sabato 3 novembre 2012

RITROVAMENTI



31 ottobre 2012


Bosa (Sardegna), in mare ritrovate macine del IV sec. BC

Ancora una volta le acque di Bosa Marina si rivelano dense di passato restituendo manufatti di notevole valore storico ed archeologico. La Sezione Operativa Navale della Guardia di Finanza di Alghero ha riportato alla luce due macine in pietra, esistenti già dal IV secolo a.c. Si tratta, per la Planargia, del primo ritrovamento di questo tipo.

BOSA - L’operazione di ricerca e recupero si è svolta nelle acque a nord del litorale di Bosa ed ha visto protagonisti i sommozzatori delle Fiamme Gialle, coordinati dal Tenente Francesco Sancineto, in collaborazione col personale della Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Sassari e Nuoro.
Attraverso l’impiego del Guardacoste “G.208 Maresciallo Casotti” del Reparto di Alghero e l’ausilio degli esperti sub della soprintendenza e del Corpo della Guardia di Finanza, durante la ricognizione del fondo marino sono state individuate le macine in pietra che da millenni si trovavano ad una profondità di circa 15 metri.
All’importante scoperta sono subito seguite le delicate operazioni di recupero. I preziosi reperti storici sono stati posti a disposizione dei responsabili della Soprintendenza Archeologica di Sassari al fine di datare in maniera corretta gli oggetti rinvenuti.
Le due macine, di forma circolare con un diametro di 35 cm, uno spessore di 15 cm circa ed un foro al centro, sono analoghe a quelle utilizzate in quel periodo a bordo delle navi per ricavare la farina dai cereali. Tali arnesi rappresentano la tecnologia di quel tempo ed il loro rinvenimento, come altri, consente di aggiungere ogni volta un tassello utile alla ricostruzione della vita svolta quotidianamente a bordo di quelle navi che solcavano anticamente il nostro mare.
La scoperta di questi antichi manufatti si aggiunge ad altre, anche recenti, effettuate dagli uomini del Reparto Operativo Aeronavale di Cagliari impegnati in prima linea in mare e sul territorio a tutela del patrimonio naturale ed archeologico della Sardegna.

Fonte: www.sardegnaoggi.it

 Gli archeologi subacquei mentre recuperano le macine

Le macine, con cura, vengo issate in barca

Saranno oggetto di studio approfondito

Speriamo siano presto visibili al pubblico

venerdì 2 novembre 2012

GIORNO DEI DEFUNTI




Il biblista Garuti: «Nelle immagini della Scrittura il mistero che unisce Cielo e terra»

La Geenna, «valle sporca nei pressi di Gerusalemme nota per le fornaci dove il fuoco non si arrestava mai». Lo stagno di zolfo e fuoco di cui narra l’Apocalisse in cui saranno gettati Satana e i suoi seguaci. I corpi astrali, perfetti, a cui san Paolo paragona i corpi risuscitati. Sono diverse – anche se non numerosissime – le immagini che la Bibbia usa per parlare delle realtà ultraterrene. «Per molti testi dell’Antico Testamento, soprattutto quelli legati alla tradizione del tempio di Gerusalemme, non era prevista una sopravvivenza oltre la morte. L’unico riferimento era allo Sheol, un regno delle ombre, dove si vive di desiderio, mentre era chiara la proibizione di evocare gli spiriti», spiega padre Paolo Garuti, biblista e docente alla Pontificia Università San Tommaso d’Aquino di Roma.

«Solo negli ultimi decenni prima di Cristo – rileva lo studioso – si parla di Risurrezione, ma solo come premio per i giusti che vivranno in un mondo terreno, molto concreto, secondo una visione di tipo farisaico che emerge in testi come la Sapienza e il libro dei Maccabei». É con il cristianesimo che «inizia a diversificarsi il mondo oltre la morte e nel Nuovo Testamento si parla anche di un castigo per gli empi». Ecco che al fuoco delle Geenna si affiancano «la strana sintesi citata nell’Apocalisse di un Regno terreno dei giusti, quello dei mille anni» e le metafore sulla condizione dei morti prima della risurrezione. Quella del corpo è una questione fondamentale che viene evidenziata da san Paolo, specialmente quando entra in contatto con la mentalità greca.

«Oggi, nella cultura mediterranea e occidentale – osserva padre Garuti – convivono due correnti di pensiero: una indoeuropea, platonica e agostiniana, che intendendo il corpo come una prigione che resiste all’idea della risurrezione; e una semitica, legata al mondo biblico, aristotelica e scolastica, per la quale l’essere umano non può esistere senza il corpo. Tale corrente fa dunque fatica a spiegare cosa succede ai morti prima della risurrezione». Sebbene queste due polarità «non siano mai state risolte dalla Chiesa», è vero che «l’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, non finisce e se non finisce porta con sé, dopo la morte, tutto ciò che è stato in vita, altrimenti sarebbe un’altra persona».

La Chiesa parla dunque «di premio per i giusti, di castigo per gli empi e di purificazione, così come di comunione tra vivi e morti, cioè della comunione dei santi che ci permette di pregare per i nostri morti e di chiedere ai santi di pregare per noi».

Sull’idea di una continuità tra vita terrena e ultraterrena ha giocato un ruolo decisivo il Concilio: «C’è stata una rivalutazione dell’escatologia realizzata, cioè della fede e della opere di carità che portano l’eternità nel tempo». Dopo «una svalutazione della realtà terrena tipica di una Chiesa del primo Ottocento ripiegata sullo spirituale», il Concilio infatti «ha rilanciato l’impegno in questo mondo e la condivisione con i fratelli».
Oggi la sfida è invece quella di «trasmettere e inculturare il messaggio cristiano in una società multietnica dove si sovrappongono diverse speranze nell’Aldilà».

Stefania Careddu
da Avvenire.it

giovedì 1 novembre 2012

Dalla Gerusalemme terrestre alla Gerusalemme celeste

Questo passaggio importante della nostra vita, cioè dalla Gerusalemme di questa terra sino alla Gerusalemme del Cielo, lo vivremo tutti. In questo sta il senso e la direzione della Festa di Ognissanti, celebrata ogni anno il primo giorno di Novembre. Oltre ai santi auguri che ci esprimiamo gli uni gli altri, facciamo sì che il nostro pensiero giunga anche a Gerusalemme. Un pensiero che alimenti il nostro credo nella vita eterna e ci confermi nella speranza che "lassù" ci attenderà pace e serenità.
Colgo l'occasione di questa festa per salutare tutti, amici e conoscenti, uomini di buona volontà e colleghi, i miei familiari e tutte le persone che oggi ricorderanno santi speciali e chi ci ha preceduto nel segno della fede.

Ci lasciamo confortare dalle parole sapienti di S.Agostino:



Nella vita eterna somma serenità...



30. 1. Sarà grande la serenità dove non vi sarà alcun male, non mancherà alcun bene, si attenderà alle lodi di Dio che sarà tutto in tutti (cfr 1Cor 15,28). Non so che altro si faccia in uno stato, in cui non si desisterà per inerzia, non ci si affannerà dal bisogno. Sono avvertito anche da un brano poetico della sacra Scrittura, in cui leggo o ascolto: Beati quelli che abitano nella tua casa, ti loderanno per sempre (Salmo 83,5). Tutte le parti palesi o riposte del corpo immune dal divenire, che ora vediamo adibite alle varie soddisfazioni della soggezione al bisogno, poiché allora non vi sarà tale soggezione, ma piena, certa, sicura, perenne serenità, saranno attente alle lodi di Dio. Tutti i ritmi dell'armoniosa proporzione del corpo, dei quali ho già parlato, che ora sono latenti, allora non lo saranno. Essi, disposti dentro e fuori in tutte le parti del corpo, assieme alle altre cose che nell'eternità appariranno grandi e meravigliose, infiammeranno col lirismo della bellezza intelligibile fondata sul numero le intelligenze capaci del numero alla lode di un sì grande Artefice. Non oso stabilire quali saranno i movimenti dei corpi perché non sono capace di immaginarlo, tuttavia movimento e pausa, come pure la figurazione, qualunque sia, sarà conveniente perché lì quel che non sarà conveniente non vi sarà affatto. Certamente dove vorrà l'anima spirituale, vi sarà immediatamente il corpo; e l'anima spirituale non vorrà qualcosa che potrebbe non convenire né a lei né al corpo. Vi sarà vera gloria perché nell'eternità nessuno sarà lodato per un errore di chi loda o per adulazione. Vi sarà vero onore che non sarà negato a chi ne è degno, non sarà concesso a chi ne è indegno, ma un indegno non lo bramerà perché lì non è ammesso un uomo indegno. Vi sarà una vera pace perché non vi sarà contrasto né da sé né dall'altro. Premio della virtù sarà colui che ha dato la virtù e alla virtù ha dato se stesso, del quale nulla vi può essere di più buono e di più grande. Difatti quel che ha promesso mediante il profeta: Io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo (Cfr. Lv 26,12; Ez 36,28; 37,27) non significa altro che: "Io sarò colui da cui saranno appagati, io sarò tutte le cose che dagli uomini sono desiderate onestamente: vita, benessere, vitto, ricchezza, gloria, onore, pace e ogni bene". In questo senso si interpretano rettamente anche le parole dell'Apostolo: Affinché Dio sia tutto in tutti. Egli sarà il compimento di tutti i nostri desideri, perché sarà veduto senza fine, amato senza ripulsa, lodato senza stanchezza. Questo dono, questo amore, questa azione saranno comuni a tutti, come la stessa vita eterna.

Tratto da S.Agostino, La Città di Dio, libro XXII 30,1

Per il testo completo dell’opera: http://www.augustinus.it/italiano/cdd/index2.htm



 
Particolare della Città Santa di Gerusalemme in un mosaico del V sec. dC
cosidetta "Carta di Madaba"
 
 
 
   
Aquileia (UD), particolare del mosaico della Chiesa cattedrale.
La tartaruga (il male nelle sue estensioni) lotta con il gallo (rappresentante della luce),
ne esce una lotta tra l'oscurità e la luce, la posta in palio (sulla colonna, l'anfora)
sembra essere la vita eterna conquistata attraverso la lotta da uomini e donne di luce.