sabato 2 giugno 2012

Per il dono del presbiterato, grazie Signore!

Si o Signore, ti rendo grazie, assieme ai miei compagni, per questi undici anni di sacerdozio ministeriale e per il dono della vocazione!

Come non pensare oggi agli anni della formazione ed alle prime esperienze pastorali in Diocesi! Per tutto questo, per le persone incontrate, per le esperienze vissute, per gli accompagnamenti ai Sacramenti, per la Parola spezzata e condivisa...grazie Signore Dio!

Da parte mia desidero ringraziare la mia comunità cristiana di origine che a suo tempo mi ha formato ed educato alla fede con il concorso amorevole della mia famiglia; la prima comunità di esperienza pastorale di S.Maria in Colle di Bassano con il compianto don Bruno Tomba, la prima parrocchia di servizio ministeriale: Sandrigo; e tutti gli amici ed i soci dell'Azione Cattolica con i quali, per quasi otto anni, ho condiviso fatiche e gioie. 

Ed ora, qui in Israele, la Terra del Santo, i miei compagni di studio, i professori ed il personale dello Studium Biblicum Franciscanun di Gerusalemme, alcuni amici archeologi, le suore Dorotee, le suore Francescane Elisabettine; questa è un'altra "famiglia" con la quale condivido il mio ministero sacerdotale e la mia vita.

Per tutto questo e per il regno del Signore che nasce in me ed attorno a me, grazie o Dio!

Eccoci in posa per la foto di rito in vista dell'ordinazione nei giorni precedenti il 2 giugno





mercoledì 30 maggio 2012

TERREMOTO: situazione delle faglie nella Pianura Padana


Pianura Padana - Le faglie deviano il corso dei fiumi

22/05/12

Fiumi che deviano dal loro corso per effetto di strutture geologiche nascoste,  le stesse che scatenano i terremoti nella Pianura Padana.
Questo è lo studio di un gruppo di geologi dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), pubblicato alcuni anni fa su "Annals of Geophysics", ma che ritorna di stringente attualità dopo il terremoto del 20 maggio scorso.
 
Chiediamo al ricercatore Gianluca Valensise, coautore dell'articolo scientifico,  come hanno individuato  le strutture sepolte.

“Le strutture sepolte sono ben delineate dalle mappature che furono ottenute dall'ENI all'epoca d'oro dell'esplorazione petrolifera in Pianura Padana, ovvero tra gli anni '40 e gli anni '70 dello scorso secolo. Queste mappature utilizzavano la tecnica nota come sismica a riflessione: in pratica veniva fatto brillare dell'esplosivo e con un gran numero di sismografi disposti lungo allineamenti opportunamente tracciati si misurava il tempo di percorso delle onde sismiche tra la superficie, gli strati rocciosi sepolti che riflettevano parte dell'energia, e l'arrivo dell'energia rimbalzata in superficie. Questo consentiva di "disegnare" il sottosuolo, e in particolare di delineare le cosiddette anticlinali, strutture derivanti dalla compressione degli strati rocciosi simili alle pieghe che si formano su un tappeto spinto contro il muro. Poiché il petrolio tende ad accumularsi nelle anticlinali, conoscere l'esatta posizione di queste ultime consentiva di perforare a colpo quasi sicuro ed estrarre petrolio (o gas naturale).  Il paragone con il tappeto è accattivante ma incompleto, perché trascura il fatto che nel mondo reale le anticlinali sono la riposta superficiale "morbida" all'accavallamento delle sottostanti rocce, più rigide, lungo le faglie, i piani di rottura che generano i terremoti. E in effetti nell'applicazione che stiamo descrivendo sono le faglie, con le loro dimensioni e geometria, a formare l'oggetto della ricerca.
Il movimento della faglia profonda (da 5-10 km ad alcune decine di km) dunque genera un’anticlinale, che pur essendo, come nella Pianura Padana, completamente ricoperta da un materasso di sedimenti marini e alluvionali spesso anche molte migliaia di metri, può comunque arrivare a deformare debolmente la superficie topografica, creando blande ma ampie depressioni o inarcamenti. Attraverso il tempo geologico l'attività tettonica finisce per interagire con il reticolo fluviale, attirando i fiumi nelle depressioni e respingendoli dalle zone che sono in crescita.
Le deviazioni dei fiumi influenzano fortemente la rete insediativa, costringendo le popolazioni ad abbandonare le aree depresse, spesso invase dall'acqua, e a spostare città e linee di comunicazione "all'asciutto". Le stesse deviazioni segnalano a noi geologi del terremoto quali delle numerose coppie faglia-anticlinale che esistono sotto la Pianura Padana sono ancora attive oggi, e quindi sono in grado di generare terremoti”.

Da quali forze e movimenti terrestri su piccola e grande scala sono determinate queste strutture?

“Sia l'Appennino che le Alpi sono due classiche catene montuose, che evolvono spostandosi la prima verso NE e la seconda verso S. Il sottosuolo della Pianura Padana è quindi il luogo di incontro di queste due catene, che idealmente "strizzano" questa grande area depressa ad una velocità che i dati satellitari (GPS) indicano essere dell'ordine del centimetro per anno. In questo grande meccanismo geodinamico bisogna distinguere il sollevamento delle due catene nel suo complesso, ad una scala dell'ordine dei 100-200 km e con una velocità massima di 1-2 metri per millennio, dal sollevamento delle singole anticlinali, misurabile alla scala dei 5-20 km e con velocità  che non superano i 50 cm per millennio. Poiché le anticlinali crescono lentamente e poiché invece la pianura tende ad essere velocemente colmata di sedimenti, è molto probabile che queste strutture restino sepolte per sempre, fino addirittura ad essere letteralmente "soffocate" e bloccate dal peso dei sedimenti soprastanti”.

Di che entità sono le deviazioni imposte ai corsi d'acqua?

“Le deviazioni fluviali possono essere imponenti. Il Po, ad esempio, fino al XII secolo d.C. passava per Ferrara e si divideva nel Po di Primaro e nel Po di Volano, che sfociavano nell'Adriatico rispettivamente a sud e a nord delle attuali paludi di Comacchio. Con la Rotta di Ficarolo del 1152 il Po abbandonò questo percorso e si riassestò come Po di Goro e Po di Tramontana, parecchie decine di km più a nord. Tutto questo per effetto della progressiva crescita di un’ anticlinale che poi - guarda caso - coincide con la dorsale sepolta che conosciamo come Dorsale Ferrarese e che ha generato il terremoto del 20 maggio 2012. Sul lato meridionale della stessa anticlinale il fiume Reno incontrava la stessa difficoltà a "svalicare" la Dorsale Ferrarese, e questo avveniva proprio tra Finale Emilia, Sant'Agostino e Bondeno, tre tra le località maggiormente colpite dal terremoto del 20 maggio scorso. Con i secoli si è quindi trasformato da affluente del Po a corso d'acqua che - con enorme fatica - tenta di andare verso il mare autonomamente”.
Il Dott. Gianluca Valensise conclude con un paradosso: “ La Pianura Padana è stata spesso snobbata dai geologi, che la consideravano noiosa (sicuramente meno interessante di un paesaggio dolomitico!), debolmente considerata dai sismologi, che spesso ed erroneamente hanno ritenuto che la sua piattezza indicasse la sua incapacità di generare terremoti, e vista da molti semplicemente come un territorio utile per l’agricoltura e l'industria. Pur nella sua drammaticità il terremoto del 20 maggio ne ha mostrato invece caratteristiche invisibili a occhio nudo, ma che in realtà ne condizionano profondamente l'evoluzione, creando ponti impensabili tra terremoti, geologia, uso del territorio e sviluppo della rete insediativa. C'è da aspettarsi che questo terremoto darà l'impulso ad una nuova stagione di studi e ricerca scientifica su questa importante porzione del nostro territorio”.

Per maggiori info contattare il sismologo Gianluca Valensise: valensise@ingv.it
 
Il geologo ha registrato un audio di maggiore approfondimento, scaricabile e fruibile dai media: http://www.freerumble.com/audio.php?t=audio&id=3428

domenica 27 maggio 2012

Come 2000 anni fa': giorno d'immensa gioia!

Giorno d'immensa gioia

nella città di Dio:

la fiamma dello Spirito

risplende nel cenacolo.


Si rinnova il prodigio

degli antichi profeti:

una mistica ebbrezza

tocca le lingue e i cuori.

 

O stagione beata

della Chiesa nascente,

che accoglie nel suo grembo

le primizie dei popoli!

 

E' questo il giubileo

dell'anno cinquantesimo,

che riscatta gli schiavi

e proclama il perdono.

 

Manda su noi, Signore,

il dono del tuo Spirito,

concedi al mondo inquieto

la giustizia e la pace.

 

O luce di sapienza,

rivelaci il mistero

del Dio trino ed unico,

fonte d'eterno amore. Amen.

 

Con questo inno di gioia, nell'ora delle lodi del mattino, la Chiesa ci invita a rallegrarci nel Signore per il dono dello Spirito Santo e ci chiede l'impegno di pregare ed affidare questo nostro mondo alle cure divine della giustizia e della pace.
Come circa 2000 anni fa' gli Apostoli, tutti insieme, hanno ricevuto doni inestimabili, così anche noi oggi invochiamo il "Consolatore" per tante situazioni bisognose di guarigione, di pace, di amorevolezza, di forza e di magnanimità.
Leggiamo la testimonianza di Luca evangelista nel testo degli Atti degli Apostoli.

At 2, 1-11
Tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare.

Dagli atti degli apostoli
Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.
Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotàmia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».
 Nella cartina, segnato con la X, è il quartiere di Sion, luogo del Cenacolo.



Buona Pentecoste a tutti!

sabato 26 maggio 2012

FESTA GRANDE ALL' EFFETA' DI BETLEMME

Una stella da Betlemme
 
Mentre a Vicenza si stava vivendo il Festival Biblico, un po' di "Festival" si è vissuto nel pomeriggio di SABATO 26 MAGGIO all'Istituto per la cura dei audiolesi "Effetà Paolo VI" di Betlemme.
L'occasione è stata quella dell'inaugurazione di una nuova parte dell'Istituto per dare la possibilità ai bambini ed ai ragazzi di proseguire il cammino di studio e portarlo a compimento, senza dover recarsi in altre strutture.

Alla presenza del Nunzio Apostolico S.E. Mons. Antonio Franco, del Console Generale d'Italia Dott. Giampaolo Contini, i dirigenti ed insegnanti della scuola, le suore Maestre di S.Dorotea, tante famiglie e bambini è avvenuta l'inaugurazione con il taglio del nastro e la benedizione solenne della struttura.

Di seguito potete vedere alcune immagini di un pomeriggio betlemmita veramente straodinario dove il centro di tutto sono stati i bambini ed i bisogni di tante famglie.

Vi aspettiamo per una visita alla scuola ed alla parte nuova...magari durante il vostro pellegrinaggio in Terra Santa!

Potere seguire le attività dell'Istituto visitando il sito internet:

 http://www.effetabetlemme.net/it/news.php

I bambini, i ragazzi, le insegnanti e le suore Dorotee ci attendono!
Possa lo Spirito di Dio continuare a soffiare su questa realtà di dono e guarigione.

EFFETA' EFFETA' EFFETA'!

L'ingresso dell'Istituto Effetà di Betlemme
 

Le suore all'accoglienza

Le suore si prodigano affinchè vada tutto bene

Il Nunzio Apostolico Mons. Antonio Franco durante il suo intervento

Una delle allieve mentre legge in modo perfetto un testo

Le tante persone intervenute all'inaugurazione: un segno di gioia grande!


Lo "staff" delle suore Dorotee di Betlemme, Gerusalemme e della Giordania

Alcune insegnanti dell'Istituto



 

giovedì 24 maggio 2012

Festa ebraica di Shavu'òt


La festa di Shavu'òt, prescritta dalla Torà (Devarìm 16, 16), è una delle Sheloshà Regalìm, le feste che comportavano il pellegrinaggio a Yerushalayìm.
Shavu'òt significa "settimane" e si riferisce alle sette settimane trascorse dall'uscita dall'Egitto al dono della Torà. Diversi milioni di uomini, donne e bambini, furono testimoni della rivelazione di Dio. Il Midràsh insegna che le anime di tutte le generazioni, passate e future, erano presenti al Sinai. I saggi dicono che dobbiamo sempre vedere la Torà come se l'avessimo appena ricevuta: a Shavu'òt dobbiamo rinnovare l'impegno di studiarla e osservala.

E' chiamata anche Khag Habikkurìm, festa delle primizie, perché in questa stagione si raccoglievano le primizie portate poi a Yerushalayìm. La frutta migliore veniva scelta e posta in cesti festosamente decorati e portata in città dai proprietari, che erano accolti con canti e musiche, e successivamente veniva consumata dai proprietari e da tutti i poveri della città che accorrevano a festeggiare.
Shavu'òt è detta anche Zmàn Mattàn Toratènu, il tempo in cui ci è stata data la Torà.

Con le parole na'assè venishmà "faremo e ascolteremo", il popolo ebraico accettò di osservare i comandamenti di Dio anche prima di capirli, diventando così il simbolo della presenza di Hashèm nel mondo, esempio di comportamento etico e morale basato sulla legge di Dio.

La Torà è ben più di un libro sacro il cui contenuto va al di là delle conoscenze e della saggezza. La parola "Torà" deriva da una radice che significa "insegnare": la differenza tra insegnamento e saggezza è che la saggezza è una conoscenza astratta nella quale le conclusioni sono raggiunte per mezzo della ragione e pertanto soggette a revisioni. La Torà, invece offre una serie di leggi divine, una guida universale applicata in tremila anni da tutti gli ebrei.
La Torà è formata da due parti, quella scritta e quella orale, ed entrambe furono date a Moshè sul Sinai. La Torà orale spiega e chiarisce quella scritta ed è stata trasmessa di generazione in generazione fino alla sua compilazione finale, la Mishnà e la Ghemarà, che insieme formano il Talmùd. Attraverso il Talmùd una catena ininterrotta di tradizione connette gli studiosi di oggi con la rivelazione sul Sinai, e ci offre una guida per la vita di ogni giorno: ovunque e in ogni situazione la Torà scritta e orale ci forniscono un metro di misura per considerare le nostre azioni.

Shavu'òt si differenzia dalle altre Sheloshà Regalìm per la sua breve durata, solo un giorno e non una settimana, e per il fatto che non ha precetti. A prima vista sembrerebbe dunque una festa più "povera" rispetto 
alle altre. 

Il Rabbì di Lubavitch spiega che questa non è da considerarsi una mancanza ma una superiorità che essa ha sulle altre. Nelle altre feste, infatti, l'unione che abbiamo con Hashèm non è diretta, ma avviene tramite determinate azioni, come quelle legate alla matzà e alla sukkà. L'unione che si ha a Shavu'òt, invece, non ha bisogno di tramite perché in essa si rivela l'essenza che unisce Israel con Dio, che è al di sopra della divisione del tempo. Per questo dura un solo giorno e per questo non ha bisogno di precetti, perché quando l'ebreo riceve la Torà l'unione con Hashèm è immediata poiché Israel, la Torà e Hashèm sono legati profondamente. Riflettendo sull'importanza di questo giorno si può osservare che pur durando poco ci dà una carica spirituale molto elevata, e ricorda la missione di Israel che studia e insegna la parola di Dio al mondo intero.

Durante la festa di Shavu'òt si usa mangiare latticini: in alcune comunità solo un pasto, mentre in altre questo uso è esteso a tutto il periodo. Una delle molte spiegazioni di questo costume è che la Torà è tradizionalmente paragonata a tutto ciò che è dolce, e per questo è associata anche ai latticini, che hanno un gusto dolce. Si può anche aggiungere un'interpretazione legata al valore numerico della parola "latte" (khalàv) in ebraico che è di 40, come i giorni in cui Moshe è rimasto sul Sinai.

Durante tutta la prima notte di Shavu'òt si usa studiare testi della Torà scritta e orale, e in particolare le 613 mitzvòt.

I Dieci Comandamenti vengono letti il primo giorno, in sinagoga durante la preghiera della mattina (Shacharit). Tutti - uomini, donne, bambini e perfino neonati - devono essere presenti, come quando D-o diede la Tora.

Poiché Shavu'òt deve essere il cinquantesimo giorno da Pèssakh non si può fare qiddùsh prima dell'uscita delle stelle, altrimenti i cinquanta giorni non sarebbero completi.
La festa di Shavu'òt, come abbiamo detto, non ha particolari mitzvòt, perciò esporremo delle regole generali di Yom Tov.

I giorni festivi si differenziano dallo Shabbàt perché in essi si può cucinare e si può trasportare per accrescere la felicità della festa.

In ogni caso il fuoco deve essere acceso da un altro fuoco precedentemente acceso e non può essere spento durante la festa. Può però essere abbassato quando il tipo di cibo lo richiede, ma non per altri scopi. Il fuoco può essere spento da un non ebreo o facendogli versare sopra dell'acqua da una pentola in ebollizione.
Ogni giorno di Yom Tov si può cucinare solo per quel giorno stesso, a eccezione del Venerdì che, facendo un rito speciale chiamato `Erùv Tavshilìn, si può cucinare sia per Venerdì che per Shabbàt.