sabato 8 dicembre 2012

SOLENNITA' DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE DI MARIA VERGINE

Con la solennità odierna riandiamo con il cuore e l'intelligenza alla persona di Maria vergine, madre del nostro Signore Gesù Criso e madre nostra.
Qualche passaggio del catechismo della Chiesa cattolica per camminare nella fede...


487 Ciò che la fede cattolica crede riguardo a Maria si fonda su ciò che essa crede riguardo a Cristo, ma quanto insegna su Maria illumina, a sua volta, la sua fede in Cristo.
La predestinazione di Maria
488 « Dio ha mandato suo Figlio » (Gal 4,4), ma per preparargli un corpo 129 ha voluto la libera collaborazione di una creatura. Per questo, Dio, da tutta l'eternità, ha scelto, perché fosse la Madre del Figlio suo, una figlia d'Israele, una giovane ebrea di Nazaret in Galilea, « una vergine promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria » (Lc 1,26-27):
« Volle il Padre delle misericordie che l'accettazione di colei che era predestinata a essere la Madre precedesse l'incarnazione, perché così, come la donna aveva contribuito a dare la morte, la donna contribuisse a dare la vita ». 130
489 Nel corso dell'Antica Alleanza, la missione di Maria è stata preparata da quella di sante donne. All'inizio c'è Eva: malgrado la sua disobbedienza, ella riceve la promessa di una discendenza che sarà vittoriosa sul maligno, 131 e quella d'essere la madre di tutti i viventi. 132 In forza di questa promessa, Sara concepisce un figlio nonostante la sua vecchiaia. 133 Contro ogni umana attesa, Dio sceglie ciò che era ritenuto impotente e debole 134 per mostrare la sua fedeltà alla promessa: Anna, la madre di Samuele, 135 Debora, Rut, Giuditta e Ester, e molte altre donne. Maria « primeggia tra gli umili e i poveri del Signore, i quali con fiducia attendono e ricevono da lui la salvezza. Infine con lei, la eccelsa figlia di Sion, dopo la lunga attesa della promessa, si compiono i tempi e si instaura la nuova economia ». 136
L'Immacolata concezione
490 Per essere la Madre del Salvatore, Maria « da Dio è stata arricchita di doni degni di una così grande missione ». 137 L'angelo Gabriele, al momento dell'annunciazione, la saluta come « piena di grazia » (Lc 1,28). In realtà, per poter dare il libero assenso della sua fede all'annunzio della sua vocazione, era necessario che fosse tutta sorretta dalla grazia di Dio.
491 Nel corso dei secoli la Chiesa ha preso coscienza che Maria, « colmata di grazia » da Dio, 138 era stata redenta fin dal suo concepimento. È quanto afferma il dogma dell'immacolata concezione, proclamato da papa Pio IX nel 1854:
« La beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per una grazia ed un privilegio singolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, è stata preservata intatta da ogni macchia del peccato originale ». 139
492 Questi « splendori di una santità del tutto singolare » di cui Maria è « adornata fin dal primo istante della sua concezione » 140 le vengono interamente da Cristo: ella è « redenta in modo così sublime in vista dei meriti del Figlio suo ». 141 Più di ogni altra persona creata, il Padre l'ha « benedetta con ogni benedizione spirituale, nei cieli, in Cristo » (Ef 1,3). In lui l'ha scelta « prima della creazione del mondo, per essere » santa e immacolata « al suo cospetto nella carità » (Ef 1,4).
493 I Padri della Tradizione orientale chiamano la Madre di Dio « la Tutta Santa », la onorano come « immune da ogni macchia di peccato, dallo Spirito Santo quasi plasmata e resa una nuova creatura ». 142 Maria, per la grazia di Dio, è rimasta pura da ogni peccato personale durante tutta la sua esistenza.
NOTE AL TESTO

(129) Cf Eb 10,5.

(130) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 56: AAS 57 (1965) 60; cf Ibid., 61: AAS 57 (1965) 63.

(131) Cf Gn 3,15.

(132) Cf Gn 3,20.

(133) Cf Gn 18,10-14; 21,1-2.

(134) Cf 1 Cor 1,27.

(135) Cf 1 Sam 1.

(136) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 55: AAS 57 (1965) 59-60.

(137) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 56: AAS 57 (1965) 60.

(138) Cf Lc 1,28.

(139) Pio IX, Bolla Ineffabilis Deus: DS 2803.

(140) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 56: AAS 57 (1965) 60.

(141) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 53: AAS 57 (1965) 58.

(142) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 56: AAS 57 (1965) 60.

 

venerdì 7 dicembre 2012

MEMORIA DI SANT'AMBROGIO, VESCOVO DI MILANO

Un grande uomo ed un grande Vescovo!


Nato a Treviri da famiglia romana cristiana ed educato a Roma, Ambrogio era diventato governatore della Liguria e dell’Emilia. Recatosi a Milano per impedire tumulti fra cattolici e ariani nell’elezione del nuovo vescovo, venne improvvisamente acclamato lui vescovo dal popolo. Era ancora catecumeno, ma dovette accettare. Ordinato otto giorni dopo, il 7 dicembre 374, si dimostrò pastore autentico. Lottò a tutt’uomo contro il paganesimo, l’arianesimo, la disgregazione della società. Padre del poveri, soccorritore di ogni oppresso, si oppose più volte con forza al senato, all’imperatrice filoariana, all’imperatore Teodosio. Energico, costante, con vivo senso del pratico e dell’effettuabile, aveva rare doti di amministratore e d’uomo di governo. Nell’azione pastorale portò idee chiare e fermezza, dirittura di mire e senso della misura, ma soprattutto bontà e amore. Tempra di statista, avviò una politica integralmente cristiana ed ebbe altissimo il senso della libertà della Chiesa di fronte al potere imperiale e civile.
Riformò la liturgia, che da lui prese nome di «ambrosiana» e scrisse inni religiosi per il popolo. Fu un vero apostolo della carità: tutti potevano ricorrere a lui per qualunque bisogno, e giunse a vendere i vasi sacri per riscattare degli schiavi, affermando: «Se la Chiesa ha oro, non l’ha per custodirlo, ma per darlo a chi ne ha bisogno» (De officiis, II, 136). Sant’Agostino, che lo ascoltava entusiasta, fu da lui avviato alla conversione e accolto nella Chiesa. Il segreto della predicazione penetrante di Ambrogio sta in ampie e profonde meditazioni sulla sacra Scrittura. Egli è uno dei quattro grandi dottori dell’Occidente, e un vero «maestro di vita».
Eccovi uno stralcio di una sua lettera. Sottolineo il linguaggio della navigazione perchè mi è particolarmente caro.

Ambrogio scrive a Costanzo (Lettera 36 in Opera omnia 20, 1988, p. 22ss):

"Hai assunto l'ufficio episcopale e, sedendo sulla poppa della Chiesa, guidi la nave contro i flutti. Tieni saldo il timone della fede, perché le pericolose procelle di questo mondo non possano turbarti. Il mare senza dubbio è grande ed esteso, ma non temere, perché 'Egli l'ha fondata sui mari e l'ha stabilita sui fiumi'. Perciò, non senza ragione, la Chiesa del Signore, per così dire costruita sulla pietra dell'apostolo, rimane immobile tra i tanti marosi del mondo e sul suo fondamento inconcusso resiste senza tregua alla violenza del mare che infuria... Il mare è la Scrittura divina... Raccogli l'acqua di Cristo, quella che loda il Signore...l tuoi discorsi siano come acqua che scorre copiosamente, siano puri e limpidi... pieni di discernimento..." (n. 1).


martedì 4 dicembre 2012

Missione esplorativa presso Nahal Tekoa - Wadi Caritone

Domenica scorsa, con una squadra formata da nove persone e guidata dal prof. Gregor Geiger e da fr. Oscar Mario Marzo, ci siamo recati presso il Nahal Tekoa - Wadi Caritone, per esplorare una cavità naturale di circa 200 metri e per un "survey" sui resti del monastero del grande Santo Caritone, monaco del deserto.
Di seguito vi riporto uno scritto riguardante la sua vita, a seguire una serie di immagini del meraviglioso luogo visitato.


San Caritone nacque e fu cresciuto ad Iconio, in Asia Minore, sotto il regno dell'imperatore Aureliano (270-276).
All'inizio del suo regno, il successore di quest'ultimo, Diocleziano, non era ostile ai cristiani; ma, posseduto dal demonio dichiarò in seguito una violenta persecuzione contro quelli che invocavano il nome di Cristo (394).
Poiché Caritone era famoso ad Iconio per la sua pietà e la sua virtù, fu catturato dai soldati dell'imperatore e condotto avanti al console.
Avendo confessato senza paura il Cristo e condannato gli idoli, Caritone fu steso a terra e così violentemente picchiato che le sue carni furono ridotte in brandelli.
Venne gettato in prigione e fatto uscire qualche giorno più tardi per essere presentato di nuovo avanti al tribunale.
Liberato di prigione, si rifugiò in Egitto fino a che Costantino il Grande decretò la fine delle persecuzioni e riconobbe ufficialmente la religione cristiana.
Portando il suo corpo i segni della Passione di Cristo, Caritone, liberato dalla minaccia del martirio, perseguì con grande zelo la via di imitazione del Cristo con una vita di ascesi e di austerità.
Alle sofferenze volontarie che egli infliggeva al suo corpo per ridurlo in schiavitù e farlo obbedire alle leggi dello spirito si aggiunsero delle prove involontarie.
Un giorno, allorché si dirigeva verso Gerusalemme incontrò sulla strada una banda di briganti che lo legarono e lo condussero nella loro grotta.
Ma furono ben presto vittima della Giustizia Divina.
Essi morirono tutti dopo aver bevuto del vino nel quale una vipera aveva versato il suo veleno.
Caritone, rimasto solo, fu miracolosamente liberato dai suoi legacci e divenne erede del bottino che i briganti avevano ammassato.
Distribuì allora queste ricchezze male acquisite donandole ai poveri e utilizzandole per la costruzione di chiese per la Grazia di Dio, e si installò in una grotta situata in un luogo chiamato FARAN, al fine di praticarvi l'ascesi.
Da questa grotta, il Santo attirò molti infedeli facendo loro abbracciare la fede e seguire l'esempio della sua vita angelica.
Ma poiché questa affluenza lo distraeva dalla sua amata solitudine, partì per installarsi in una altra grotta solitaria dopo aver piazzato il migliore dei suoi discepoli a capo della comunità di Faran e aver esortato i suoi figli spirituali a mantenere strettamente la temperanza nel nutrimento e nel sonno, a pregare la notte come il giorno nelle ore che aveva loro insegnato e a ricevere i poveri e gli stranieri come fossero il Cristo stesso.
Ritirato sulla montagna di DUKAS, nei dintorni di Gerico, non potè però restare molto tempo a conversare in solitudine con Dio: molti discepoli vennero a raggiungerlo e lo obbligarono a costruire una seconda Laura* ed a fuggire di nuovo in un altro ancora più isolato chiamato TEQUE (o Tekoa).
Egli si installò con qualche discepolo in una terza Laura, che si chiamò dal nome siriaco SUKA (monastero) o ancora "l'antica Laura".
Ma niente poteva arrestare la folla dei numerosi discepoli e pagani che accorrevano per dilettarsi del miele delle sue parole e per contemplare questa immagine vivente del Cristo.
Così, Caritone, che non desiderava altro in questo mondo che la soavità dell'unione con Dio nella solitudine, si ritirò al di sopra di Laura, in una grotta di così difficile accesso che non si poteva raggiungere se non con delle scale.
Egli dimorò lì numerosi anni, abbeverandosi ad una sorgente che Dio, per le sue preghiere, aveva fatto sgorgare nella grotta.
Poiché Dio gli aveva anticipatamente rivelato la data della sua morte Caritone si fece trasportare nella sua prima Laura di FARAN.
Di là indirizzò un testamento spirituale ai suoi discepoli, nel quale indicava la via sicura per pervenire all'unione con Dio: vale a dire l'ascesi unita all'umiltà e alla carità verso tutti.
Avendo dato i suoi ultimi insegnamenti, si distese sul suo letto e si addormentò serenamente per raggiungere il coro degli Angeli e dei Santi.

*Nell'antico monachesimo di Palestina, la Laura era un luogo primitivamente occupato da uno o più eremiti, che l'abbondanza dei discepoli avevano trasformato in monastero.

Una icona di San Caritone
 

 
La partenza del sentiero
 

Il sentiero tracciato lungo la via
 
 

Vista sul wadi-nahal (trad. torrente)
 
 
Ancora un'altra vista sul nahal-wadi
 


Un momento di verifica e annotazione del percorso
 
L'interno della grotta
 
 
La squadra della missione, dopo l'uscita dalla grotta
 
 
...nei dintorni di Betlemme, un presepe ci voleva!
 


Tra le tante testimonianze archeologiche, ecco l'intonaco di una
cisterna adibita allo stoccaggio dell'acqua per il monastero