle prime gemme degli alberi

...con sguardo attento ed imbelle

E veniamo a noi, pellegrini sui sentieri del Signore:



Ed infine ecco ancora gli abitanti di questa magnifica oasi nel deserto


...un deserto di vita!

venerdì 2 marzo 2012

Una vita da "sentinelle"...

In un tempo come questo, con tante incognite ed il futuro incerto, bisogna ritornare a domandare, a porre domande serie e profonde sull'uomo, su Dio, sulla vita e la morte...
Ecco la Parola di Dio in Isaia, commentata e canzonata dal grande Francesco Guccini.



Dal Libro del Profeta Isaia 21,11-12

11 Oracolo sull’Idumea.
Mi gridano da Seir:
«Sentinella, a che punto è la notte?
Sentinella, quanto resta della notte?».
12 La sentinella risponde:
«Viene il mattino, poi ancora la notte;
se volete domandare, domandate,
convertitevi, tornate!».
 
“Un verso di Isaia (capitolo 21, versetti 11 e 12), shomér ma mi-llailah è alla base della canzone omonima. Il verso è misterioso. Significa: “Sentinella, a quanto della notte, a che punto è la notte?” Isaia, uno di quei profeti che minacciano in continuazione e lanciano fuoco e fiamme, all’improvviso si lascia andare in questo verso bellissimo e altamente poetico, di grande speranza. La sentinella risponde: “La notte sta per finire ma l’alba non è ancora arrivata. Tornate, domandate, insistete”.
“C’è sempre stata, pudica, sottile, nelle mie canzoni, una domanda sull’infinito, sul senso ultimo delle cose. Ma da agnostico, da vago panteista e spiritualista quale sono, da uomo che non crede nell’esistenza dell’anima ma forse coglie un fondo di infinitezza, di immortalità nel nostro destino, mi fermo alla domanda, all’interrogativo. L’importante è, però, che questa domanda non cessi mai, perché è uno dei sintomi preziosi della nostra vitalità come uomini.”

Francesco Guccini – Shomèr ma mi-llailah

La notte è quieta senza rumore, c’è solo il suono che fa il silenzio
e l’ aria calda porta il sapore di stelle e assenzio,
le dita sfiorano le pietre calme calde d’ un sole, memoria o mito,
il buio ha preso con sè le palme, sembra che il giorno non sia esistito…
Io, la vedetta, l’ illuminato, guardiano eterno di non so cosa
cerco, innocente o perchè ho peccato, la luna ombrosa
e aspetto immobile che si spanda l’ onda di tuono che seguirà
al lampo secco di una domanda, la voce d’ uomo che chiederà:

Shomèr ma mi-llailah, shomèr ma mi-lell, shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell
shomèr ma mi-llailah, shomèr ma mi-lell, shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell
shomèr ma mi-llailah, shomèr ma mi-lell, shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell…

Sono da secoli o da un momento fermo in un vuoto in cui tutto tace,
non so più dire da quanto sento angoscia o pace,
coi sensi tesi fuori dal tempo, fuori dal mondo sto ad aspettare
che in un sussurro di voci o vento qualcuno venga per domandare…
e li avverto, radi come le dita, ma sento voci, sento un brusìo
e sento d’ essere l’ infinita eco di Dio
e dopo innumeri come sabbia, ansiosa e anonima oscurità,
ma voce sola di fede o rabbia, notturno grido che chiederà:

Shomèr ma mi-llailah, shomèr ma mi-lell, shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell
shomèr ma mi-llailah, shomèr ma mi-lell, shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell
shomèr ma mi-llailah, shomèr ma mi-lell, shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell…

La notte, udite, sta per finire,
ma il giorno ancora non è arrivato
sembra che il tempo nel suo fluire resti inchiodato.
Ma io veglio sempre, perciò insistete,
voi lo potete: ridomandate!
Tornate ancora se lo volete, non vi stancate!
Cadranno i secoli, gli dèi e le dee,
cadranno torri, cadranno regni
e resteranno di uomini e idee polvere e segni.
Ma ora capisco il mio non capire,
che una risposta non ci sarà
che la risposta sull’avvenire
è in una voce che chiederà:

- Shomér ma mi-llailah?
Shomér ma mi-lell?
Shomér ma mi-llailah, ma mi-lell?

Ed ecco il video: