venerdì 5 aprile 2013

OTTIMA CONCLUSIONE DEL 38° CORSO DI AGGIORNAMENTO BIBLICO-TEOLOGICO ORGANIZZATO DALLO STUDIUM BIBLICUM FRANCISCANUM DI GERUSALEMME

Con questo magnifico giorno si è concluso il 38° corso di aggiornamento biblico-teologico dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme. Un'ampia partecipazione ha portato speranza e gioia ai vari conferenzieri ed al nostro carissimo Decano p. Massimo Pazzini. Per poter beneficiare degli interventi dei relatori, dei materiali messi a disposizione per le visite archeologiche si può accedere al sito internet dello Studium, ecco il link: http://www.sbf.custodia.org/default.asp?id=1174
 
La giornata odierna, guidata dal mio caro amico p. Oscar Mario e dal sottoscritto, ci ha visti impegnati con una bella escursione presso il deserto di Giuda ed il Mar Morto. In particolare abbiamo visitato En Gedi (la Engaddi biblica del Cantico dei Cantici) con l'antica sinagoga ed il Nahal David, il sito di Qumran e la meravigliosa visita di Wadi Qelt con il monastero di San Giorgio in Kosiba.
 
Emozioni uniche, viste straordinarie, raggi di sole che traversavano le nuvole e si specchiavano sulla superficie del Mar Morto, l'arcobaleno, il soffio sostenuto di un vento che "quasi ci portava a Pentecoste", il ritrovarsi "lungo la via" con alcuni amici di comunità che il giorno prima avevano percorso un itinerario nel deserto, la Parola di Dio che ci ha accompagnati e sostenuti nel cuore e nello Spirito, l'acqua viva che sgorga dalla "fonte del capretto"...sono solo alcune parole che poco riescono a narrare l'esperienza vissuta e partecipata dal più ottanta persone.
 
Tante ed uniche meravigliose immagini di un Dio Creatore e Signore che in questi giorni abbiamo meditato con l'aiuto delle scienze bibliche, dell'esegesi, dell'archeologia e della storia.
 
Come ha detto il nostro Decano, p. Massimo Pazzini, "...questo corso di aggiornamento è un dono dello Studium Biblicum per la Chiesa di Terra Santa e per chi è venuto dall'Europa e dall'estero...".
 
Ecco qualche immagine suggestiva di questi giorni:
 
Il gruppo all'escursione al completo
 
La foto presso la sorgente di Davide
 
4 aprile 2013 - visita al S.Sepolcro - p. Oscar ed io
 
p. Matteo Munari durante la sua relazione
 
2 aprile 2013 - la visita agli scavi del Monte del Tempio
 
Il nostro Decano, p. Massimo Pazzini
 
2 aprile 2013 - la salita degli scalini verso la porta Duplice
 
3 aprile 2013 - visita alla "porta degli Esseni" ed al monte Sion cristiano
 
 
 
 


martedì 2 aprile 2013

AL VIA IL 38° CORSO DI AGGIORNAMENTO BIBLICO-TEOLOGICO A GERUSALEMME

Giornata molto intensa di riflessione presso la Curia di S.Salvatore nel quartiere cristiano di Gerusalemme. Oggi è iniziato il 38° corso di aggiornamento biblico-teologico, organizzato dallo Studium Biblicum Franciscanum, sul documento del Papa emerito Benedetto XVI "La porta della fede".
Per quanto riguarda i materiali ed il programma basta cliccare su: http://www.sbf.custodia.org/default.asp?id=1174
 
Eccovi qualche foto della prima giornata.

 
La numerosa assemblea dei partecipanti al 38° corso di aggiornamento
 
 
L'assemblea riunitasi a S.Salvatore
 
 
Il prof. Niccacci durante la sua relazione. A fianco il decano prof. Pazzini
 


Il prof. Marcello Buscemi durante la sua relazione
 


lunedì 1 aprile 2013

E' RISORTO! NON E' QUI!

Pubblichiamo questo importante notiziario della Tv Svizzera. Due ospiti d'eccezione commentano la Basilica del Santo Sepolcro. Buona visione!
 


giovedì 28 marzo 2013

BUON E SANTA PASQUA 2013!


Gerusalemme, 19  marzo 2013—S.Giuseppe

 

Carissimi amici e amiche,

 

              scrivo questi auguri pasquali nel giorno della Solennità del “Custode del Redentore”, il carissimo Giuseppe, sposo di Maria, denominato il Giusto. Essendo il Custode di Colui che è venuto per salvarci, ci mostra la necessaria azione da operare gli uni per gli altri: custodirci. Quando, a Gerusalemme e in tutta la Terra del Santo parliamo di “custodire” noi pensiamo alla cura dei luoghi santi attraverso la promozione della preghiera e le liturgie, la vita pastorale delle comunità, la pulizia ed il decoro sia archeologico che storico, ma non dimentichiamo le “pietre vive” che ancora oggi testimoniano la presenza del Signore nelle sue membra, cioè in tutti quei cristiani che vivono qui nelle terre bibliche. E’ quindi importante un pensiero ed una preghiera per loro che sono meno del due per per cento! Tra questi meritano una menzione decisa i cristiani e le persone di buona volontà che vivono in Siria. Non possiamo quindi dimenticare sr. Rima, sorella Dorotea, che lo scorso 15 gennaio, a seguito di un missile lanciato in città ad Aleppo, non è più stata trovata, assieme ad altre centinaia di persone. Possa Giuseppe custodire tutte queste persone buone che costruiscono il regno del Signore!

Carissimi, desidero raggiungervi unendomi a voi idealmente con gli auguri per una serena Pasqua di Risurrezione.

Le donne il mattino di Pasqua ci mostrano con grande slancio il desiderio di ritrovare il Signore e, assieme ai discepoli, lo riconosceranno vivo e risorto. E’ un dono grande la fede in Gesù Risorto e spero, con tutto il cuore, che ognuno possa sperimentarne un piccolo segno in questa solennità di Pasqua. Magari vi sono tanti motivi di preoccupazione, pensieri e problemi che sovrastano il cammino di vita, persone da curare e persone lontane da raggiungere o che non si raggiungeranno più...il Signore però non abbandona nessuno, anzi dalle testimonianze evangeliche possiamo riconoscerlo come Colui che è venuto per portare luce: “Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo”. (Gv 12,46-47)

Sia per tutti e per ciascuno un tempo di luce e di speranza, promettendovi un ricordo nel mio cammino qui a Gerusalemme.


 don Gianantonio

 

giovedì 21 marzo 2013

Il CUSTODE DI TERRA SANTA INTERVISTATO SU RADIO VATICANA


L'unico museo al mondo sulle radici del Cristianesimo: sarà pronto a Gerusalemme nel 2015



Un grande museo in Terra Santa per custodirne l’eredità, conoscerne meglio la storia e vivere con più serenità anche il presente. Questo è il progetto all’origine del Terra Sancta Museum, un complesso espositivo permanente di oltre 2000 metri quadrati, composto di due sedi e articolato in tre Musei: archeologico, multimediale e storico. L'iniziativa richiama anche l'approfondimento presente sul nostro sito web dal titolo "Il Cammino di Pietro" che ripercorre la nascita del Cristianesimo in Terra Santa. Il complesso espositivo di Gerusalemme sarà pronto nel 2015 nel cuore della città vecchia e rappresenta una precisa volontà, come spiega il Custode di Terrasanta Padre Pierbattista Pizzaballa, promotore dell’iniziativa. Gabriella Ceraso lo ha intervistato:


R. – A Gerusalemme si possono trovare cenni della presenza cristiana, ma non c’è nessun luogo che ti parla in maniera sistematica, dall’origine fino ad oggi, della storia della presenza cristiana in Terra Santa, che invece è un aspetto importante. Quindi questo è il motivo di fondo. L’altro motivo è aiutare i pellegrini, innanzitutto, ma anche i residenti, a prendere coscienza della ricchezza di questa storia, di questa presenza attuale. Sarà accessibile a tutti: cristiani, ebrei e musulmani. Lo scopo è proprio quello di presentare in maniera positiva, senza polemica, la nostra storia, che è anche la storia di questo Paese, con il desiderio che diventi un luogo di incontro per tutti.

D. – Conoscere il passato serve anche a vivere il presente?

R. – E’ vero. Ci rendiamo subito conto che certi fenomeni non sono nuovi e magari ritornano su se stessi con modalità nuove, ma con dinamiche che sono simili. Conoscere la storia ci aiuta ad avere una percezione del presente più reale, concreta, e ci aiuta anche a guardarlo con un certo distacco.

D. – A progetto concluso ci saranno due sedi, il Convento della Flagellazione e il Convento di San Salvatore, con tre musei in tutto, ad iniziare da un museo archeologico proprio al Convento della Flagellazione, che si trova all’inizio della Via Dolorosa, che porta al Santo Sepolcro. Esattamente qui il visitatore cosa troverà?

R. – La storia del cristianesimo antico, com’era Gerusalemme al tempo di Gesù e quello che è stato trovato in quel periodo, su quei luoghi. Poi ci sarà sempre all’inizio della Via Dolorosa una parte audio-visuale, che consentirà di capire la storia della Via Dolorosa e soprattutto del Santo Sepolcro. La terza parte del Museo è infine a San Salvatore e ha un carattere più storico: vi si racconterà,dal periodo delle Crociate ad oggi, come ha funzionato la Custodia dei luoghi santi e lo sviluppo della comunità cristiana in quel periodo.

D. – In questo ambito quindi sottolineerete anche le vostre tre missioni: la custodia, l’accoglienza e la cura della comunità , di cui fa parte anche questa stessa attività, perché sarà anche un’offerta di lavoro...

R. – Noi abbiamo tantissime persone che lavorano insieme a noi. E’ importante creare occasioni di lavoro, ma anche lavoro qualificato. Un museo richiede competenze nuove, preparazioni, qualificazioni, qualcuno che sappia gestire questo ambiente di carattere culturale. Credo che sia un aspetto molto bello e molto importante.

D. – Nell’ottica della realtà storico-politico-sociale, che viviamo oggi, quale è il suo auspicio circa la presenza di questo complesso?

R. – Credo che sia importante, soprattutto in questo periodo di grandi divisioni, di tanti problemi, investire nella cultura, perché non abbiamo bisogno solo di pace, di giustizia, di pane e di lavoro, ma anche di senso delle cose che facciamo, del nostro stare qui, della nostra missione. E queste iniziative di carattere culturale alto, sono un faro in questo senso.

venerdì 15 marzo 2013

MAR ROSSO...MAR MORTO?


SCAVARE UN CANALE O RIPRISTINARE LA NATURA?
In settembre la Banca Mondiale ha preparato il suo rapporto sul progetto di un canale tra Mar Rosso e Mar Morto, con l'ausilio di dozzine, forse centinaia di esperti e i risultati di ricerche in tutto il mondo. La conclusione finale, pubblicata a gennaio, è che il progetto è fattibile dal punto di vista finanziario e ingegneristico.
L’idea di utilizzare la differenza di altitudine (circa 400 metri) tra il Mar Morto e il Mediterraneo o il Mar Rosso ha stimolato l’immaginazione di idrologi, esperti di produzione d’energia, ambientalisti, strateghi, visionari e politici sin dalla metà del XIX secolo. Tutti i vari piani prevedono di collegare il Mediterraneo e/o il Mar Rosso con il Mar Morto mediante canali, tunnel o acquedotti.
I tre più importanti progetti proposti erano il collegamento Nord Med-Mar Morto (attraverso: Baia di Haifa, Valle di Esdraelon, Bet Shean, fiume Giordano, Mar Morto), il collegamento Sud Med-Mar Morto (dal Mediterraneo a sud di Ashkelon sino al Mar Morto) e il collegamento dalla punta settentrionale del Mar Rosso al Mar Morto. Tra gli scopi previsti dalla sempre più ampia schiera di sognatori e sostenitori vi sono: la generazione di energia (Theodor Herzl scrisse su questo argomento già nel 1902 nel suo “Altneuland”), la desalinizzazione di acqua marina per risolvere la sempre crescente mancanza regionale di acqua e, più di recente, incoraggiare la cooperazione regionale e salvare il Mar Morto dal declino e dalla graduale scomparsa dovuta al prelievo di acque del fiume Giordano, a nord, da parte di Israele e Giordania, e alle conseguenze dell’utilizzazione per scopi commerciali delle materie prime che si trovano nel Mar Morto, di nuovo da Israele e Giordania.
Che io sappia, solo due volte uno di questi progetti ha raggiunto il punto di una possibile realizzazione. Il primo fu il progetto Mediterraneo-Mar Morto seriamente preso in considerazione dai due governi Begin e dal primo governo Shamir negli anni 1978-1985. Il secondo è il progetto attualmente proposto dalla Banca Mondiale.
Venni per la prima volta interessata al tema dal compianto Yigal Allon, col quale collaborai dal 1977 sino alla sua prematura scomparsa il 29 febbraio di 33 anni fa. Da membro dell’opposizione, egli fu uno dei più attivi sostenitori della realizzazione del progetto Sud Med-Mar Morto, del quale era venuto a conoscenza quando era stato ministro degli esteri nel primo governo Rabin. In effetti questo particolare progetto, chiamato “Il Canale dei mari”, arrivò così vicino alla realizzazione che nel febbraio 1982 la parlamentare Shoshana Arbeli-Almoslino, laburista, mise all'ordine del giorno della Knesset una mozione concernente l’integrazione nel progetto di compagnie di scavo israeliane per contribuire a risolvere il problema della disoccupazione, allora pressante. Alla fine il progetto decadde per mancanza di fattibilità economica, e perché le Nazioni Unite sollevarono obiezioni legate alla sua natura unilaterale e alla presunta violazione di leggi internazionali implicate dalla sua realizzazione.
L’attuale progetto della Banca Mondiale, inizialmente scaturito (prima che la Banca venisse coinvolta) all'indomani della firma del trattato di pace Giordania-Israele del 1994, coinvolge oggi Giordania, Israele e Autorità Palestinese, oltre a vari altri soggetti internazionali. Se pienamente realizzato, il progetto comporterebbe l’afflusso di acqua dal Mar Rosso al Mar Morto, 850 milioni di metri cubi della quale sarebbero desalinizzati e forniti alla Giordania dove la carenza di acqua potabile è un problema impellente. L’acqua salmastra creata come risultato della desalinizzazione verrebbe riversata nel Mar Morto e l’elettricità generata dalla caduta dell’acqua da 400 metri coprirebbe le necessità del progetto. Il costo del progetto è stimato in circa 10 miliardi di dollari che verrebbero garantiti da fonti commerciali e da finanziamento internazionale “soft” (per lo più della stessa Banca Mondiale).
Nei dibattiti sul progetto della Banca Mondiale durante le passate settimane sembra che, almeno in Israele, vi sia una crescente opposizione al progetto sia nei ministeri governativi direttamente interessati (ambiente, energia e acqua, cooperazione regionale), sia in circoli professionali, dovuta al timore che esso possa causare danni irreversibili all'ambiente, facendo diventare tra l’altro il Mar Morto di colore bianco a causa della creazione di grandi quantità di gesso nel mare, o rosso a causa dello sviluppo di alghe. Sempre maggiori consensi sembra raccogliere la posizione di chi dice che, pur non avendo Israele da obiettare a un piano-pilota di scala ridotta che dimostri le reali conseguenze geologiche e ambientali di un afflusso di acqua dal Mar Rosso al Mar Morto, la soluzione preferita è tuttavia quella di permettere all'acqua dolce originaria di fluire fino al Mar Morto facendo cessare la maggior parte delle deviazioni a monte dal Giordano verso Israele e Giordania (il che fra l’altro comporterebbe la chiusura dell’Acquedotto Nazionale, completato da Israele nel 1964), sostituendo l’acqua sottratta da questo intervento ai sistemi idrici israeliani e giordano con acqua desalinizzata dal Mediterraneo e dal Mar Rosso (Aqaba) e con acque reflue purificate ad alta qualità. Forse sarebbe anche possibile rilanciare il piano, discusso dalla metà degli anni ’80 fino ai primi del nuovo millennio, di far affluire acqua nella regione dalla Turchia con acquedotti o autocisterne.
Ripristinare il flusso di acqua dolce originario verso il Mar Morto anziché convogliare acqua del Mar Mediterraneo o del Mar Rosso non potrà restituire il Mar Morto al suo "antico splendore", ma certamente ne fermerebbe il deterioramento e permetterebbe alla natura di fare il suo corso senza l'intervento di uomini che cercano di giocare a fare Dio interferendo con le leggi della natura.
L'unico problema con questa proposta, che a mio parere è l'unica non destinata a finire in una catastrofe, è che il costo sarebbe esorbitante, e non è chiaro chi sarebbe disposto, o in grado, di finanziarlo. E non è nemmeno certo che, nella realtà politica attuale in Medio Oriente, possa essere generato e sostenuto dalle parti coinvolte un grado di cooperazione sufficiente per realizzarla.
La mia sensazione di pelle è che, in ultima analisi, non accadrà molto in questo campo nel futuro prevedibile, con il rischio che il Mar Morto continui a degradare.

(Da: Jerusalem Post, 3.3.13)

lunedì 4 marzo 2013

VICENZA. TERRA DI ARCHEOBIBBIA


L'EVENTO. Linfa dell'Ulivo, focus sulle terre sante nato tra Ufficio Pellegrinaggi e Festival Biblico, avrà 4 appuntamenti.
Il 16 e 17 marzo i pellegrinaggi; in aprile corso con i francescani di Gerusalemme; in giugno la fede di Gesù, in luglio un viaggio
Quattro gli incontri proposti all'interno del Festival Biblico 2013 da “Linfa dell'Ulivo”, il focus sulle Terre Bibliche nato in seno all'Ufficio Pellegrinaggi della Diocesi di Vicenza, presentato ieri a S. Corona e giunto alla seconda edizione. «Si tratta di approfondimenti che indagano soprattutto l'ambiente biblico nel suo aspetto ordinario: le coordinate storiche e geografiche, l'archeologia e il sottofondo culturale del Vicino oriente nel quale la Bibbia è nata. Chiunque fa cultura in maniera seria potrà partecipare con la certezza di trovare risposte alle sue domande» sono le parole di padre Massimo Pazzini, decano dello Studium Biblicum Francescanum e preside della facoltà di Scienze bibliche e archeologia di Gerusalemme, istituzione che all'iniziativa vicentina ha concesso il patrocinio. Don Raimondo Sinibaldi, responsabile dell'Ufficio Pellegrinaggi diocesano, entra nel dettaglio sottolineando che «il pellegrinaggio non è prendere un aereo, una visita e un ritorno, ma va preparato e vissuto in un contesto di “Terre Bibliche”, allo scopo di poter comprendere meglio la parola di Dio». Nel programma spiccano i nomi dei più grandi studiosi della Bibbia e dei luoghi sacri, dal già citato Pazzini a Frédéric Manns, da Dan Bahat a Rainer Riesner, dato il carattere internazionale della proposta culturale. Si parte il 16 e 17 marzo a Villalta di Gazzo Padovano con il convegno “Le vie di pellegrinaggio per Roma, Santiago e Gerusalemme nel Nord Est d'Italia”; un input impegnativo per un incontro che «intende rianimare la grande esperienza formativa, culturale e spirituale del pellegrinaggio e dare nuovo impulso a queste antiche vie nell'area del Nord Est d'Italia». Protagonista proprio la “nostra” via Postumia, sulle vie dei Templari che s'incrociavano a Sossano per poi proseguire verso Gerusalemme. Sarà la “Porta della Fede”, il tema del 38° corso di aggiornamento biblico teologico dello Studium Biblicum Franciscanum a Gerusalemme, in calendario dal 2 al 5 aprile; riflessioni sulla Fede alla luce della Lettera Apostolica “Porta Fidei” di Benedetto XVI. Accolto nel già importante panorama delle iniziative del Festival Biblico, è il “Focus sulle Terre Bibliche”, dal 6 all'8 giugno in Stradella dei Filippini. Saranno tre giornate «di ricerca e approfondimento sulla Parola che parte dalla storia e dalla geografia della Salvezza e si concretizza in testimonianze, percorsi, proposte, studi, scoperte archeologiche».. Si parlerà di fede, della fede di Gesù e soprattutto dei luoghi della fede di Gesù. Sarà invece il pellegrinaggio inteso come empatia con la natura, il fondamento del quarto incontro proposto nel 2013 da Linfa dell'Ulivo; un percorso che si snoderà proprio nei luoghi dove “tutto ebbe inizio” tra il 12 e il 19 luglio. “Gesù il Nazareno in Galilea. Il passaggio efficace di una Parola che si è fatta storia” è il titolo; il Monte Hermon, Magdala, Ein Harod e tanti altri saranno mete delle visite. Di certo, un'immersione in una dimensione affascinante di popoli, lingue, e religione. «Linfa dell'Ulivo è una finestra qualificata sulle terre bibliche - commenta don Ampelio Crema, presidente del Festival Biblico - Un importante momento di proposta ed elaborazione delle idee soprattutto all'interno del Festival: una manifestazione fortemente radicata nel territorio berico e veneto e che quest'anno usufruirà anche degli spazi della Basilica Palladiana».

Federico Murzio
da www.ilgiornaledivicenza.it


venerdì 1 marzo 2013

ANCORA GRAZIE BENEDETTO XVI!

 
Si! Ancora grazie caro Papa Benedetto XVI!
 
Anche da Gerusalemme si è levato e si leva questo segno di gratitudine e gioia per la tua scelta, difficile ma onesta, chiara e unica.
Ti abbracciamo dalla Città Santa e idealmente anche dal Lago di Galilea dove tutto è iniziato!
Il tuo essere pellegrino sprona anche noi a continuare con fede il pellegrinaggio terreno in vista della Gerusalemme Celeste che tutti attende.
 
Grazie caro Papa!



Riportiamo anche le parole conclusive del Papa a Castelgandolfo:

 
 
 
"Cari amici, sono felice di essere con voi, circondato dalla bellezza del Creato e dalla vostra simpatia che mi fa molto bene. Grazie per la vostra amicizia, il vostro affetto".

"Voi sapete che questo mio giorno è diverso da quelli precedenti: non sono più Sommo Pontefice della Chiesa cattolica: fino alle otto di sera lo sarà ancora, poi non più. Sono semplicemente un pellegrino che inizia l’ultima tappa del suo pellegrinaggio su questa terra. Ma vorrei ancora [applausi] … grazie! ... ma vorrei ancora con il mio cuore, con il mio amore, con la mia preghiera, con la mia riflessione, con tutte le mie forze interiori, lavorare per il bene comune e il bene della Chiesa e dell’umanità. E mi sento molto appoggiato dalla vostra simpatia. Andiamo avanti con il Signore per il bene della Chiesa e del mondo".

mercoledì 27 febbraio 2013

GRAZIE PAPA BENEDETTO XVI!

GRAZIE!
 
CARISSIMO PAPA!



Testo integrale dell'ultima udienza generale di Benedetto XVI


Pubblichiamo il testo integrale dell'ultima udienza generale di Benedetto XVI

Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato!
Distinte Autorità!
Cari fratelli e sorelle!

Vi ringrazio di essere venuti così numerosi a questa mia ultima Udienza generale.

Grazie di cuore! Sono veramente commosso! E vedo la Chiesa viva! E penso che dobbiamo anche dire un grazie al Creatore per il tempo bello che ci dona adesso ancora nell’inverno.

Come l’apostolo Paolo nel testo biblico che abbiamo ascoltato, anch’io sento nel mio cuore di dover soprattutto ringraziare Dio, che guida e fa crescere la Chiesa, che semina la sua Parola e così alimenta la fede nel suo Popolo. In questo momento il mio animo si allarga ed abbraccia tutta la Chiesa sparsa nel mondo; e rendo grazie a Dio per le «notizie» che in questi anni del ministero petrino ho potuto ricevere circa la fede nel Signore Gesù Cristo, e della carità che circola realmente nel Corpo della Chiesa e lo fa vivere nell’amore, e della speranza che ci apre e ci orienta verso la vita in pienezza, verso la patria del Cielo.

Sento di portare tutti nella preghiera, in un presente che è quello di Dio, dove raccolgo ogni incontro, ogni viaggio, ogni visita pastorale. Tutto e tutti raccolgo nella preghiera per affidarli al Signore: perché abbiamo piena conoscenza della sua volontà, con ogni sapienza e intelligenza spirituale, e perché possiamo comportarci in maniera degna di Lui, del suo amore, portando frutto in ogni opera buona (cfr Col 1,9-10).

In questo momento, c’è in me una grande fiducia, perché so, sappiamo tutti noi, che la Parola di verità del Vangelo è la forza della Chiesa, è la sua vita. Il Vangelo purifica e rinnova, porta frutto, dovunque la comunità dei credenti lo ascolta e accoglie la grazia di Dio nella verità e nella carità. Questa è la mia fiducia, questa è la mia gioia.

Quando, il 19 aprile di quasi otto anni fa, ho accettato di assumere il ministero petrino, ho avuto la ferma certezza che mi ha sempre accompagnato: questa certezza della vita della Chiesa dalla Parola di Dio. In quel momento, come ho già espresso più volte, le parole che sono risuonate nel mio cuore sono state: Signore, perché mi chiedi questo e che cosa mi chiedi? E’ un peso grande quello che mi poni sulle spalle, ma se Tu me lo chiedi, sulla tua parola getterò le reti, sicuro che Tu mi guiderai, anche con tutte le mie debolezze. E otto anni dopo posso dire che il Signore mi ha guidato, mi è stato vicino, ho potuto percepire quotidianamente la sua presenza. E’ stato un tratto di cammino della Chiesa che ha avuto momenti di gioia e di luce, ma anche momenti non facili; mi sono sentito come san Pietro con gli Apostoli nella barca sul lago di Galilea: il Signore ci ha donato tanti giorni di sole e di brezza leggera, giorni in cui la pesca è stata abbondante; vi sono stati anche momenti in cui le acque erano agitate ed il vento contrario, come in tutta la storia della Chiesa, e il Signore sembrava dormire. Ma ho sempre saputo che in quella barca c’è il Signore e ho sempre saputo che la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua. E il Signore non la lascia affondare; è Lui che la conduce, certamente anche attraverso gli uomini che ha scelto, perché così ha voluto. Questa è stata ed è una certezza, che nulla può offuscare. Ed è per questo che oggi il mio cuore è colmo di ringraziamento a Dio perché non ha fatto mai mancare a tutta la Chiesa e anche a me la sua consolazione, la sua luce, il suo amore.

Siamo nell’Anno della fede, che ho voluto per rafforzare proprio la nostra fede in Dio in un contesto che sembra metterlo sempre più in secondo piano. Vorrei invitare tutti a rinnovare la ferma fiducia nel Signore, ad affidarci come bambini nelle braccia di Dio, certi che quelle braccia ci sostengono sempre e sono ciò che ci permette di camminare ogni giorno, anche nella fatica. Vorrei che ognuno si sentisse amato da quel Dio che ha donato il suo Figlio per noi e che ci ha mostrato il suo amore senza confini. Vorrei che ognuno sentisse la gioia di essere cristiano. In una bella preghiera da recitarsi quotidianamente al mattino si dice: «Ti adoro, mio Dio, e ti amo con tutto il cuore. Ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano…». Sì, siamo contenti per il dono della fede; è il bene più prezioso, che nessuno ci può togliere! Ringraziamo il Signore di questo ogni giorno, con la preghiera e con una vita cristiana coerente. Dio ci ama, ma attende che anche noi lo amiamo!

Ma non è solamente Dio che voglio ringraziare in questo momento. Un Papa non è solo nella guida della barca di Pietro, anche se è la sua prima responsabilità. Io non mi sono mai sentito solo nel portare la gioia e il peso del ministero petrino; il Signore mi ha messo accanto tante persone che, con generosità e amore a Dio e alla Chiesa, mi hanno aiutato e mi sono state vicine. Anzitutto voi, cari Fratelli Cardinali: la vostra saggezza, i vostri consigli, la vostra amicizia sono stati per me preziosi; i miei Collaboratori, ad iniziare dal mio Segretario di Stato che mi ha accompagnato con fedeltà in questi anni; la Segreteria di Stato e l’intera Curia Romana, come pure tutti coloro che, nei vari settori, prestano il loro servizio alla Santa Sede: sono tanti volti che non emergono, rimangono nell’ombra, ma proprio nel silenzio, nella dedizione quotidiana, con spirito di fede e umiltà sono stati per me un sostegno sicuro e affidabile. Un pensiero speciale alla Chiesa di Roma, la mia Diocesi! Non posso dimenticare i Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato, le persone consacrate e l’intero Popolo di Dio: nelle visite pastorali, negli incontri, nelle udienze, nei viaggi, ho sempre percepito grande attenzione e profondo affetto; ma anch’io ho voluto bene a tutti e a ciascuno, senza distinzioni, con quella carità pastorale che è il cuore di ogni Pastore, soprattutto del Vescovo di Roma, del Successore dell’Apostolo Pietro. Ogni giorno ho portato ciascuno di voi nella preghiera, con il cuore di padre.

Vorrei che il mio saluto e il mio ringraziamento giungesse poi a tutti: il cuore di un Papa si allarga al mondo intero. E vorrei esprimere la mia gratitudine al Corpo diplomatico presso la Santa Sede, che rende presente la grande famiglia delle Nazioni. Qui penso anche a tutti coloro che lavorano per una buona comunicazione e che ringrazio per il loro importante servizio.

A questo punto vorrei ringraziare di vero cuore anche tutte le numerose persone in tutto il mondo, che nelle ultime settimane mi hanno inviato segni commoventi di attenzione, di amicizia e di preghiera. Sì, il Papa non è mai solo, ora lo sperimento ancora una volta in un modo così grande che tocca il cuore. Il Papa appartiene a tutti e tantissime persone si sentono molto vicine a lui. E’ vero che ricevo lettere dai grandi del mondo – dai Capi di Stato, dai Capi religiosi, dai rappresentanti del mondo della cultura eccetera. Ma ricevo anche moltissime lettere da persone semplici che mi scrivono semplicemente dal loro cuore e mi fanno sentire il loro affetto, che nasce dall’essere insieme con Cristo Gesù, nella Chiesa. Queste persone non mi scrivono come si scrive ad esempio ad un principe o ad un grande che non si conosce. Mi scrivono come fratelli e sorelle o come figli e figlie, con il senso di un legame familiare molto affettuoso. Qui si può toccare con mano che cosa sia Chiesa – non un’organizzazione, un’associazione per fini religiosi o umanitari, ma un corpo vivo, una comunione di fratelli e sorelle nel Corpo di Gesù Cristo, che ci unisce tutti. Sperimentare la Chiesa in questo modo e poter quasi toccare con le mani la forza della sua verità e del suo amore, è motivo di gioia, in un tempo in cui tanti parlano del suo declino. Ma vediamo come la Chiesa è viva oggi!

In questi ultimi mesi, ho sentito che le mie forze erano diminuite, e ho chiesto a Dio con insistenza, nella preghiera, di illuminarmi con la sua luce per farmi prendere la decisione più giusta non per il mio bene, ma per il bene della Chiesa. Ho fatto questo passo nella piena consapevolezza della sua gravità e anche novità, ma con una profonda serenità d’animo. Amare la Chiesa significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi.

Qui permettetemi di tornare ancora una volta al 19 aprile 2005. La gravità della decisione è stata proprio anche nel fatto che da quel momento in poi ero impegnato sempre e per sempre dal Signore. Sempre – chi assume il ministero petrino non ha più alcuna privacy. Appartiene sempre e totalmente a tutti, a tutta la Chiesa. Alla sua vita viene, per così dire, totalmente tolta la dimensione privata. Ho potuto sperimentare, e lo sperimento precisamente ora, che uno riceve la vita proprio quando la dona. Prima ho detto che molte persone che amano il Signore amano anche il Successore di san Pietro e sono affezionate a lui; che il Papa ha veramente fratelli e sorelle, figli e figlie in tutto il mondo, e che si sente al sicuro nell’abbraccio della vostra comunione; perché non appartiene più a se stesso, appartiene a tutti e tutti appartengono a lui.

Il “sempre” è anche un “per sempre” - non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo. Non ritorno alla vita privata, a una vita di viaggi, incontri, ricevimenti, conferenze eccetera. Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso. Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro. San Benedetto, il cui nome porto da Papa, mi sarà di grande esempio in questo. Egli ci ha mostrato la via per una vita, che, attiva o passiva, appartiene totalmente all’opera di Dio.

Ringrazio tutti e ciascuno anche per il rispetto e la comprensione con cui avete accolto questa decisione così importante. Io continuerò ad accompagnare il cammino della Chiesa con la preghiera e la riflessione, con quella dedizione al Signore e alla sua Sposa che ho cercato di vivere fino ad ora ogni giorno e che vorrei vivere sempre. Vi chiedo di ricordarmi davanti a Dio, e soprattutto di pregare per i Cardinali, chiamati ad un compito così rilevante, e per il nuovo Successore dell’Apostolo Pietro: il Signore lo accompagni con la luce e la forza del suo Spirito.

Invochiamo la materna intercessione della Vergine Maria Madre di Dio e della Chiesa perché accompagni ciascuno di noi e l’intera comunità ecclesiale; a Lei ci affidiamo, con profonda fiducia.

Cari amici! Dio guida la sua Chiesa, la sorregge sempre anche e soprattutto nei momenti difficili. Non perdiamo mai questa visione di fede, che è l’unica vera visione del cammino della Chiesa e del mondo. Nel nostro cuore, nel cuore di ciascuno di voi, ci sia sempre la gioiosa certezza che il Signore ci è accanto, non ci abbandona, ci è vicino e ci avvolge con il suo amore. Grazie!


 


venerdì 22 febbraio 2013

ERODE IL GRANDE. MOSTRA A GERUSALEMME.


Erode il grande. L'ultimo viaggio del re, Museo di Israele, Gerusalemme, dal 13 febbraio al 5 ottobre 2013
 

La mostra

Il Museo d'Israele allestisce in anteprima mondiale una mostra sulla vita e l'eredità di Erode il Grande, uno dei personaggi più influenti e controversi della storia romana ed ebraica.
La mostra Erode il Grande.L'ultimo viaggio del Re, aperta al pubblico dal 13 febbraio al 5 ottobre 2013, esporrà circa 250 reperti rinvenuti nel corso degli scavi archeologici condotti sul sito della tomba recentemente scoperta all'Herodion, nel palazzo erodiano a Gerico e in altri scavi. Questi ritrovamenti mettono in luce l'influenza politica, architettonica e artistica esercitata dal regno di Erode (dall'anno 37 all'anno 4 a.c.). Tra gli oggetti esposti, tutti accuratamente restaurati in vista della mostra al Museo d'Israele: tre sarcofagi estratti dalla tomba di Erode, affreschi restaurati dell'Herodion, la vasca privata del Re nella fortezza di Cipro, frammenti di pietra intagliata venuti recentemente alla luce sul monte del Tempio, in mostra per la prima volta, ed una vasca in marmo presumibilmente offerta ad Erode dall'imperatore Augusto.

Considerato il "massimo costruttore della Palestina Romana" il re Erode è stato stigmatizzato per le sue dubbie origini etniche e religiose, le sue controverse alleanze politiche e, in particolare, per l' uccisione della moglie e dei suoi tre figli, oltre che per l'erronea attribuzione dei Vangeli per la "Strage degli Innocenti" a Betlemme. La mostra Erode il Grande.L'ultimo viaggio del Re si propone di ridefinire il giudizio dei visitatori su questo personaggio dell'antichità romana, attraverso l'architettura monumentale da lui promossa e gli oggetti artistici di cui si circondò. La mostra mira a presentare i notevoli progetti edilizi di Erode, le complesse relazioni diplomatiche con gli imperatori e la nobiltà romana, così come il suggestivo corteo funebre che accompagnò le sue spoglie da Gerico al mausoleo che si era lui stesso eretto all'Herodion. La ricostruzione impressionante del mausoleo dove Erode fu sepolto costituisce la maggiore attrazione di questa mostra.

Nel 2007, a seguito di una quarantina di anni di scavi, Ehud Netzer, il celebre e compianto docente di archeologia dell'Università Ebraica di Gerusalemme, rinvenne la tomba di Erode nel sito dell'Herodion, sul bordo del deserto di Giudea. Il sito comprendeva un palazzo fortificato, arricchito di giardini, piscine, terme decorate e un teatro, dove un palco era riservato al sovrano. Alla fine dei suoi anni, Erode rivide tutto l'impianto architettonico per preparare il percorso del suo corteo funebre verso la sua ultima dimora, e a questo fine eresse un superbo mausoleo orientato verso Gerusalemme. La mostra è dedicata alla memoria del compianto professor Netzer che trovò la morte, nel 2010, proprio sul luogo della sua capitale scoperta.

"Il professor Ehud Netzer, con la scoperta della tomba di Erode, ha coronato gli scavi intrapresi nel sito dell'Herodion nel 2007. Gli importanti reperti riportati alla luce dagli archeologi che hanno lavorato nel sito in questi ultimi cinque anni hanno accresciuto la nostra riconoscenza per le grandi scoperte del prof. Netzer, contribuendo ad arricchire la nostra comprensione di Erode, del suo regno e del suo ruolo nella storia della regione". - dichiara James S.Snyder, direttore del Museo - Siamo fieri del restauro completo della tomba effettuato dall'équipe dei conservatori del Museo e raggianti di emozione di presentare per la prima volta al pubblico questi resti impressionanti in occasione di una mostra che fa luce su un periodo cruciale della storia della Terra di Israele.»

Erode il Grande.L'ultimo viaggio del Re, si articola in un percorso, accuratamente tracciato da Erode stesso, del suo corteo funebre, dalla sala del trono nel suo palazzo d'inverno, passando per Gerusalemme, per giungere al suo monumentale mausoleo all'Herodion. I temi essenziali toccati in questa mostra riguardano l'influenza esercitata da Erode sul paesaggio architettonico della Terra di Israele (la Palestina romana), le sue complesse relazioni con l'Impero romano, la sua morte, la sua sepoltura.

Erode, il grande costruttore

Erode, re di Giudea, è diventato celebre per i suoi immensi progetti edilizi che richiesero enormi risorse e trasformarono radicalmente il paesaggio della Palestina romana. Oltre alla più celebre delle sue opere - il rinnovo e la riedificazione del Tempio di Gerusalemme. Erode fece ugualmente costruire palazzi, fortezze, edifici pubblici, templi pagani e ville in cui tradizioni edilizie e materiali locali si fondevano con i metodi di costruzione e lo stile romano del tempo. Le innumerevoli attività del personaggio in materia edilizia sono illustrate in questa esposizione da elementi architettonici e resti archeologici scoperti nei diversi siti erodiani, tra cui Gerusalemme, Gerico, Cipro, l'Herodion.

Relazioni Internazionali

L'ascesa al potere di Erode è strettamente legata allo sviluppo dell'Impero romano della cui cultura era un profondo ammiratore. Inizialmente amico e alleato di Marc'Antonio, dopo la sconfitta di questi, Erode non esitò a tradirlo per entrare nelle grazie di Augusto, il primo imperatore romano.
Per dargli prova della propria dedizione, gli dedicò templi e città, rendendo omaggio anche ad altre personalità romane del tempo, in particolare Agrippa, sotto forma di sostegno finanziario, militare e politico. Il rapporto speciale che ebbe con Roma è illustrato dalla presenza dei ritratti di Augusto e della sua sposa Livia, del generale e uomo di Stato Marco Agrippa e dagli oggetti di lusso dell'epoca augustea importati da Roma in Palestina, così come dai resti erodiani importati o realizzati da artisti romani.

L'ultimo viaggio da Gerico all'Herodion

Il corteo funebre del re Erode nel 4 a.E.V. partì dal sontuoso palazzo d'inverno di Gerico, per concludersi nella fortezza e nel palazzo dell'Herodion, dove il suo corpo fu sepolto nel mausoleo orientato verso Gerusalemme. L'ultimo viaggio del re viene presentato con ricostruzioni di elementi architettonici provenienti da Gerico e dall'Herodion, in particolare la sala decorata del trono del palazzo reale di Gerico e la volta del mausoleo dove fu sepolto.

La mostra Erode il Grande.L'ultimo viaggio del Re, è allestita al Museo di Israele e curata da David Mevorah, curatore del periodo ellenistico-romano-bizantino nel dipartimento di Archeologia, e dalla Dr. Silvia Rozenberg, curatrice principale di archeologia classica.
L'esposizione si avvale di un catalogo completo di 250 pagine edito dal Museo d'Israele, la prima pubblicazione dedicata alla sepoltura e ai resti degli scavi dell'Herodion. Questo catalogo comprende articoli sulla vita di Erode e sulla sua eredità architettonica, alcuni dei quali scritti dal Prof.Netzer, prima della sua scomparsa nel 2010, oltre a altri contributi di eminenti esperti dell'epoca erodiana.

Il Museo di Israele, Gerusalemme

Il Museo di Israele, la più grande istituzione culturale del paese, occupa un posto di rilievo tra i principali musei d'arte e archeologici del mondo.
Fondato nel 1965, conserva collezioni enciclopediche che variano dalla preistoria all'arte contemporanea. Possiede il più gran numero al mondo di resti dell'archeologia biblica e della Terra Santa, fra cui i Manoscritti del Mar Morto. Grazie alle donazioni ricevute e al sostegno generoso dell'eccezionale cerchia internazionale dei suoi benefattori e mecenati, il Museo vanta una collezione di 500.000 oggetti che rappresentano l'intera gamma della cultura materiale dei cinque continenti. Nel 2010 il Museo ha completato un progetto di rinnovamento globale del campus, diretto dalla James Carpenter Design Associates di Nuew York e dalla Efrat-Kowalsky Architects di Tel Aviv, un progetto che ha visto la creazione di nuovi spazi espositivi, la riorganizzazione delle strutture e degli spazi pubblici, nonché un completo riallestimento delle sue collezioni enciclopediche nelle rinnovate gallerie.
Il Museo d'Israele organizza attività in due altri siti museali di Gerusalemme: il Museo Archeologico Rockfeller, eretto nel 1938, dove sono esposti i resti archeologici portati alla luce nella Terra di Israele; e la Casa Ticho, un edificio storico, circondato da un bel giardino, che accoglie mostre di artisti israeliani contemporanei.
Località della manifestazione
Gerusalemme, Museo di Israele
 Articolo da: www.archeogate.it

martedì 5 febbraio 2013

I SUMERI E LA VITA QUOTIDIANA



 
Gli archeologi della Sapienza, tornati in Iraq per la seconda campagna di scavo nel sito di Abu Tbeirah, vicino a Nasiriya, hanno riportato alla luce molti reperti che per la prima volta documentano la vita quotidiana del mondo sumerico e che attestano sorprendenti analogie con pratiche ancora correntemente in uso presso gli abitanti della zona.
Il periodo indagato è quello dell’avvento in Mesopotamia della prima dinastia a vocazione imperiale nota nella storia dell’umanità, fondata dal sovrano Sargon e incentrata sulla sua capitale Akkad: siamo all’incirca tra il 2400 e il 2200 a.C, un’epoca a tutt’oggi poco nota.
“Reperti che raccontino la vita del tempo erano praticamente inesistenti, - spiega l’assirologo della Sapienza Franco D’Agostino, che dirige la Missione – “per il semplice fatto che le campagne di scavo che ci hanno preceduto risalivano agli anni ’60, quando i sistemi di datazione e le tecnologie applicate alla ricerca archeologica erano di tutt’altra precisione rispetto a oggi”.
Una delle sorprese più interessanti dal punto di vista archeologico è rappresentata dal rinvenimento di una stuoia di 4200 anni fa, ancora perfettamente conservata: risultano miracolosamente ancora visibili sia la trama delle canne intrecciate che i fori praticati per ospitare i pali che reggevano la copertura, molto probabilmente anch’essa fatta di canne. Il metodo per realizzare la stuoia è lo stesso usato oggi nelle Marshlands, cioè le paludi a sud dell’Iraq, dove le stuoie vengono utilizzate sia come copertura, sia come pavimentazione all’interno dei Mudhif, le case costruite con fasci di canne. Un altro reperto di notevole interesse è un piatto all’interno del quale erano ancora perfettamente visibili le lische del pesce che vi era stato mangiato: ancora oggi le grandi carpe dei due fiumi, Tigri ed Eufrate, vengono cotte alla stessa maniera come il ritrovamento sta a dimostrare.
I rilevamenti satellitari hanno evidenziato un’altura artificiale, accentuato rispetto al pianoro circostante, esteso per circa 43 ettari che lascia intuire come il sito ospitasse una città – tutta ancora da identificare – attraversata da canali e dotata di porti fluviali; è stato poi individuato sempre grazie al satellite il muro perimetrale di un grande edificio nella parte sud-est dell’area, dove sono stati portati alla luce i reperti principali, comprese delle sepolture assai significative per i ricchi corredi funerari. In particolare in una tomba sono stati portati alla luce due individui, uno dei quali completamente disarticolato e posto sui piedi del primo (foto 7-9): gli accertamenti condotti dell’antropologo fisico in staff alla Missione, Mary Ann Tafuri, hanno stabilito una chiara parentela tra i due inumati, che presentavano entrambi una malformazione genetica: una vera e propria tomba di famiglia.
L’attività della Missione è finanziata grazie ai fondi che la Sapienza destina ai Grandi Scavi di Ateneo. Allo stesso modo il Ministero degli Affari Esteri ha voluto sottolineare l’importanza di questa iniziativa archeologico-culturale attribuendo fondi per l’attività di scavo mediante il settore culturale, e finanziando, con fondi della Cooperazione allo Sviluppo, attraverso l’Ambasciata d’Italia a Baghdad, una serie di corsi finalizzati alla formazione di personale nel settore dell’archeologia destinati alle nuove generazioni dell’Iraq.
Info:
Franco D’Agostino, Istituto di Studi orientali
T (+39) 064456644 M (+39) 3280342377
e-mail: franco.dagostino@gmail.com


E l'articolo apparso sul Corriere della Sera:

http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/13_febbraio_04/iraq-mesopotamia-sumeri-missione-archeologia-la-sapienza_9341eca2-6ed0-11e2-8e9f-4060dbd697f2.shtml


Uno schema per capire la vita quotidiana dei Sumeri
 



Alcune immagini dei lavori di ricerca sul campo


 
 

 

lunedì 4 febbraio 2013

23° esame fatto!

Cari amici ed amiche,
con il 23° esame sostenuto stamane ho concluso la sessione invernale di esami.
La materia in questione è stata la "lettera agli Ebrei".
Ecco la sintesi.

La lettera agli Ebrei, sebbene apprezzata fin dall’antichità per lo stile forbito e la caratteristica cristologia che la distingue fra gli scritti neotestamentari, oggi è spesso lasciata da parte per le difficoltà che presenta per le inusuali categorie cultuali e il continuo riferimento all’Antico Testamento. Ci proponiamo di far apprezzare questo scritto neotestamentario, presentandone l’idea fondamentale: Gesù, Figlio di Dio solidale con gli uomini con i quali condivide “carne e sangue”, condivide con loro la sofferenza, che è offerta a Dio come sacrificio una volta per sempre. Cristo, unico e vero sacerdote, nei cieli continua a intercedere per i suoi che ancora vivono nella prova.

giovedì 31 gennaio 2013

GIOVANNI BOSCO: un santo ed un educatore straordinario

Uno sguardo sulla figura di questo uomo e santo attraverso la lettera JUVENUM PATRIS di Papa Giovanni Paolo II:
 
La sua acuta intelligenza, il suo senso comune e la sua profonda spiritualità lo guidarono a creare un sistema di educazione che sviluppa tutta la persona – corpo, cuore, mente e spirito. Esso favorisce la crescita e la libertà, mentre mette il ragazzo proprio al centro di tutta l’opera educativa.

Per distinguere il suo metodo dal sistema repressivo di educazione, prevalente nel 19° secolo in Italia, egli ha chiamato il proprio metodo sistema preventivo – perché esso cerca il modo di prevenire la necessità della punizione, collocando il ragazzo in un ambiente in cui egli è incoraggiato a dare il meglio di sé. Questo è un approccio congeniale, amichevole, integrale all’educazione.

Esso crea un clima che ‘trae fuori’ (educere) il meglio dal ragazzo, che incoraggia la sua completa e piena espressione di sé, che aiuta il ragazzo ad acquisire atteggiamenti che lo guidino a scegliere ciò che è buono, sano, gioioso e fa crescere la vita.

 

Il termine "ragione" sottolinea, secondo l'autentica visione dell'umanesimo cristiano, il valore della persona, della coscienza, della natura umana, della cultura, del mondo del lavoro, del vivere sociale, ossia di quel vasto quadro di valori che è come il necessario corredo dell'uomo nella sua vita familiare, civile e politica. Nell'enciclica Redemptor Hominis ho ricordato che "Gesù Cristo è la via principale della Chiesa; questa via conduce da Cristo all'uomo".

È significativo rilevare che già più di cento anni fa Don Bosco attribuiva molta importanza agli aspetti umani e alla condizione storica del soggetto: alla sua libertà, alla sua preparazione alla vita e ad una professione, all'assunzione delle responsabilità civili, in un clima di gioia e di generoso impegno verso il prossimo. Egli esprimeva questi obiettivi con parole incisive e semplici, quali "allegria", "studio", "pietà", "saggezza", "lavoro", "umanità". Il suo ideale educativo è caratterizzato da moderazione e realismo. Nella sua proposta pedagogica c'è una unione ben riuscita tra la permanenza dell'essenziale e la contingenza dello storico, tra il tradizionale e il nuovo. Il Santo presenta ai giovani un programma semplice e allo stesso tempo impegnativo, sintetizzato in una formula felice e suggestiva: onesto cittadino, perché buon cristiano.

In sintesi la ragione, a cui Don Bosco crede come dono di Dio e come compito inderogabile dell'educatore, indica i valori del bene, nonché gli obiettivi da perseguire, i mezzi e i modi da usare. La ragione invita i giovani ad un rapporto di partecipazione ai valori compresi e condivisi. Egli la definisce anche ragionevolezza per quel necessario spazio di comprensione, di dialogo e di pazienza inalterabile in cui trova attuazione il non facile esercizio della razionalità.

Tutto questo, certo, suppone oggi la visione di un'antropologia aggiornata e integrale, libera da riduzionismi ideologici. L'educatore moderno deve saper leggere attentamente i segni dei tempi per individuarne i valori emergenti che attraggono i giovani: la pace, la libertà, la giustizia, la comunione e la partecipazione, la promozione della donna, la solidarietà, lo sviluppo, le urgenze ecologiche.

(Giovanni Paolo II, Lettera Juvenum Patris, 10)

 

Il secondo termine, "religione", indica che la pedagogia di Don Bosco è costitutivamente trascendente, in quanto l'obiettivo educativo ultimo che egli si propone è la formazione del credente. Per lui l'uomo formato e maturo è il cittadino che ha fede, che mette al centro della sua vita l'ideale dell'uomo nuovo proclamato da Gesù Cristo e che è coraggioso testimone delle proprie convinzione religiose.

Non si tratta - come si vede - di una religione speculativa e astratta, ma di una fede viva, radicata nella realtà, fatta di presenza e di comunione, di ascolto e di docilità alla grazia. Come egli amava dire, "colonne dell'edificio educativo" sono l'Eucaristia, la Penitenza, la devozione alla Madonna, l'amore alla Chiesa e ai suoi pastori. La sua educazione è un "itinerario" di preghiera, di liturgia, di vita sacramentale, di direzione spirituale: per alcuni, risposta alla vocazione di speciale consacrazione (quanti   Sacerdoti  e  Religiosi   si  formano nelle case del Santo!); per tutti, la prospettiva e il conseguimento della santità.

Don Bosco è il prete zelante che riferisce sempre al fondamento rivelato tutto ciò che riceve, vive e dona. Questo aspetto della trascendenza religiosa, caposaldo del metodo pedagogico di Don Bosco, non solo è applicabile a tutte le culture, ma è adattabile con frutto anche alle religioni non cristiane.

(Giovanni Paolo II, Lettera Juvenum Patris, 11)
 

Infine, dal punto di vista metodologico, l'"amorevolezza". Si tratta di un atteggiamento quotidiano, che non è semplice amore umano né sola carità soprannaturale. Esso esprime una realtà complessa ed implica disponibilità, sani criteri e comportamenti adeguati. L'amorevolezza si traduce nell'impegno dell'educatore quale persona totalmente dedita al bene degli educandi, presente in mezzo a loro, pronta ad affrontare sacrifici e fatiche nell'adempiere la sua missione. Tutto ciò richiede una vera disponibilità per i giovani, simpatia profonda e capacità di dialogo. È tipica e quanto mai illuminante l'espressione: "Qui con voi mi trovo bene: è proprio la mia vita stare con voi". Con felice intuizione esplicita: quello che importa è che "i giovani non siano solo amati, ma che essi conoscano di essere amati".

Il vero educatore, dunque, partecipa alla vita dei giovani, si interessa ai loro problemi, cerca di rendersi conto di come essi vedono le cose, prende parte alle loro attività sportive e culturali, alle loro conversazioni; come amico maturo e responsabile, prospetta itinerari e mete di bene, è pronto a intervenire per chiarire problemi, per indicare criteri, per correggere con prudenza e amorevole fermezza valutazioni e comportamenti biasimevoli. In questo clima di "presenza pedagogica" l'educatore non è considerato un "superiore", ma un "padre, fratello e amico".

In tale prospettiva vengono privilegiate anzitutto le relazioni personali. Don Bosco ama usare il termine "familiarità" per definire il rapporto corretto tra educatori e giovani. La lunga esperienza lo ha convinto che senza familiarità non si può dimostrare l'amore, e senza tale dimostrazione non può nascere quella confidenza, che è condizione indispensabile per la riuscita dell'azione educativa. Il quadro delle finalità da raggiungere, il programma, gli orientamenti metodologici acquistano concretezza ed efficacia, se improntati a schietto , cioè se vissuti in ambienti sereni, gioiosi, stimolanti.

A questo proposito va almeno ricordato l'ampio spazio e dignità dati dal Santo al momento ricreativo, allo sport, alla musica, al teatro o - come egli amava dire - al cortile. E lì, nella spontaneità ed allegria dei rapporti, che l'educatore sagace coglie modi di intervento, tanto lievi nelle espressioni, quanto efficaci per la continuità e il clima di amicizia in cui si realizzano. L'incontro, per essere educativo, richiede un continuo ed approfondito interesse che porti a conoscere i singoli personalmente ed insieme le componenti di quella condizione culturale che è loro comune.

Si tratta di un'attenzione intelligente e amorosa alle aspirazioni, ai giudizi di valore, ai condizionamenti, alle situazioni di vita, ai modelli ambientali, alle tensioni, rivendicazioni, proposte collettive. Si tratta di percepire l'urgenza della formazione della coscienza, del senso familiare, sociale e politico, della maturazione nell'amore e nella visione cristiana della sessualità, della capacità critica e della giusta duttilità nell'evolversi dell'età e della mentalità, avendo sempre ben chiaro che la giovinezza non è solo un momento di transito, ma un tempo reale di grazia per la costruzione della personalità.
Anche oggi, pur in un mutato contesto culturale e con giovani di religione anche non cristiana, questa caratteristica costituisce una fra le tante istanze valide e originali della pedagogia di Don Bosco.

(Giovanni Paolo II, Lettera Juvenum Patris, 12)