lunedì 6 maggio 2013

SCOPERTA


Scoperto sul Mar Rosso il più antico porto del mondo

Redazione Archaeogate, 17-04-2013

Un team franco-egiziano ha scoperto un antico porto egiziano a Wadi el-Jarf, 180 km a sud di Suez. Lo scalo risale a 4.500 anni fa, all'epoca del faraone della quarta dinastia che costruì la grande piramide di Giza. Gli scavi hanno portato in luce quello che il più vecchio papiro (foto) mai rinvenuto a oggi in Egitto

Il papiro, datato al 27mo anno del regno di Cheope (2595 a.C. - 2570 a.C.), contiene informazioni sul numero dei lavoratori impegnati nello scalo e preziose informazioni sulla vita quotidiana. Secondo le prime ipotesi degli archeologi il porto sarebbe servito come punto di approdo per trasferire il rame dal Sinai, alle valle del Nilo.

martedì 30 aprile 2013

RE DAVIDE E L'ITALIA


RE DAVIDE E’ PRESENTE ANCORA OGGI…

OMAGGIO AL NUOVO PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

ON. ENRICO LETTA

Dal Primo libro di Samuele 17,38-45

38Saul rivestì Davide della sua armatura, gli mise in capo un elmo di bronzo e lo rivestì della corazza. 39Poi Davide cinse la spada di lui sopra l’armatura e cercò invano di camminare, perché non aveva mai provato. Allora Davide disse a Saul: «Non posso camminare con tutto questo, perché non sono abituato». E Davide se ne liberò. 40Poi prese in mano il suo bastone, si scelse cinque ciottoli lisci dal torrente e li pose nella sua sacca da pastore, nella bisaccia; prese ancora in mano la fionda e si avvicinò al Filisteo.41Il Filisteo avanzava passo passo, avvicinandosi a Davide, mentre il suo scudiero lo precedeva. 42Il Filisteo scrutava Davide e, quando lo vide bene, ne ebbe disprezzo, perché era un ragazzo, fulvo di capelli e di bell’aspetto. 43Il Filisteo disse a Davide: «Sono io forse un cane, perché tu venga a me con un bastone?». E quel Filisteo maledisse Davide in nome dei suoi dèi. 44Poi il Filisteo disse a Davide: «Fatti avanti e darò le tue carni agli uccelli del cielo e alle bestie selvatiche». 45Davide rispose al Filisteo: «Tu vieni a me con la spada, con la lancia e con l’asta. Io vengo a te nel nome del Signore degli eserciti, Dio delle schiere d’Israele, che tu hai sfidato.

ECCO UNO STRALCIO FINALE DEL DISCORSO DI INSEDIAMENTO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO ON. ENRICO LETTA

“In questi giorni ho pensato al personaggio biblico di Davide.
Come lui, con lui, siamo nella valle di Elah, in attesa di affrontare Golia.
Nella valle delle nostre paure di fronte a sfide che appaiono gigantesche. Anche la sfida di metterci insieme per affrontarle. Come Davide in quella valle, dobbiamo spogliarci della spada e dell’armatura che in questi anni abbiamo indossato e che ora ci appesantirebbero.
Davide “prese in mano il suo bastone, si scelse cinque ciottoli lisci dal torrente e li pose nella sua sacca da pastore, nella bisaccia; prese in mano la fionda e si avvicinò a Golia”. Noi, dal “torrente” delle idee sulle quali ci siamo confrontati abbiamo scelto i nostri “ciottoli”, le nostre proposte di programma. La “fionda” l’abbiamo in mano insieme, governo e Parlamento. Ma di Davide ci servono il coraggio e la fiducia. Il coraggio di mettere da parte quella “prudenza politica” che spinge a evitare il confronto con le nostre paure, a rimanere nella valle e, se proprio decidiamo di muoverci, a farlo con indosso l’armatura. Il coraggio di affrontare la sfida liberandoci dell’armatura, forse lo abbiamo trovato. La fiducia è quella che chiediamo al Parlamento e agli italiani”.

lunedì 22 aprile 2013

L'AMICO ED ARCHEOLOGO DAN BAHAT. INTERVISTA SULLA BASILICA DEL S.SEPOLCRO


Il sepolcro di Gesù? Era proprio lì.

In questa intervista esclusiva, il famosissimo archeologo israeliano, Dan Bahat a Firenze per un incontro organizzato dalla Facoltà Teologica dell'Italia Centrale, sottolinea l'importanza della ricerca scientifica legata ai testi sacri: «Non si tratta di chiedere conferme all'archeologia, ma di lasciare che l'archeologia ci aiuti a comprendere la nostra comune storia. Molti luoghi a Gerusalemme testimoniano la presenza di Gesù», a partire dal Santo Sepolcro.

DI DILETTA RIGOLI

La Facoltà Teologica dell'Italia Centrale ha ospitato nei giorni scorsi l'archeologo israeliano Dan Bahat, all'interno del corso di Topografia di Gerusalemme che fa parte dell'offerta formativa della Facoltà.

Dan Bahat, oggi professore all'Università St. Michael di Toronto, ha scavato un po' dappertutto in Israele in qualità di archeologo ufficiale, per questo la sua conoscenza della terra della Bibbia è profonda. Questa eminente presenza è stata l'occasione per riflettere su archeologia e fede, ovvero su come le scoperte archeologiche possono restituirci una verità storica che illumini i fatti inerenti la nostra fede e per portare un po' di Gerusalemme a Firenze.

Due le occasioni per ascoltare il professore, la prima lunedì 26 marzo presso il Centro internazionale Studenti Giorgio La Pira, conferenza organizzata dalla Facoltà Teologica in collaborazione con Ida Zatelli (docente di lingua e letteratura ebraica all'Università di Firenze), l'amicizia Ebraico-Cristiana di Firenze e il Centro La Pira. La seconda a San Casciano, il giorno seguente, presso la sala teatro Everest dell'Acli. In entrambe le occasioni Bahat ha messo in luce sprazzi di vita di Gerusalemme all'epoca di Gesù.

Professor Bahat, lei ha dedicato la vita alla ricerca, crede che sia importante l'archeologia delle terre bibliche, e perché?

«Credo che la ricerca archeologica non sia mai fine a se stessa, specie quando è fatta in territori che coinvolgono la nostra fede. Io sono ebreo e quale ebreo non posso che riconoscere la grande importanza dell'indagine sulle radici della mia fede. Lo stesso vale per i cristiani. A Gerusalemme la fede s'interseca con la storia e senza alcuna paura e pregiudizio è dovere dello scienziato investigare e ricercare le verità che la scienza può restituirci. Non si tratta di chiedere conferme all'archeologia, ma di lasciare che l'archeologia ci aiuti a comprendere la nostra comune storia».

Lei è tra i pochi archeologi israeliani a sostenere l'autenticità del luogo dove oggi sorge la Basilica del Santo Sepolcro, quali sono gli elementi a favore di questa ipotesi?

«Sono tre gli argomenti che possiamo portare a favore dell'autenticità del luogo del Santo Sepolcro. Prima di tutto i vangeli ci dicono che la collina del Golgota, luogo della crocefissione, si trovava fuori dalle mura della città, per motivi di purità infatti gli ebrei non potevano crocefiggere all'interno; oggi però la Basilica del Santo Sepolcro è dentro le mura e questo elemento è in apparente contrasto con il dato evangelico. La risposta a questa obiezione è semplice: le mura a cui si riferiscono i Vangeli sono quelle costruite da Erode il cui percorso era molto diverso da quello attuale. La cinta muraria che noi vediamo oggi è stata costruita molto più tardi, da Solimano il Magnifico, e abbraccia una porzione di città che al tempo di Gesù rimaneva fuori, compreso il luogo della crocefissione».

E gli altri elementi?

«Il secondo argomento si basa sulla presenza di tombe ritrovate all'interno del perimetro della Basilica. I vangeli infatti ci dicono che Gesù fu sepolto in un giardino adiacente il luogo della crocefissione, questo giardino era adibito a sepolture, e ben sei grotte sepolcrali sono state ritrovate, alcune ancora visibili dietro l'edicola dell'Anastasi. La tomba di Gesù era fatta a kockh, che significa nicchia, ed era la forma tipica delle tombe di famiglie importanti. Questo ritrovamento ci fa dire con tutta probabilità che anche Gesù fu sepolto in quel luogo e in quel tipo di tomba. Il terzo argomento è forse il più interessante. Quando Adriano nel 135 costruì il tempio alla triade capitolina, Giove Minerva e Venere, lo fece proprio sul luogo del Sepolcro, come ci attesta Eusebio. Questa costruzione ci dice molte cose, la prima è che il luogo doveva comunque avere una importanza che perfino l'imperatore di Roma aveva riscontrato, la seconda che Adriano, per costruire il Tempio è costretto a fare un riempimento di terra e questo perché l'edificio sorgeva sopra una cava di pietra dismessa, esattamente come ci dicono i Vangeli. Ma ancora più importante, una prova quasi decisiva potremmo dire, ci viene dall'incisione ritrovata negli scavi che hanno portato alla luce le casematte costruite proprio da Adriano per sostenere il riempimento alla base del Tempio pagano. In una di queste casematte infatti troviamo incisa una nave e sotto ad essa la scritta Domine Ivimus che significa "oh Signore siamo arrivati". Il Signore (Domine) di cui si parla non può che essere Cristo, solo due volte infatti chi l'ha realizzata può aver avuto accesso alle pareti delle casematte, o al momento della costruzione del Tempio o al momento in cui Costantino ha costruito la Basilica cristiana ed ha per questo svuotato il riempimento di terra che ricopriva questa incisione. Tuttavia gli storici hanno riscontrato che la tipologia di nave raffigurata è tipica del secondo secolo, così è chiaro che può essere stata fatta solo all'epoca di Adriano. Il carattere nascosto del luogo ci dice che chi ha fatto questa incisione era probabilmente un soldato romano cristiano impiegato come operaio per costruire il tempio di Giove che ha voluto segretamente (a causa delle persecuzioni contro i cristiani) testimoniare la sua fede in quel luogo santo. La stessa frase è una parafrasi latina del Salmo 122: "Quale gioia quando mi dissero andremo alla casa del Signore. Già sono fermi i nostri piedi alle tue porte Gerusalemme"».

Dunque possiamo dire che la più antica testimonianza cristiana attestata dall'archeologia si trova esattamente sotto il Santo Sepolcro?

«Certamente. Questa incisione ci afferma con chiarezza l'autenticità del luogo, non solo, ci dice anche che la tradizione che lo ha identificato è antichissima e molto attendibile. Per il Santo Sepolcro possiamo dire che fonti scritte, archeologia e tradizione convergono nella stessa direzione».

Gerusalemme è il luogo in cui Gesù ha vissuto gran parte del suo ministero pubblico. Ci sono altri luoghi che lei ha studiato e che sono particolarmente rilevanti per il cristianesimo?

«Ci sono molti luoghi a Gerusalemme che testimoniano la presenza di Gesù prima e delle comunità cristiane poi. Un primo esempio, il più semplice: grazie agli studi archeologici abbiamo individuato la strada del primo secolo che dalla piscina di Siloe portava fino a Betesda, dove oggi si trova la chiesa di Sant'Anna. Sicuramente Gesù ha camminato su quella strada come ogni altro ebreo per recarsi al Tempio sulla spianata. Un altro esempio che posso portare è il luogo del processo di Gesù. Io credo che non fosse la fortezza Antonia, che si trovava nel cuore della città vecchia addossata al muro nord della spianata, ma che il processo si sia invece svolto nel palazzo dove precedentemente si trovava Erode, ovvero presso porta Jaffa, un luogo più sicuro, fortificato e dove Pilato risiedeva».

La spianata del Tempio, dove oggi sorge la Cupola della Roccia e la moschea di Al Aqsa è sicuramente un luogo sacro per gli ebrei, tant'è che il muro Occidentale, così detto del Pianto, si trova esattamente sotto. Perché secondo lei anche per i cristiani è importante visitarla?

«La spianata è il luogo più sacro per l'ebraismo, poiché vi sorgeva il Tempio con il Sancta Sanctorum, ma non bisogna scordaci mai che Gesù era ebreo e come ogni ebreo molte volte si è recato a pregare al Tempio. Molti episodi del Vangelo sono ambientati sulla Spianata, dal ritrovamento del giovane Gesù con i dottori, alla cacciata dei mercanti dal tempio. Tutti questi episodi sono sostenuti e contestualizzati dalle scoperte archeologiche, che nel primo caso hanno ritrovato il luogo esatto dove sedevano i dottori della legge e dove quindi anche Gesù ha conversato, e nel secondo ha identificato il luogo dove i cambiavalute facevano il loro mercato».

Una nuova lezione il 21 maggio. E da ottobre i corsi specialistici in teologia biblica
L'archeologo Dan Bahat sarà di nuovo a Firenze, per un'altra lezione aperta, il 21 maggio prossimo: tutte le notizie
per questa ed altre iniziative si potranno trovare, oltre che su Toscana Oggi, sul sito della Facoltà Teologica dell'Italia centrale www.teofir.it

La Facoltà partecipa anche quest'anno al progetto della Summer School di Gerusalemme, che prevede corsi estivi (in lingua italiana) di archeologia e geografia, oltre che di ebraico. Per le notizie www.corsiagerusalemme.org. Dal prossimo mese di ottobre saranno aperti anche i corsi specialistici della Facoltà Teologica in teologia biblica, che oltre che dagli studenti potranno essere seguiti anche da uditori qualificati.

UN DEGRADO INFINITO A POMPEI...TIRATI SU ITALIA!


POMPEI (NA), Il cane che sta peggio è «cave canem», il celebre mosaico quasi cancellato dall'incuria

Il cane che sta peggio a Pompei è proprio il povero «Cave canem», mosaico straconosciuto in tutto il mondo e che si trova all'ingresso della domus «del poeta tragico». Talmente famoso che persino Michele Santoro ne ha fatto il simbolo della sua trasmissione, «Servizio pubblico». Peccato però che come logo utilizzi una vecchia immagine, quando il «canem» era ancora in salute e sembrava, ancora minaccioso e bruno di pelo, tenere alla larga dalla casa i malintenzionati. Sembrava, perché purtroppo dagli Scavi più famosi del mondo gli speculatori e gli imbroglioni non sono mai stati lontano. Prova ne sono le inchieste recenti, gli arresti ed i crolli di importantissimi reperti archeologici.
Tanto che «Liberation» del 19 febbraio dedica allo scandalo Pompei due pagine con titoli molto duri: «Pompei, la storia finisce in rovina». E poi continua: «Le vestigia napoletane sono ridotte così per i lunghi anni di negligenza, corruzione e affarismo». E taglia corto: «Gestiti come un McDonald».
La sorte degli Scavi sta tanto a cuore ai francesi che domani «France 2» (la nostra Rai2) manderà una inviata con troupe al seguito per raccontare la storia dei randagi pubblicata ieri mattina dal Corriere del Mezzogiorno. Cioè: per censire 55 randagi e affidarne 26 in adozione sono stati spesi 102.963,23 euro, ai tempi dell'ex commissario Marcello Fiori. Quasi quattromila euro a cane se si calcolano solo quelli adottati.
«Cave canem» invece ebbe un po' di più: 8.904 euro. Ma solo perché la domus del poeta tragico era stata scelta come sede per la presentazione del progetto «Adotta un randagio degli Scavi». I soldi servivano per «un'opera di ripulitura - come annunciava lo stesso Fiori - degli ambienti interni». Oggi il mosaico più famoso al mondo è quasi illeggibile. Cancellate alcune lettere e più che una ripulitura ci vorrebbe un sostanziale restauro.
Il perché sia ridotto in questo stato lo spiega Antonio Irlando, responsabile dell'Osservatorio sul patrimonio culturale: «E' un simbolo di Pompei nel mondo e non può essere tenuto in quel modo: illeggibile, sporco e senza manutenzione. Il degrado è incalzante. Quando piove si ricopre d'acqua che si infiltra sotto le tessere che si indeboliscono e si staccano. E' possibile restaurarlo con una cifra modesta, molto inferiore ai 103 mila euro spesi per la lotta al randagismo negli Scavi a cui, quasi come una beffa, fu dato proprio il nome suggestivo del mosaico che ora quasi non si legge più».
 
I segni di un degrado infinito...
 

Fonte: Corriere del Mezzogiorno, 22 feb 2013

sabato 20 aprile 2013

SIRIA, MESOPOTAMIA, COLPITA CHIESA DEI FRATI CAPPUCCINI


Siria: in Mesopotamia distrutta la chiesa dei Francescani a Deir Ezzor


Una violenta esplosione ha raso al suolo la chiesa e il convento dei Frati francescani Cappuccini a Deir Ezzor, in Mesopotamia. L’informazione è giunta all'agenzia Fides da padre Tony Haddad, vice-provinciale dei Frati per il Medio-Oriente, che sovrintende alla presenza cappuccina in Libano e Siria. L’esplosione è avvenuta il 15 aprile. “Era l’unica chiesa a Deir Ezzor ancora rimasta quasi intatta finora”. Non è chiaro come sia stata distrutta. Secondo alcune ricostruzioni, nella chiesa era stata aperta una breccia e alcuni combattenti dell’opposizione vi si erano appostati. L’esercito regolare avrebbe allora colpito la chiesa, abbattendola. Altri parlano di una autobomba collocata accanto alla struttura. Padre Haddad commenta con grande amarezza “tutto questo odio e dissacrazione”. In quell’area – informa – “non ci sono più cristiani”. Nei mesi scorsi, data la situazione critica “i nostri due frati che risiedevano nel convento hanno lasciato Deir Ezzor con le suore di Madre Teresa e la decina di anziani che abitavano da noi. Erano gli ultimi cristiani rimasti. Ringrazio il Signore che i due frati sono sani e salvi. La chiesa di pietre si potrà ricostruire un giorno, quando una primavera di pace apparirà nel nostro Medio Oriente”, nota padre Haddad. Deir Ezzor è una città nell’Est della Siria, oltre l’Eufrate, tra Palmira e la frontiera irachena. “La nostra presenza lì risale agli anni '30 del secolo scorso, ma siamo in Medio Oriente da un tempo molto più lontano”, racconta padre Tony. “In quasi quattro secoli di storia, la nostra vice-provincia ha sofferto diverse distruzioni e persecuzioni, ma è sempre risorta, con Cristo Risorto”. Un’altra comunità di frati francescani cappuccini resta tuttora nel Sud della Siria, a Soueida – ancora tranquilla per il momento – dove abitano due frati. Secondo informazioni di attivisti dell’opposizione siriana, gli aerei dell’esercito avrebbero bombardato nei giorni scorsi due chiese ortodosse siriache a Deir Ezzor e le famiglie cristiane hanno lasciato la città per l'intensificarsi degli scontri tra l’esercito lealista e forze di opposizione. La chiesa ortodossa siriana afferma che le sue chiese sono state colpite in tutte le province, ad Harasta, Arbin, Zabadani, Deraa, Aleppo, a Damasco, Raqqa. (R.P.)

FONTE:
Http://it.radiovaticana.va/news/2013/04/19/siria:_in_mesopotamia_distrutta_la_chiesa_dei_francescani_a_deir_ezzor/it1-684398

venerdì 12 aprile 2013

A Gerusalemme, i resti di un bagno rituale ebraico in uso all'epoca del Secondo Tempio


Nel corso di scavi archeologici preventivi in vista della costruzione di una nuova strada nel quartiere Kiryat  Menachem di Gerusalemme, la Israel Antiquities Authority ha scoperto un antico mikvé (bagno rituale ebraico) risalente all'epoca del Secondo Tempio. Spiega Binyamin Storchen, direttore dello scavo, che negli ultimi anni sono stati rinvenuti parecchi mikvé, ma quello appena riportato alla luce presenta un’intricata struttura “insolita e particolare” per il passaggio dell’acqua, che comprende un complicato sistema di canali d’approvvigionamento che conducono al bagno. Significativamente più sofisticato dei mikvé successivi costruiti in modo molto più semplice, drenava l’acqua da un piccolo bacino artificiale costruito in un spazio chiuso adiacente.
A causa della siccità, durante il periodo del Secondo Tempio, l’epoca in cui si ritiene che il mikvé sia stato costruito, vennero adottare speciali tecniche di drenaggio per garantire l’utilizzo dell’acqua fino all'ultima goccia.
Quando questo mikvé cessò di essere usato, i canali d'acqua si riempirono di rifiuti mentre il sito veniva utilizzato come cava di pietra. Molto più tardi, nel XX secolo, fu scavata nel soffitto un’apertura circolare e l’antico mikvé venne usato come cisterna.

(Da: Jerusalem Post, 10.4.13)
Ecco qualche immagine fornite dall'Israel Antiquity Authority di Gerusalemme:
 


 
 
 

martedì 9 aprile 2013

CORSO DI LAUREA IN ARCHEOLOGIA SUBACQUEA

Una bella opportunità che viene offerta dal Consorzio UNO dell'Università di Oristano in Sardegna è il corso di laurea in archeologia subacquea.
Si può seguire comunque anche un altro curriculum. Iscriversi all'Università con una laurea/licenza in archeologia e ottenere i brevetti di immersione previsti secondo gli standard internazionali. E' un'opportunità che per me si è aperta in questi anni di studio a Gerusalemme e che ho scelto in quanto l'archeologia biblica è anche in parte archeologia subacquea. Tra gli ultimi impegni che sto portando avanti è lo studio del grande porto di Cesarea Marittima sul Mar Mediterraneo.
Poi, anche in questa prossima estate parteciperò alle lezioni di archeologia subacquea ad Ustica con la rivista Archeologia Viva e la Sovrintendenza del Mare di Palermo.
 
Circa il lavoro del sub e l'importante recupero dei "testimoni" guardate questo video:

 
 
BUONA VISIONE!


venerdì 5 aprile 2013

OTTIMA CONCLUSIONE DEL 38° CORSO DI AGGIORNAMENTO BIBLICO-TEOLOGICO ORGANIZZATO DALLO STUDIUM BIBLICUM FRANCISCANUM DI GERUSALEMME

Con questo magnifico giorno si è concluso il 38° corso di aggiornamento biblico-teologico dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme. Un'ampia partecipazione ha portato speranza e gioia ai vari conferenzieri ed al nostro carissimo Decano p. Massimo Pazzini. Per poter beneficiare degli interventi dei relatori, dei materiali messi a disposizione per le visite archeologiche si può accedere al sito internet dello Studium, ecco il link: http://www.sbf.custodia.org/default.asp?id=1174
 
La giornata odierna, guidata dal mio caro amico p. Oscar Mario e dal sottoscritto, ci ha visti impegnati con una bella escursione presso il deserto di Giuda ed il Mar Morto. In particolare abbiamo visitato En Gedi (la Engaddi biblica del Cantico dei Cantici) con l'antica sinagoga ed il Nahal David, il sito di Qumran e la meravigliosa visita di Wadi Qelt con il monastero di San Giorgio in Kosiba.
 
Emozioni uniche, viste straordinarie, raggi di sole che traversavano le nuvole e si specchiavano sulla superficie del Mar Morto, l'arcobaleno, il soffio sostenuto di un vento che "quasi ci portava a Pentecoste", il ritrovarsi "lungo la via" con alcuni amici di comunità che il giorno prima avevano percorso un itinerario nel deserto, la Parola di Dio che ci ha accompagnati e sostenuti nel cuore e nello Spirito, l'acqua viva che sgorga dalla "fonte del capretto"...sono solo alcune parole che poco riescono a narrare l'esperienza vissuta e partecipata dal più ottanta persone.
 
Tante ed uniche meravigliose immagini di un Dio Creatore e Signore che in questi giorni abbiamo meditato con l'aiuto delle scienze bibliche, dell'esegesi, dell'archeologia e della storia.
 
Come ha detto il nostro Decano, p. Massimo Pazzini, "...questo corso di aggiornamento è un dono dello Studium Biblicum per la Chiesa di Terra Santa e per chi è venuto dall'Europa e dall'estero...".
 
Ecco qualche immagine suggestiva di questi giorni:
 
Il gruppo all'escursione al completo
 
La foto presso la sorgente di Davide
 
4 aprile 2013 - visita al S.Sepolcro - p. Oscar ed io
 
p. Matteo Munari durante la sua relazione
 
2 aprile 2013 - la visita agli scavi del Monte del Tempio
 
Il nostro Decano, p. Massimo Pazzini
 
2 aprile 2013 - la salita degli scalini verso la porta Duplice
 
3 aprile 2013 - visita alla "porta degli Esseni" ed al monte Sion cristiano
 
 
 
 


martedì 2 aprile 2013

AL VIA IL 38° CORSO DI AGGIORNAMENTO BIBLICO-TEOLOGICO A GERUSALEMME

Giornata molto intensa di riflessione presso la Curia di S.Salvatore nel quartiere cristiano di Gerusalemme. Oggi è iniziato il 38° corso di aggiornamento biblico-teologico, organizzato dallo Studium Biblicum Franciscanum, sul documento del Papa emerito Benedetto XVI "La porta della fede".
Per quanto riguarda i materiali ed il programma basta cliccare su: http://www.sbf.custodia.org/default.asp?id=1174
 
Eccovi qualche foto della prima giornata.

 
La numerosa assemblea dei partecipanti al 38° corso di aggiornamento
 
 
L'assemblea riunitasi a S.Salvatore
 
 
Il prof. Niccacci durante la sua relazione. A fianco il decano prof. Pazzini
 


Il prof. Marcello Buscemi durante la sua relazione
 


lunedì 1 aprile 2013

E' RISORTO! NON E' QUI!

Pubblichiamo questo importante notiziario della Tv Svizzera. Due ospiti d'eccezione commentano la Basilica del Santo Sepolcro. Buona visione!
 


giovedì 28 marzo 2013

BUON E SANTA PASQUA 2013!


Gerusalemme, 19  marzo 2013—S.Giuseppe

 

Carissimi amici e amiche,

 

              scrivo questi auguri pasquali nel giorno della Solennità del “Custode del Redentore”, il carissimo Giuseppe, sposo di Maria, denominato il Giusto. Essendo il Custode di Colui che è venuto per salvarci, ci mostra la necessaria azione da operare gli uni per gli altri: custodirci. Quando, a Gerusalemme e in tutta la Terra del Santo parliamo di “custodire” noi pensiamo alla cura dei luoghi santi attraverso la promozione della preghiera e le liturgie, la vita pastorale delle comunità, la pulizia ed il decoro sia archeologico che storico, ma non dimentichiamo le “pietre vive” che ancora oggi testimoniano la presenza del Signore nelle sue membra, cioè in tutti quei cristiani che vivono qui nelle terre bibliche. E’ quindi importante un pensiero ed una preghiera per loro che sono meno del due per per cento! Tra questi meritano una menzione decisa i cristiani e le persone di buona volontà che vivono in Siria. Non possiamo quindi dimenticare sr. Rima, sorella Dorotea, che lo scorso 15 gennaio, a seguito di un missile lanciato in città ad Aleppo, non è più stata trovata, assieme ad altre centinaia di persone. Possa Giuseppe custodire tutte queste persone buone che costruiscono il regno del Signore!

Carissimi, desidero raggiungervi unendomi a voi idealmente con gli auguri per una serena Pasqua di Risurrezione.

Le donne il mattino di Pasqua ci mostrano con grande slancio il desiderio di ritrovare il Signore e, assieme ai discepoli, lo riconosceranno vivo e risorto. E’ un dono grande la fede in Gesù Risorto e spero, con tutto il cuore, che ognuno possa sperimentarne un piccolo segno in questa solennità di Pasqua. Magari vi sono tanti motivi di preoccupazione, pensieri e problemi che sovrastano il cammino di vita, persone da curare e persone lontane da raggiungere o che non si raggiungeranno più...il Signore però non abbandona nessuno, anzi dalle testimonianze evangeliche possiamo riconoscerlo come Colui che è venuto per portare luce: “Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo”. (Gv 12,46-47)

Sia per tutti e per ciascuno un tempo di luce e di speranza, promettendovi un ricordo nel mio cammino qui a Gerusalemme.


 don Gianantonio

 

giovedì 21 marzo 2013

Il CUSTODE DI TERRA SANTA INTERVISTATO SU RADIO VATICANA


L'unico museo al mondo sulle radici del Cristianesimo: sarà pronto a Gerusalemme nel 2015



Un grande museo in Terra Santa per custodirne l’eredità, conoscerne meglio la storia e vivere con più serenità anche il presente. Questo è il progetto all’origine del Terra Sancta Museum, un complesso espositivo permanente di oltre 2000 metri quadrati, composto di due sedi e articolato in tre Musei: archeologico, multimediale e storico. L'iniziativa richiama anche l'approfondimento presente sul nostro sito web dal titolo "Il Cammino di Pietro" che ripercorre la nascita del Cristianesimo in Terra Santa. Il complesso espositivo di Gerusalemme sarà pronto nel 2015 nel cuore della città vecchia e rappresenta una precisa volontà, come spiega il Custode di Terrasanta Padre Pierbattista Pizzaballa, promotore dell’iniziativa. Gabriella Ceraso lo ha intervistato:


R. – A Gerusalemme si possono trovare cenni della presenza cristiana, ma non c’è nessun luogo che ti parla in maniera sistematica, dall’origine fino ad oggi, della storia della presenza cristiana in Terra Santa, che invece è un aspetto importante. Quindi questo è il motivo di fondo. L’altro motivo è aiutare i pellegrini, innanzitutto, ma anche i residenti, a prendere coscienza della ricchezza di questa storia, di questa presenza attuale. Sarà accessibile a tutti: cristiani, ebrei e musulmani. Lo scopo è proprio quello di presentare in maniera positiva, senza polemica, la nostra storia, che è anche la storia di questo Paese, con il desiderio che diventi un luogo di incontro per tutti.

D. – Conoscere il passato serve anche a vivere il presente?

R. – E’ vero. Ci rendiamo subito conto che certi fenomeni non sono nuovi e magari ritornano su se stessi con modalità nuove, ma con dinamiche che sono simili. Conoscere la storia ci aiuta ad avere una percezione del presente più reale, concreta, e ci aiuta anche a guardarlo con un certo distacco.

D. – A progetto concluso ci saranno due sedi, il Convento della Flagellazione e il Convento di San Salvatore, con tre musei in tutto, ad iniziare da un museo archeologico proprio al Convento della Flagellazione, che si trova all’inizio della Via Dolorosa, che porta al Santo Sepolcro. Esattamente qui il visitatore cosa troverà?

R. – La storia del cristianesimo antico, com’era Gerusalemme al tempo di Gesù e quello che è stato trovato in quel periodo, su quei luoghi. Poi ci sarà sempre all’inizio della Via Dolorosa una parte audio-visuale, che consentirà di capire la storia della Via Dolorosa e soprattutto del Santo Sepolcro. La terza parte del Museo è infine a San Salvatore e ha un carattere più storico: vi si racconterà,dal periodo delle Crociate ad oggi, come ha funzionato la Custodia dei luoghi santi e lo sviluppo della comunità cristiana in quel periodo.

D. – In questo ambito quindi sottolineerete anche le vostre tre missioni: la custodia, l’accoglienza e la cura della comunità , di cui fa parte anche questa stessa attività, perché sarà anche un’offerta di lavoro...

R. – Noi abbiamo tantissime persone che lavorano insieme a noi. E’ importante creare occasioni di lavoro, ma anche lavoro qualificato. Un museo richiede competenze nuove, preparazioni, qualificazioni, qualcuno che sappia gestire questo ambiente di carattere culturale. Credo che sia un aspetto molto bello e molto importante.

D. – Nell’ottica della realtà storico-politico-sociale, che viviamo oggi, quale è il suo auspicio circa la presenza di questo complesso?

R. – Credo che sia importante, soprattutto in questo periodo di grandi divisioni, di tanti problemi, investire nella cultura, perché non abbiamo bisogno solo di pace, di giustizia, di pane e di lavoro, ma anche di senso delle cose che facciamo, del nostro stare qui, della nostra missione. E queste iniziative di carattere culturale alto, sono un faro in questo senso.

venerdì 15 marzo 2013

MAR ROSSO...MAR MORTO?


SCAVARE UN CANALE O RIPRISTINARE LA NATURA?
In settembre la Banca Mondiale ha preparato il suo rapporto sul progetto di un canale tra Mar Rosso e Mar Morto, con l'ausilio di dozzine, forse centinaia di esperti e i risultati di ricerche in tutto il mondo. La conclusione finale, pubblicata a gennaio, è che il progetto è fattibile dal punto di vista finanziario e ingegneristico.
L’idea di utilizzare la differenza di altitudine (circa 400 metri) tra il Mar Morto e il Mediterraneo o il Mar Rosso ha stimolato l’immaginazione di idrologi, esperti di produzione d’energia, ambientalisti, strateghi, visionari e politici sin dalla metà del XIX secolo. Tutti i vari piani prevedono di collegare il Mediterraneo e/o il Mar Rosso con il Mar Morto mediante canali, tunnel o acquedotti.
I tre più importanti progetti proposti erano il collegamento Nord Med-Mar Morto (attraverso: Baia di Haifa, Valle di Esdraelon, Bet Shean, fiume Giordano, Mar Morto), il collegamento Sud Med-Mar Morto (dal Mediterraneo a sud di Ashkelon sino al Mar Morto) e il collegamento dalla punta settentrionale del Mar Rosso al Mar Morto. Tra gli scopi previsti dalla sempre più ampia schiera di sognatori e sostenitori vi sono: la generazione di energia (Theodor Herzl scrisse su questo argomento già nel 1902 nel suo “Altneuland”), la desalinizzazione di acqua marina per risolvere la sempre crescente mancanza regionale di acqua e, più di recente, incoraggiare la cooperazione regionale e salvare il Mar Morto dal declino e dalla graduale scomparsa dovuta al prelievo di acque del fiume Giordano, a nord, da parte di Israele e Giordania, e alle conseguenze dell’utilizzazione per scopi commerciali delle materie prime che si trovano nel Mar Morto, di nuovo da Israele e Giordania.
Che io sappia, solo due volte uno di questi progetti ha raggiunto il punto di una possibile realizzazione. Il primo fu il progetto Mediterraneo-Mar Morto seriamente preso in considerazione dai due governi Begin e dal primo governo Shamir negli anni 1978-1985. Il secondo è il progetto attualmente proposto dalla Banca Mondiale.
Venni per la prima volta interessata al tema dal compianto Yigal Allon, col quale collaborai dal 1977 sino alla sua prematura scomparsa il 29 febbraio di 33 anni fa. Da membro dell’opposizione, egli fu uno dei più attivi sostenitori della realizzazione del progetto Sud Med-Mar Morto, del quale era venuto a conoscenza quando era stato ministro degli esteri nel primo governo Rabin. In effetti questo particolare progetto, chiamato “Il Canale dei mari”, arrivò così vicino alla realizzazione che nel febbraio 1982 la parlamentare Shoshana Arbeli-Almoslino, laburista, mise all'ordine del giorno della Knesset una mozione concernente l’integrazione nel progetto di compagnie di scavo israeliane per contribuire a risolvere il problema della disoccupazione, allora pressante. Alla fine il progetto decadde per mancanza di fattibilità economica, e perché le Nazioni Unite sollevarono obiezioni legate alla sua natura unilaterale e alla presunta violazione di leggi internazionali implicate dalla sua realizzazione.
L’attuale progetto della Banca Mondiale, inizialmente scaturito (prima che la Banca venisse coinvolta) all'indomani della firma del trattato di pace Giordania-Israele del 1994, coinvolge oggi Giordania, Israele e Autorità Palestinese, oltre a vari altri soggetti internazionali. Se pienamente realizzato, il progetto comporterebbe l’afflusso di acqua dal Mar Rosso al Mar Morto, 850 milioni di metri cubi della quale sarebbero desalinizzati e forniti alla Giordania dove la carenza di acqua potabile è un problema impellente. L’acqua salmastra creata come risultato della desalinizzazione verrebbe riversata nel Mar Morto e l’elettricità generata dalla caduta dell’acqua da 400 metri coprirebbe le necessità del progetto. Il costo del progetto è stimato in circa 10 miliardi di dollari che verrebbero garantiti da fonti commerciali e da finanziamento internazionale “soft” (per lo più della stessa Banca Mondiale).
Nei dibattiti sul progetto della Banca Mondiale durante le passate settimane sembra che, almeno in Israele, vi sia una crescente opposizione al progetto sia nei ministeri governativi direttamente interessati (ambiente, energia e acqua, cooperazione regionale), sia in circoli professionali, dovuta al timore che esso possa causare danni irreversibili all'ambiente, facendo diventare tra l’altro il Mar Morto di colore bianco a causa della creazione di grandi quantità di gesso nel mare, o rosso a causa dello sviluppo di alghe. Sempre maggiori consensi sembra raccogliere la posizione di chi dice che, pur non avendo Israele da obiettare a un piano-pilota di scala ridotta che dimostri le reali conseguenze geologiche e ambientali di un afflusso di acqua dal Mar Rosso al Mar Morto, la soluzione preferita è tuttavia quella di permettere all'acqua dolce originaria di fluire fino al Mar Morto facendo cessare la maggior parte delle deviazioni a monte dal Giordano verso Israele e Giordania (il che fra l’altro comporterebbe la chiusura dell’Acquedotto Nazionale, completato da Israele nel 1964), sostituendo l’acqua sottratta da questo intervento ai sistemi idrici israeliani e giordano con acqua desalinizzata dal Mediterraneo e dal Mar Rosso (Aqaba) e con acque reflue purificate ad alta qualità. Forse sarebbe anche possibile rilanciare il piano, discusso dalla metà degli anni ’80 fino ai primi del nuovo millennio, di far affluire acqua nella regione dalla Turchia con acquedotti o autocisterne.
Ripristinare il flusso di acqua dolce originario verso il Mar Morto anziché convogliare acqua del Mar Mediterraneo o del Mar Rosso non potrà restituire il Mar Morto al suo "antico splendore", ma certamente ne fermerebbe il deterioramento e permetterebbe alla natura di fare il suo corso senza l'intervento di uomini che cercano di giocare a fare Dio interferendo con le leggi della natura.
L'unico problema con questa proposta, che a mio parere è l'unica non destinata a finire in una catastrofe, è che il costo sarebbe esorbitante, e non è chiaro chi sarebbe disposto, o in grado, di finanziarlo. E non è nemmeno certo che, nella realtà politica attuale in Medio Oriente, possa essere generato e sostenuto dalle parti coinvolte un grado di cooperazione sufficiente per realizzarla.
La mia sensazione di pelle è che, in ultima analisi, non accadrà molto in questo campo nel futuro prevedibile, con il rischio che il Mar Morto continui a degradare.

(Da: Jerusalem Post, 3.3.13)

lunedì 4 marzo 2013

VICENZA. TERRA DI ARCHEOBIBBIA


L'EVENTO. Linfa dell'Ulivo, focus sulle terre sante nato tra Ufficio Pellegrinaggi e Festival Biblico, avrà 4 appuntamenti.
Il 16 e 17 marzo i pellegrinaggi; in aprile corso con i francescani di Gerusalemme; in giugno la fede di Gesù, in luglio un viaggio
Quattro gli incontri proposti all'interno del Festival Biblico 2013 da “Linfa dell'Ulivo”, il focus sulle Terre Bibliche nato in seno all'Ufficio Pellegrinaggi della Diocesi di Vicenza, presentato ieri a S. Corona e giunto alla seconda edizione. «Si tratta di approfondimenti che indagano soprattutto l'ambiente biblico nel suo aspetto ordinario: le coordinate storiche e geografiche, l'archeologia e il sottofondo culturale del Vicino oriente nel quale la Bibbia è nata. Chiunque fa cultura in maniera seria potrà partecipare con la certezza di trovare risposte alle sue domande» sono le parole di padre Massimo Pazzini, decano dello Studium Biblicum Francescanum e preside della facoltà di Scienze bibliche e archeologia di Gerusalemme, istituzione che all'iniziativa vicentina ha concesso il patrocinio. Don Raimondo Sinibaldi, responsabile dell'Ufficio Pellegrinaggi diocesano, entra nel dettaglio sottolineando che «il pellegrinaggio non è prendere un aereo, una visita e un ritorno, ma va preparato e vissuto in un contesto di “Terre Bibliche”, allo scopo di poter comprendere meglio la parola di Dio». Nel programma spiccano i nomi dei più grandi studiosi della Bibbia e dei luoghi sacri, dal già citato Pazzini a Frédéric Manns, da Dan Bahat a Rainer Riesner, dato il carattere internazionale della proposta culturale. Si parte il 16 e 17 marzo a Villalta di Gazzo Padovano con il convegno “Le vie di pellegrinaggio per Roma, Santiago e Gerusalemme nel Nord Est d'Italia”; un input impegnativo per un incontro che «intende rianimare la grande esperienza formativa, culturale e spirituale del pellegrinaggio e dare nuovo impulso a queste antiche vie nell'area del Nord Est d'Italia». Protagonista proprio la “nostra” via Postumia, sulle vie dei Templari che s'incrociavano a Sossano per poi proseguire verso Gerusalemme. Sarà la “Porta della Fede”, il tema del 38° corso di aggiornamento biblico teologico dello Studium Biblicum Franciscanum a Gerusalemme, in calendario dal 2 al 5 aprile; riflessioni sulla Fede alla luce della Lettera Apostolica “Porta Fidei” di Benedetto XVI. Accolto nel già importante panorama delle iniziative del Festival Biblico, è il “Focus sulle Terre Bibliche”, dal 6 all'8 giugno in Stradella dei Filippini. Saranno tre giornate «di ricerca e approfondimento sulla Parola che parte dalla storia e dalla geografia della Salvezza e si concretizza in testimonianze, percorsi, proposte, studi, scoperte archeologiche».. Si parlerà di fede, della fede di Gesù e soprattutto dei luoghi della fede di Gesù. Sarà invece il pellegrinaggio inteso come empatia con la natura, il fondamento del quarto incontro proposto nel 2013 da Linfa dell'Ulivo; un percorso che si snoderà proprio nei luoghi dove “tutto ebbe inizio” tra il 12 e il 19 luglio. “Gesù il Nazareno in Galilea. Il passaggio efficace di una Parola che si è fatta storia” è il titolo; il Monte Hermon, Magdala, Ein Harod e tanti altri saranno mete delle visite. Di certo, un'immersione in una dimensione affascinante di popoli, lingue, e religione. «Linfa dell'Ulivo è una finestra qualificata sulle terre bibliche - commenta don Ampelio Crema, presidente del Festival Biblico - Un importante momento di proposta ed elaborazione delle idee soprattutto all'interno del Festival: una manifestazione fortemente radicata nel territorio berico e veneto e che quest'anno usufruirà anche degli spazi della Basilica Palladiana».

Federico Murzio
da www.ilgiornaledivicenza.it


venerdì 1 marzo 2013

ANCORA GRAZIE BENEDETTO XVI!

 
Si! Ancora grazie caro Papa Benedetto XVI!
 
Anche da Gerusalemme si è levato e si leva questo segno di gratitudine e gioia per la tua scelta, difficile ma onesta, chiara e unica.
Ti abbracciamo dalla Città Santa e idealmente anche dal Lago di Galilea dove tutto è iniziato!
Il tuo essere pellegrino sprona anche noi a continuare con fede il pellegrinaggio terreno in vista della Gerusalemme Celeste che tutti attende.
 
Grazie caro Papa!



Riportiamo anche le parole conclusive del Papa a Castelgandolfo:

 
 
 
"Cari amici, sono felice di essere con voi, circondato dalla bellezza del Creato e dalla vostra simpatia che mi fa molto bene. Grazie per la vostra amicizia, il vostro affetto".

"Voi sapete che questo mio giorno è diverso da quelli precedenti: non sono più Sommo Pontefice della Chiesa cattolica: fino alle otto di sera lo sarà ancora, poi non più. Sono semplicemente un pellegrino che inizia l’ultima tappa del suo pellegrinaggio su questa terra. Ma vorrei ancora [applausi] … grazie! ... ma vorrei ancora con il mio cuore, con il mio amore, con la mia preghiera, con la mia riflessione, con tutte le mie forze interiori, lavorare per il bene comune e il bene della Chiesa e dell’umanità. E mi sento molto appoggiato dalla vostra simpatia. Andiamo avanti con il Signore per il bene della Chiesa e del mondo".

mercoledì 27 febbraio 2013

GRAZIE PAPA BENEDETTO XVI!

GRAZIE!
 
CARISSIMO PAPA!



Testo integrale dell'ultima udienza generale di Benedetto XVI


Pubblichiamo il testo integrale dell'ultima udienza generale di Benedetto XVI

Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato!
Distinte Autorità!
Cari fratelli e sorelle!

Vi ringrazio di essere venuti così numerosi a questa mia ultima Udienza generale.

Grazie di cuore! Sono veramente commosso! E vedo la Chiesa viva! E penso che dobbiamo anche dire un grazie al Creatore per il tempo bello che ci dona adesso ancora nell’inverno.

Come l’apostolo Paolo nel testo biblico che abbiamo ascoltato, anch’io sento nel mio cuore di dover soprattutto ringraziare Dio, che guida e fa crescere la Chiesa, che semina la sua Parola e così alimenta la fede nel suo Popolo. In questo momento il mio animo si allarga ed abbraccia tutta la Chiesa sparsa nel mondo; e rendo grazie a Dio per le «notizie» che in questi anni del ministero petrino ho potuto ricevere circa la fede nel Signore Gesù Cristo, e della carità che circola realmente nel Corpo della Chiesa e lo fa vivere nell’amore, e della speranza che ci apre e ci orienta verso la vita in pienezza, verso la patria del Cielo.

Sento di portare tutti nella preghiera, in un presente che è quello di Dio, dove raccolgo ogni incontro, ogni viaggio, ogni visita pastorale. Tutto e tutti raccolgo nella preghiera per affidarli al Signore: perché abbiamo piena conoscenza della sua volontà, con ogni sapienza e intelligenza spirituale, e perché possiamo comportarci in maniera degna di Lui, del suo amore, portando frutto in ogni opera buona (cfr Col 1,9-10).

In questo momento, c’è in me una grande fiducia, perché so, sappiamo tutti noi, che la Parola di verità del Vangelo è la forza della Chiesa, è la sua vita. Il Vangelo purifica e rinnova, porta frutto, dovunque la comunità dei credenti lo ascolta e accoglie la grazia di Dio nella verità e nella carità. Questa è la mia fiducia, questa è la mia gioia.

Quando, il 19 aprile di quasi otto anni fa, ho accettato di assumere il ministero petrino, ho avuto la ferma certezza che mi ha sempre accompagnato: questa certezza della vita della Chiesa dalla Parola di Dio. In quel momento, come ho già espresso più volte, le parole che sono risuonate nel mio cuore sono state: Signore, perché mi chiedi questo e che cosa mi chiedi? E’ un peso grande quello che mi poni sulle spalle, ma se Tu me lo chiedi, sulla tua parola getterò le reti, sicuro che Tu mi guiderai, anche con tutte le mie debolezze. E otto anni dopo posso dire che il Signore mi ha guidato, mi è stato vicino, ho potuto percepire quotidianamente la sua presenza. E’ stato un tratto di cammino della Chiesa che ha avuto momenti di gioia e di luce, ma anche momenti non facili; mi sono sentito come san Pietro con gli Apostoli nella barca sul lago di Galilea: il Signore ci ha donato tanti giorni di sole e di brezza leggera, giorni in cui la pesca è stata abbondante; vi sono stati anche momenti in cui le acque erano agitate ed il vento contrario, come in tutta la storia della Chiesa, e il Signore sembrava dormire. Ma ho sempre saputo che in quella barca c’è il Signore e ho sempre saputo che la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua. E il Signore non la lascia affondare; è Lui che la conduce, certamente anche attraverso gli uomini che ha scelto, perché così ha voluto. Questa è stata ed è una certezza, che nulla può offuscare. Ed è per questo che oggi il mio cuore è colmo di ringraziamento a Dio perché non ha fatto mai mancare a tutta la Chiesa e anche a me la sua consolazione, la sua luce, il suo amore.

Siamo nell’Anno della fede, che ho voluto per rafforzare proprio la nostra fede in Dio in un contesto che sembra metterlo sempre più in secondo piano. Vorrei invitare tutti a rinnovare la ferma fiducia nel Signore, ad affidarci come bambini nelle braccia di Dio, certi che quelle braccia ci sostengono sempre e sono ciò che ci permette di camminare ogni giorno, anche nella fatica. Vorrei che ognuno si sentisse amato da quel Dio che ha donato il suo Figlio per noi e che ci ha mostrato il suo amore senza confini. Vorrei che ognuno sentisse la gioia di essere cristiano. In una bella preghiera da recitarsi quotidianamente al mattino si dice: «Ti adoro, mio Dio, e ti amo con tutto il cuore. Ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano…». Sì, siamo contenti per il dono della fede; è il bene più prezioso, che nessuno ci può togliere! Ringraziamo il Signore di questo ogni giorno, con la preghiera e con una vita cristiana coerente. Dio ci ama, ma attende che anche noi lo amiamo!

Ma non è solamente Dio che voglio ringraziare in questo momento. Un Papa non è solo nella guida della barca di Pietro, anche se è la sua prima responsabilità. Io non mi sono mai sentito solo nel portare la gioia e il peso del ministero petrino; il Signore mi ha messo accanto tante persone che, con generosità e amore a Dio e alla Chiesa, mi hanno aiutato e mi sono state vicine. Anzitutto voi, cari Fratelli Cardinali: la vostra saggezza, i vostri consigli, la vostra amicizia sono stati per me preziosi; i miei Collaboratori, ad iniziare dal mio Segretario di Stato che mi ha accompagnato con fedeltà in questi anni; la Segreteria di Stato e l’intera Curia Romana, come pure tutti coloro che, nei vari settori, prestano il loro servizio alla Santa Sede: sono tanti volti che non emergono, rimangono nell’ombra, ma proprio nel silenzio, nella dedizione quotidiana, con spirito di fede e umiltà sono stati per me un sostegno sicuro e affidabile. Un pensiero speciale alla Chiesa di Roma, la mia Diocesi! Non posso dimenticare i Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato, le persone consacrate e l’intero Popolo di Dio: nelle visite pastorali, negli incontri, nelle udienze, nei viaggi, ho sempre percepito grande attenzione e profondo affetto; ma anch’io ho voluto bene a tutti e a ciascuno, senza distinzioni, con quella carità pastorale che è il cuore di ogni Pastore, soprattutto del Vescovo di Roma, del Successore dell’Apostolo Pietro. Ogni giorno ho portato ciascuno di voi nella preghiera, con il cuore di padre.

Vorrei che il mio saluto e il mio ringraziamento giungesse poi a tutti: il cuore di un Papa si allarga al mondo intero. E vorrei esprimere la mia gratitudine al Corpo diplomatico presso la Santa Sede, che rende presente la grande famiglia delle Nazioni. Qui penso anche a tutti coloro che lavorano per una buona comunicazione e che ringrazio per il loro importante servizio.

A questo punto vorrei ringraziare di vero cuore anche tutte le numerose persone in tutto il mondo, che nelle ultime settimane mi hanno inviato segni commoventi di attenzione, di amicizia e di preghiera. Sì, il Papa non è mai solo, ora lo sperimento ancora una volta in un modo così grande che tocca il cuore. Il Papa appartiene a tutti e tantissime persone si sentono molto vicine a lui. E’ vero che ricevo lettere dai grandi del mondo – dai Capi di Stato, dai Capi religiosi, dai rappresentanti del mondo della cultura eccetera. Ma ricevo anche moltissime lettere da persone semplici che mi scrivono semplicemente dal loro cuore e mi fanno sentire il loro affetto, che nasce dall’essere insieme con Cristo Gesù, nella Chiesa. Queste persone non mi scrivono come si scrive ad esempio ad un principe o ad un grande che non si conosce. Mi scrivono come fratelli e sorelle o come figli e figlie, con il senso di un legame familiare molto affettuoso. Qui si può toccare con mano che cosa sia Chiesa – non un’organizzazione, un’associazione per fini religiosi o umanitari, ma un corpo vivo, una comunione di fratelli e sorelle nel Corpo di Gesù Cristo, che ci unisce tutti. Sperimentare la Chiesa in questo modo e poter quasi toccare con le mani la forza della sua verità e del suo amore, è motivo di gioia, in un tempo in cui tanti parlano del suo declino. Ma vediamo come la Chiesa è viva oggi!

In questi ultimi mesi, ho sentito che le mie forze erano diminuite, e ho chiesto a Dio con insistenza, nella preghiera, di illuminarmi con la sua luce per farmi prendere la decisione più giusta non per il mio bene, ma per il bene della Chiesa. Ho fatto questo passo nella piena consapevolezza della sua gravità e anche novità, ma con una profonda serenità d’animo. Amare la Chiesa significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi.

Qui permettetemi di tornare ancora una volta al 19 aprile 2005. La gravità della decisione è stata proprio anche nel fatto che da quel momento in poi ero impegnato sempre e per sempre dal Signore. Sempre – chi assume il ministero petrino non ha più alcuna privacy. Appartiene sempre e totalmente a tutti, a tutta la Chiesa. Alla sua vita viene, per così dire, totalmente tolta la dimensione privata. Ho potuto sperimentare, e lo sperimento precisamente ora, che uno riceve la vita proprio quando la dona. Prima ho detto che molte persone che amano il Signore amano anche il Successore di san Pietro e sono affezionate a lui; che il Papa ha veramente fratelli e sorelle, figli e figlie in tutto il mondo, e che si sente al sicuro nell’abbraccio della vostra comunione; perché non appartiene più a se stesso, appartiene a tutti e tutti appartengono a lui.

Il “sempre” è anche un “per sempre” - non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo. Non ritorno alla vita privata, a una vita di viaggi, incontri, ricevimenti, conferenze eccetera. Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso. Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro. San Benedetto, il cui nome porto da Papa, mi sarà di grande esempio in questo. Egli ci ha mostrato la via per una vita, che, attiva o passiva, appartiene totalmente all’opera di Dio.

Ringrazio tutti e ciascuno anche per il rispetto e la comprensione con cui avete accolto questa decisione così importante. Io continuerò ad accompagnare il cammino della Chiesa con la preghiera e la riflessione, con quella dedizione al Signore e alla sua Sposa che ho cercato di vivere fino ad ora ogni giorno e che vorrei vivere sempre. Vi chiedo di ricordarmi davanti a Dio, e soprattutto di pregare per i Cardinali, chiamati ad un compito così rilevante, e per il nuovo Successore dell’Apostolo Pietro: il Signore lo accompagni con la luce e la forza del suo Spirito.

Invochiamo la materna intercessione della Vergine Maria Madre di Dio e della Chiesa perché accompagni ciascuno di noi e l’intera comunità ecclesiale; a Lei ci affidiamo, con profonda fiducia.

Cari amici! Dio guida la sua Chiesa, la sorregge sempre anche e soprattutto nei momenti difficili. Non perdiamo mai questa visione di fede, che è l’unica vera visione del cammino della Chiesa e del mondo. Nel nostro cuore, nel cuore di ciascuno di voi, ci sia sempre la gioiosa certezza che il Signore ci è accanto, non ci abbandona, ci è vicino e ci avvolge con il suo amore. Grazie!