venerdì 22 luglio 2011

La Torre...


Ha 11 mila anni, e' considerata il primo grattacielo dell'umanita' e si trova nella citta' piu' antica: 8 metri e 25 centimetri di enigmi, elevati in forma conica. E' la Torre di Gerico, costruita quando l'uomo non era ancora diventato agricoltore e non conosceva la ruota, ma si era gia' fatto travolgere dalle manie architettoniche. Da 50 anni, da quando e' stata scoperta, gli archeologi si fanno assillare dalle sue possibili funzioni e dai suoi ipotetici significati.
Uno strumento di difesa? Un'opera ingegneristica per fronteggiare le piene? Un monumento e basta?
Le teorie sono varie e spesso deliziosamente vaghe, come accade quando mancano appigli concreti. Adesso, pero', Ran Barkai e Roy Liran della Tel Aviv University hanno formulato un'altra idea, che fa discutere. Merito di una serie di calcoli e delle simulazioni al computer che hanno ricostruito l'area come doveva essere 110 secoli fa.
La struttura - hanno spiegato in un articolo sulla rivista «Antiquity» - si puo' decifrare solo se la si collega ai giochi di luce e di ombre del solstizio d'estate: rappresentava, in poche parole, uno scudo fisico e simbolico contro l'arrivo delle tenebre. Al tramonto, al termine del giorno piu' lungo dell'anno e quando si annunciava il ritorno nella «fase buia» , l'ombra della montagna vicina, il Quruntul, avrebbe prima colpito la Torre e soltanto in un secondo tempo si sarebbe allargata sulla citta'.
«Doveva essere un momento drammatico», scrivono gli autori, sovrapponendo l'emozione del panorama reale di sabbia e roccia con quello della ricostruzione virtuale. «Possiamo immaginare che assistere all'avanzata dell'oscurita' sul centro abitato sia stato sconvolgente. Pensiamo, quindi, che la posizione della Torre, sul bordo occidentale, precisamente nel punto dove l'ombra aveva inizio, non fosse affatto accidentale».
Ed ecco la provocatoria deduzione: «Pensiamo che si innalzasse come un guardiano contro i pericoli nascosti nel buio, consegnato dagli ultimi raggi del sole morente».
Il nomadismo era ormai alle spalle e qualunque fuga impossibile. Le angosce di quel mondo che oggi classifichiamo come neolitco dovevano essere addomesticate in altro modo.
La soluzione - secondo gli autori - fu opporre ai fantasmi della psiche la solidita' della pietra: «Si costrui' una protezione permanente e fu necessario convincere tutta la comunita' ad aderire all'impresa».
La Torre dev'essere diventata un emblema di «forza e durata». Di fronte alle minacce della natura la dimensione metafisica genero' percio' «un vero e proprio edificio di potere».
Il primo della storia. Forse. Dotata di pareti imponenti, la Torre di Gerico esibi' una ripida scalinata interna con pareti intonacate: una meraviglia di tecnica e stile che richiese l'impiego di un centinaio di uomini e oltre 100 giorni di lavori. «Non c'era stato nulla di simile prima e niente di simile ci sarebbe stato per molto tempo a venire», osserva con enfasi Barkai.
Si tratto' di una mobilitazione straordinaria, di muscoli e cervelli ma, se uno squarcio sul mistero e' stato ottenuto, non altrettanto si puo' dire delle conoscenze astronomiche necessarie per realizzare quello stupefacente gioco scenografico di Sole e tenebra. Da dove proveniva un sapere tanto sofisticato? Ci dev'essere stato un ulteriore effetto, comunque.
Barkai e Liran lo descrivono cosi': «Pensiamo che i timori primordiali siano stati sfruttati da qualche individuo che, riconoscendo le incertezze legate alle prime fasi del sedentarismo, colse l'opportunita' di prendere il controllo di un'intera popolazione».
Migliaia di anni prima delle civilta' delle piramidi e degli zigurrat la Torre si eleva cosi' come l'antitesi di quella mitica di Babele: l'incarnazione del dominio. Appena nato e gia' cinicamente intimidatorio.

Autore: Gabriele Beccaria

Fonte: La Stampa, Tuttoscienze, 04/05/2011

*ANP sta per Autorità Nazionale Palestinese

mercoledì 20 luglio 2011

Sempre più romana, la città di Latisana (Udine), sulla via Annia

Latisana si riscopre sempre più di epoca romana. Dopo i ritrovamenti qualche anno fa da parte di un gruppo di appassionati ricercatori di antichità (poi costituitosi nell’associazione Apicilia) di un tratto di muro con conseguente raccolta di una quantità di piccoli reperti di varia tipologia, è di qualche settimana fa l’ultimo ritrovamento a Latisanotta.
In realtà nei campi di Selva di Sopra, lungo la strada che da Crosere conduce a Latisanotta, ogni volta che il vomere scava in profondità, vengono portati alla luce diversi reperti.
«Tutte testimonianze inequivocabili della presenza di un insediamento romano di dimensioni rilevanti a circa un centinaio di metri distanza dal tracciato della Via Annia che collegava Concordia e Aquileia – spiega lo storico Vinicio Galasso – potrebbe trattarsi della struttura residenziale poi riferita come mutatio Ad Paciliam nell’Itinerarium Burdigalense oppure di una villa rustica, ubicata nelle immediate propaggini della strada, eretta nel dinamico periodo della centuriazione e urbanizzazione del vasto agro aquileiese».
È stato lo stesso proprietario del terreno Ivano De Marchi ad accorgersi di due grandi frammenti di tegole, uno corredato di iscrizione e l’altro decorato con un motivo figurativo di difficile lettura grafica: «Lo scioglimento dell’epigrafe recita “tegola di Caio e Marco Epidii” – spiega ancora Galasso – e va strettamente accomunata al frammento di laterizio rinvenuto qualche anno fa nello stesso sito dal bravo De Marchi, che reca impresso il bollo “tegola di Caio Tito Hermeros”. Citando la catalogazione dell’archeologa Cristina Gomezel cronologicamente possiamo assegnare questi laterizi alla metà del I secolo d.C. e così retrodata la romanità di Latisana almeno all'epoca degli imperatori Tiberio e Nerone».


Fonte: Messaggero Veneto.it, 03 luglio 2011