sabato 17 marzo 2012

19 marzo: San Giuseppe


S. Messa solenne per la Festa di San Giuseppe

Nazaret, Basilica di San Giuseppe

Domenica 18 marzo, vigilia della giorno dedicato a San Giuseppe, la solennita’ sara’ celebrata a Nazareth con una Messa presieduta dal Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa.

Nella cittadina della Galilea, a pochi passi dalla Basilica dell’Annunciazione, sorge la chiesa dedicata al Santo. Un santuario edificato per volere dei francescani all’inizio del Novecento sulle fondamenta di una piu’ antica chiesa crociata. Un sito venerato fin dalle origini dell’era cristiana, gia’ trasformato in luogo di culto dalle prime comunita’ giudaico-cristiane e poi dai bizantini. Scavi archeologici hanno restituito, proprio qui, resti riconducibili all’antico villaggio del I secolo e la tradizione colloca proprio qui il luogo dove avrebbe vissuto e lavorato lo sposo di Maria.

In questa chiesa, la comunita’ locale e i pellegrini si riuniranno domenica pomeriggio alle 17 (ora di Terra Santa) per la Messa solenne, ma sara’ possibile unirsi a loro anche da lontano grazie alla trasmissione in diretta della celebrazione a cura del Franciscan Media Center, centro televisivo della Custodia di Terra Santa.

La celebrazione verra’ trasmessa dal canale libanese Tele Lumiere, dall’italiana TV2000 (alle 16, ora italiana) e in diretta streaming sul sito Internet del canale brasiliano Cancao Nova (www.cancaonova.com).

Fonte: www.custodia.org

venerdì 16 marzo 2012

Ti ricordiamo caro Gino, va' in pace!


Gino carissimo, in memoriam


Un notizia dolorosa e triste mi è giunta oggi pomeriggio. Verso le ore 12 è morto Gino Girolomoni. Si è sentito male all’improvviso, all’interno della cooperativa Alce Nero a Montebello di Isola del Piano che lui stesso fondò negli anni settanta. Trasportato d’urgenza all’ospedale di Fossombrone, non c’è stato più nulla da fare.

Il carissimo Gino Girolomoni era nato nel 1946 a Isola del Piano, tra Pesaro e Urbino. 
E` stato un agricoltore biologico della prima ora. Ha fatto del suo lavoro un’attività simbolica: di fronte alla crisi delle campagne e per scongiurarne l`abbandono, con alcuni amici, ha promosso nel 1977 “Alce nero”, una cooperativa di produzione di prodotti biologici oggi esportati in varie parti del mondo e di cui, nell’ultimo tempo ne abbiamo assaggiato la bontà e la cura.

Questa è una grande perdita sia dal punto di vista umano che professionale. Ho incontrato Gino, per la prima volta, assieme ad altri amici, proprio ad Har Karkom (nel deserto del Negev - Israele) dove ci siamo recati nell’ottobre del 2009 per approfondire la tesi del prof. Emmanuel Anati sulla collocazione del Monte Sinai. Gino ci ha fatto da guida all’escursione sul plateau della “montagna di Dio” come la chiama Anati nei suoi libri. Un uomo straordinario, profondo conoscitore delle Scritture ed amante della teologia biblica, soprattutto dei percorsi fatti da tante popolazioni nomadiche e le soste presso Har Karkom, la montagna sacra per migliaia di anni.

Ebbi modo di accompagnarlo per la visita del Sion cristiano e dell’area del S.Sepolcro proprio la scorsa metà di ottobre dove venne con un gruppetto di amici del Monastero, da lui tenuto. Mi rimane di lui la grande e profonda passione per la ricerca delle orme del Messia e le tante domande fattemi in quei giorni a Gerusalemme. Ora, caro Gino, tu contempli la Santa Gerusalemme del Cielo assieme alla tua sposa amata Tullia di cui scrivesti lo scorso anno: “Mia carissima Tullia, sono quasi due anni che te ne sei andata senza il nostro minimo consenso, ma avevamo a che fare con un interlocutore a cui solo Dio può dire no, e che per te ci ha fatto sapere che “non poteva”. E’ grande il vuoto che hai lasciato e la vita è dura senza di te…intanto ti dedico questo numero della rivista con grande affetto e tenerezza e ti ringrazio per la tua “presenza” che sentiamo: anch’io penso come gli aborigeni dell’Australia di cui ci racconta Emmanuel, che ci sono dei defunti più vivi dei credenti”.

Grazie Gino, va’ in pace.

 Nell'ottobre 2009, salendo sul plateau di Har Karkom

 Gino e Federico mentre consultano dei ritrovamenti

 ...uno dei tuoi rifugi ad Har Karkom

domenica 11 marzo 2012

TESTIMONIANZA


OLTRE LA GRATA

Tutti i quartieri di Gerusalemme

di suor Chiara Letizia * | Rivista di Terrasanta, gennaio-febbraio 2012

La città di Gerusalemme è un insieme di quartieri i più diversi tra loro: c'è anzitutto la città vecchia, il luogo più antico, più sacro e anche più caotico, che a sua volta è divisa in quattro quartieri ed è abitata dalla gente più diversa, delle tre religioni monoteistiche. Poi c'è Mea Shearim, il quartiere degli ebrei ortodossi, c'è Gerusalemme est, con tutto il Monte degli Ulivi, da dove gli ebrei attendono il ritorno del Messia. Ma c'è anche il quartiere degli artisti, ci sono quartieri solo di arabi, o solo di ebrei, o anche quartieri misti. C'è tutta la città nuova, con quartieri più laici, commerciali, dove ti sembra di stare in una qualsiasi città occidentale. Se entri in certi monasteri, ti sembra di essere in Russia, o in Grecia, o in Etiopia...
C’è spazio per i vivi, ma anche per i morti: tutta la collina del Getsemani è occupata da cimiteri.  Ci sono chiese, moschee e sinagoghe; ma c’è anche chi non prega. Ci sono militari, religiosi, laici, turisti: in una passeggiata ordinaria di un’oretta, puoi incontrare una decina di abiti e di divise diverse.  Il mistero di Gerusalemme è che contiene tutto questo, e bene o male, si sta insieme. La bellezza di Gerusalemme è che c’è posto per tutto, e per tutti.
E questa è, logicamente, anche la fatica di Gerusalemme, perché la diversità fa paura, è sentita come una minaccia, risveglia ferite antiche, genera pregiudizi, e tutto questo impedisce la relazione. Il dolore di Gerusalemme è quello di una madre che ha figli tanto diversi, che non sempre vanno d’accordo tra loro, che deve far posto a tutti, che insegna pazientemente l’arte del vivere insieme, la bellezza di una convivenza in cui ciascuno, coraggiosamente, arricchisce l’altro aprendogli la propria diversità. La bellezza di una madre è che non perde mai la speranza.
Se guardo fuori dalla finestra, dunque, vedo tutto questo, vedo tutto il mondo.
Ma ancor più paradossale è che anche se guardo dentro la finestra, se mi guardo intorno, vedo la stessa cosa:  anche la mia comunità è composta da tutti i quartieri di Gerusalemme, per cui anche fra noi ci sono le stesse differenze, le stesse sfumature: la sfida del vivere insieme è la stessa.
Veniamo da  cinque Paesi diversi, di quattro continenti. Parliamo dunque cinque lingue, più un po’ di ebraico, un po’ di arabo, un po’ di latino. A volte chi viene alla nostra Messa rischia di avere in mano una serie indefinita di libretti, e di sentire celebrare in tre o quattro o cinque lingue diverse: canone in francese, letture in italiano, canti in latino, Padre nostro in ebraico... E, se è festa, qualche danza dal vivace ritmo africano.
E il bello è che tutto questo è semplicemente normale: nessuno si stupisce, nessuno si lamenta. Spesso non si capisce la maggior parte di quello che si ascolta, ma questo non fa problema. Riporta semplicemente all’essenziale: essere alla presenza di Qualcun altro, e di esserci non da soli.
La grande scoperta di chi vive qui è di poter stare dentro questa complessità come a casa propria, ovvero che la tua vera casa è quella capace di ospitare anche l’altro, anche il più diverso.
Logicamente sarebbe ingenuo pensare che tutto questo è facile, scontato e viene da sé. Per vivere in questa casa c’è un prezzo da pagare...
Se mi guardo dentro, se guardo il mio cuore, ritrovo esattamente tutti gli stessi quartieri: anche in me c’è un po’ di Talpiot, della città vecchia, del Monte degli Ulivi, di Mea Shearim, del quartiere commerciale… Accettare la complessità che ho dentro, guardarla con verità e misericordia, è il primo passo per accettare quella che c’è fuori. Fare pace nel cuore per fare pace con l’altro.
Eppure neanche questo basta. In questa casa ci si sta bene solo se si ha la certezza che, così com’è, questa casa è abitata da un Altro. Non è certo un caso l’insistenza, nella Bibbia, dell’immagine di Dio che abita a Gerusalemme. Noi ci abitiamo perché ci ha abitato Lui, e ci stiamo bene, perché c’è Lui.

(* L'autrice è una clarissa del monastero Santa Chiara, a Gerusalemme)

 Vista di Gerusalemme da sud - "promenade"