lunedì 22 aprile 2013

L'AMICO ED ARCHEOLOGO DAN BAHAT. INTERVISTA SULLA BASILICA DEL S.SEPOLCRO


Il sepolcro di Gesù? Era proprio lì.

In questa intervista esclusiva, il famosissimo archeologo israeliano, Dan Bahat a Firenze per un incontro organizzato dalla Facoltà Teologica dell'Italia Centrale, sottolinea l'importanza della ricerca scientifica legata ai testi sacri: «Non si tratta di chiedere conferme all'archeologia, ma di lasciare che l'archeologia ci aiuti a comprendere la nostra comune storia. Molti luoghi a Gerusalemme testimoniano la presenza di Gesù», a partire dal Santo Sepolcro.

DI DILETTA RIGOLI

La Facoltà Teologica dell'Italia Centrale ha ospitato nei giorni scorsi l'archeologo israeliano Dan Bahat, all'interno del corso di Topografia di Gerusalemme che fa parte dell'offerta formativa della Facoltà.

Dan Bahat, oggi professore all'Università St. Michael di Toronto, ha scavato un po' dappertutto in Israele in qualità di archeologo ufficiale, per questo la sua conoscenza della terra della Bibbia è profonda. Questa eminente presenza è stata l'occasione per riflettere su archeologia e fede, ovvero su come le scoperte archeologiche possono restituirci una verità storica che illumini i fatti inerenti la nostra fede e per portare un po' di Gerusalemme a Firenze.

Due le occasioni per ascoltare il professore, la prima lunedì 26 marzo presso il Centro internazionale Studenti Giorgio La Pira, conferenza organizzata dalla Facoltà Teologica in collaborazione con Ida Zatelli (docente di lingua e letteratura ebraica all'Università di Firenze), l'amicizia Ebraico-Cristiana di Firenze e il Centro La Pira. La seconda a San Casciano, il giorno seguente, presso la sala teatro Everest dell'Acli. In entrambe le occasioni Bahat ha messo in luce sprazzi di vita di Gerusalemme all'epoca di Gesù.

Professor Bahat, lei ha dedicato la vita alla ricerca, crede che sia importante l'archeologia delle terre bibliche, e perché?

«Credo che la ricerca archeologica non sia mai fine a se stessa, specie quando è fatta in territori che coinvolgono la nostra fede. Io sono ebreo e quale ebreo non posso che riconoscere la grande importanza dell'indagine sulle radici della mia fede. Lo stesso vale per i cristiani. A Gerusalemme la fede s'interseca con la storia e senza alcuna paura e pregiudizio è dovere dello scienziato investigare e ricercare le verità che la scienza può restituirci. Non si tratta di chiedere conferme all'archeologia, ma di lasciare che l'archeologia ci aiuti a comprendere la nostra comune storia».

Lei è tra i pochi archeologi israeliani a sostenere l'autenticità del luogo dove oggi sorge la Basilica del Santo Sepolcro, quali sono gli elementi a favore di questa ipotesi?

«Sono tre gli argomenti che possiamo portare a favore dell'autenticità del luogo del Santo Sepolcro. Prima di tutto i vangeli ci dicono che la collina del Golgota, luogo della crocefissione, si trovava fuori dalle mura della città, per motivi di purità infatti gli ebrei non potevano crocefiggere all'interno; oggi però la Basilica del Santo Sepolcro è dentro le mura e questo elemento è in apparente contrasto con il dato evangelico. La risposta a questa obiezione è semplice: le mura a cui si riferiscono i Vangeli sono quelle costruite da Erode il cui percorso era molto diverso da quello attuale. La cinta muraria che noi vediamo oggi è stata costruita molto più tardi, da Solimano il Magnifico, e abbraccia una porzione di città che al tempo di Gesù rimaneva fuori, compreso il luogo della crocefissione».

E gli altri elementi?

«Il secondo argomento si basa sulla presenza di tombe ritrovate all'interno del perimetro della Basilica. I vangeli infatti ci dicono che Gesù fu sepolto in un giardino adiacente il luogo della crocefissione, questo giardino era adibito a sepolture, e ben sei grotte sepolcrali sono state ritrovate, alcune ancora visibili dietro l'edicola dell'Anastasi. La tomba di Gesù era fatta a kockh, che significa nicchia, ed era la forma tipica delle tombe di famiglie importanti. Questo ritrovamento ci fa dire con tutta probabilità che anche Gesù fu sepolto in quel luogo e in quel tipo di tomba. Il terzo argomento è forse il più interessante. Quando Adriano nel 135 costruì il tempio alla triade capitolina, Giove Minerva e Venere, lo fece proprio sul luogo del Sepolcro, come ci attesta Eusebio. Questa costruzione ci dice molte cose, la prima è che il luogo doveva comunque avere una importanza che perfino l'imperatore di Roma aveva riscontrato, la seconda che Adriano, per costruire il Tempio è costretto a fare un riempimento di terra e questo perché l'edificio sorgeva sopra una cava di pietra dismessa, esattamente come ci dicono i Vangeli. Ma ancora più importante, una prova quasi decisiva potremmo dire, ci viene dall'incisione ritrovata negli scavi che hanno portato alla luce le casematte costruite proprio da Adriano per sostenere il riempimento alla base del Tempio pagano. In una di queste casematte infatti troviamo incisa una nave e sotto ad essa la scritta Domine Ivimus che significa "oh Signore siamo arrivati". Il Signore (Domine) di cui si parla non può che essere Cristo, solo due volte infatti chi l'ha realizzata può aver avuto accesso alle pareti delle casematte, o al momento della costruzione del Tempio o al momento in cui Costantino ha costruito la Basilica cristiana ed ha per questo svuotato il riempimento di terra che ricopriva questa incisione. Tuttavia gli storici hanno riscontrato che la tipologia di nave raffigurata è tipica del secondo secolo, così è chiaro che può essere stata fatta solo all'epoca di Adriano. Il carattere nascosto del luogo ci dice che chi ha fatto questa incisione era probabilmente un soldato romano cristiano impiegato come operaio per costruire il tempio di Giove che ha voluto segretamente (a causa delle persecuzioni contro i cristiani) testimoniare la sua fede in quel luogo santo. La stessa frase è una parafrasi latina del Salmo 122: "Quale gioia quando mi dissero andremo alla casa del Signore. Già sono fermi i nostri piedi alle tue porte Gerusalemme"».

Dunque possiamo dire che la più antica testimonianza cristiana attestata dall'archeologia si trova esattamente sotto il Santo Sepolcro?

«Certamente. Questa incisione ci afferma con chiarezza l'autenticità del luogo, non solo, ci dice anche che la tradizione che lo ha identificato è antichissima e molto attendibile. Per il Santo Sepolcro possiamo dire che fonti scritte, archeologia e tradizione convergono nella stessa direzione».

Gerusalemme è il luogo in cui Gesù ha vissuto gran parte del suo ministero pubblico. Ci sono altri luoghi che lei ha studiato e che sono particolarmente rilevanti per il cristianesimo?

«Ci sono molti luoghi a Gerusalemme che testimoniano la presenza di Gesù prima e delle comunità cristiane poi. Un primo esempio, il più semplice: grazie agli studi archeologici abbiamo individuato la strada del primo secolo che dalla piscina di Siloe portava fino a Betesda, dove oggi si trova la chiesa di Sant'Anna. Sicuramente Gesù ha camminato su quella strada come ogni altro ebreo per recarsi al Tempio sulla spianata. Un altro esempio che posso portare è il luogo del processo di Gesù. Io credo che non fosse la fortezza Antonia, che si trovava nel cuore della città vecchia addossata al muro nord della spianata, ma che il processo si sia invece svolto nel palazzo dove precedentemente si trovava Erode, ovvero presso porta Jaffa, un luogo più sicuro, fortificato e dove Pilato risiedeva».

La spianata del Tempio, dove oggi sorge la Cupola della Roccia e la moschea di Al Aqsa è sicuramente un luogo sacro per gli ebrei, tant'è che il muro Occidentale, così detto del Pianto, si trova esattamente sotto. Perché secondo lei anche per i cristiani è importante visitarla?

«La spianata è il luogo più sacro per l'ebraismo, poiché vi sorgeva il Tempio con il Sancta Sanctorum, ma non bisogna scordaci mai che Gesù era ebreo e come ogni ebreo molte volte si è recato a pregare al Tempio. Molti episodi del Vangelo sono ambientati sulla Spianata, dal ritrovamento del giovane Gesù con i dottori, alla cacciata dei mercanti dal tempio. Tutti questi episodi sono sostenuti e contestualizzati dalle scoperte archeologiche, che nel primo caso hanno ritrovato il luogo esatto dove sedevano i dottori della legge e dove quindi anche Gesù ha conversato, e nel secondo ha identificato il luogo dove i cambiavalute facevano il loro mercato».

Una nuova lezione il 21 maggio. E da ottobre i corsi specialistici in teologia biblica
L'archeologo Dan Bahat sarà di nuovo a Firenze, per un'altra lezione aperta, il 21 maggio prossimo: tutte le notizie
per questa ed altre iniziative si potranno trovare, oltre che su Toscana Oggi, sul sito della Facoltà Teologica dell'Italia centrale www.teofir.it

La Facoltà partecipa anche quest'anno al progetto della Summer School di Gerusalemme, che prevede corsi estivi (in lingua italiana) di archeologia e geografia, oltre che di ebraico. Per le notizie www.corsiagerusalemme.org. Dal prossimo mese di ottobre saranno aperti anche i corsi specialistici della Facoltà Teologica in teologia biblica, che oltre che dagli studenti potranno essere seguiti anche da uditori qualificati.

UN DEGRADO INFINITO A POMPEI...TIRATI SU ITALIA!


POMPEI (NA), Il cane che sta peggio è «cave canem», il celebre mosaico quasi cancellato dall'incuria

Il cane che sta peggio a Pompei è proprio il povero «Cave canem», mosaico straconosciuto in tutto il mondo e che si trova all'ingresso della domus «del poeta tragico». Talmente famoso che persino Michele Santoro ne ha fatto il simbolo della sua trasmissione, «Servizio pubblico». Peccato però che come logo utilizzi una vecchia immagine, quando il «canem» era ancora in salute e sembrava, ancora minaccioso e bruno di pelo, tenere alla larga dalla casa i malintenzionati. Sembrava, perché purtroppo dagli Scavi più famosi del mondo gli speculatori e gli imbroglioni non sono mai stati lontano. Prova ne sono le inchieste recenti, gli arresti ed i crolli di importantissimi reperti archeologici.
Tanto che «Liberation» del 19 febbraio dedica allo scandalo Pompei due pagine con titoli molto duri: «Pompei, la storia finisce in rovina». E poi continua: «Le vestigia napoletane sono ridotte così per i lunghi anni di negligenza, corruzione e affarismo». E taglia corto: «Gestiti come un McDonald».
La sorte degli Scavi sta tanto a cuore ai francesi che domani «France 2» (la nostra Rai2) manderà una inviata con troupe al seguito per raccontare la storia dei randagi pubblicata ieri mattina dal Corriere del Mezzogiorno. Cioè: per censire 55 randagi e affidarne 26 in adozione sono stati spesi 102.963,23 euro, ai tempi dell'ex commissario Marcello Fiori. Quasi quattromila euro a cane se si calcolano solo quelli adottati.
«Cave canem» invece ebbe un po' di più: 8.904 euro. Ma solo perché la domus del poeta tragico era stata scelta come sede per la presentazione del progetto «Adotta un randagio degli Scavi». I soldi servivano per «un'opera di ripulitura - come annunciava lo stesso Fiori - degli ambienti interni». Oggi il mosaico più famoso al mondo è quasi illeggibile. Cancellate alcune lettere e più che una ripulitura ci vorrebbe un sostanziale restauro.
Il perché sia ridotto in questo stato lo spiega Antonio Irlando, responsabile dell'Osservatorio sul patrimonio culturale: «E' un simbolo di Pompei nel mondo e non può essere tenuto in quel modo: illeggibile, sporco e senza manutenzione. Il degrado è incalzante. Quando piove si ricopre d'acqua che si infiltra sotto le tessere che si indeboliscono e si staccano. E' possibile restaurarlo con una cifra modesta, molto inferiore ai 103 mila euro spesi per la lotta al randagismo negli Scavi a cui, quasi come una beffa, fu dato proprio il nome suggestivo del mosaico che ora quasi non si legge più».
 
I segni di un degrado infinito...
 

Fonte: Corriere del Mezzogiorno, 22 feb 2013