martedì 19 dicembre 2017

Ritiro per i volontari italiani presenti in Terra Santa presso la Grotta della Natività a Betlemme - 19 dicembre 2017



Per chi desidera, di seguito ho riportato il testo del ritiro di Natale ai volontari italiani presenti in Terra Santa.

Lettura  Fil 3, 20b-21
Aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che ha di sottomettere a sé tutte le cose.

Antifona

O Germoglio di Iesse, che ti innalzi come segno per i popoli: tacciono davanti a te i re della terra,
e le nazioni t’invocano: vieni a liberarci, non tardare.


O Radix Jesse, qui stas in signum populorum, super quem continebunt reges os suum, quem gentes deprecabuntur: veni ad liberandum nos, jam noli tardare.

Proposta di riflessione

Grazie di cuore per avermi invitato a condividere un tempo di ritiro, di riflessione e di festa qui a Betlemme dove possiamo “prendere il pane” nella casa dove Dio ha posto la sua dimora.

Carissimi e carissime, veniamo qui stasera a prendere un nutrimento spirituale affinché la nostra vita continui ad essere un dono per gli altri, come fece il Signore Gesù che passò sanando e beneficando tutti (cfr. At 10,38). Lo dicono coloro che sono stati con lui e in modo particolare l’apostolo Pietro.

Vi propongo per questa sera una delle antifone “O”; difficile capire da dove si siano originate, ma sappiamo che già al VI sec. sono pregate e cantate dalla comunità cristiana di Roma. Testimoniate da Boezio Severino e Gregorio Magno, che diventeranno poi santi, queste antifone ora ci preparano al Natale del Signore. Siamo invitati quindi ad invocare il Signore Dio come "Radice di Iesse"[1], sono quegli "inizi vitali" che hanno generato il Verbo della vita. Sono gli inizi della creazione, gli inizi di una discendenza, sono gli inizi della nostra vita, sono gli inizi di ogni azione che porta accoglienza e pace a chi incontriamo lungo il nostro cammino, sono gli inizi di quando ci apprestiamo ad intraprendere una nuova pagina della nostra vita.

Possiamo pensare e credere all'infinita bontà e misericordia di Dio, che venendo a porre la sua dimora in mezzo a noi, ha liberato ogni uomo dalle potenze del mondo. L'antifona "O" odierna esprime la grande forza di questo nostro Dio, onnipotente nell'amore e lento all'ira. È un germoglio che è stato generato da coloro che hanno preparato la sua venuta ed lo hanno salutato da lontano e nonostante tutto è giunto fino a noi oggi. Pensare e credere che QUI il Signore Gesù ha posto la sua dimora e da qui, assieme a Giuseppe e Maria è ritornato alla vita ordinaria di Galilea, pensare e credere questo significa che abbiamo in cuore e nelle nostre menti il segno della sua presenza, la manifestazione del suo Spirito affinché diventi utilità per tutti. Trova qui senso, direzione, via, accampamento (in senso biblico ovviamente, perché qui abbiamo delle grotte…) la grandezza di Dio che si è fatto uno di noi, che si è così abbassato per vivere la nostra esistenza, meglio ancora le nostre esistenze. Il segno quindi per i popoli è andato a segno, cioè la misura che Dio ha preparato per la salvezza dei popoli ha raggiunto il cuore umano, e se ciascuno lo desidera in cuore, può essere salvato perché Egli, il Signore, è causa di salvezza eterna. (cfr. Eb 5,7-9)

“…tacciono davanti a te i re della terra…”. Talvolta invece le "nazioni" sono quasi l'opposto. Si misurano nella potenza del parlare e sembra vincere chi ha la voce più forte, quando non è arrogante e pesante nel linguaggio, si contano la forza delle armi e degli armamenti in genere, si scatenano ire tra nazioni e contro altre nazioni e vi è sempre la legge del forte sul debole. QUI invece vale la legge del silenzio, anzi direi di più, vale la legge del frutto del silenzio. Mentre a Betlemme invochiamo nella Santa Notte, la nascita del Salvatore, a Gerusalemme si innalzano preghiere e suppliche affinché Dio salvi il suo popolo: “Gerusalemme Città di Dio, su di te sorgerà il Signore… in te apparirà la sua gloria…” è il responsorio di preghiera che in queste settimane si recita. Il Dio di Gesù Cristo invece ha rovesciato questa prospettiva umana e terrena, quella prospettiva che spesso regna sovrana del forte sul debole e che vediamo spesso anche in Medio Oriente è invece rovesciata completamente da un bambino che giace in una mangiatoia e quando anche i grandi della terra giungono qui si abbassano per qualche momento e comincia il silenzio. Noi oggi siamo qui anche per affidare una parola di intercessione, una parola di preghiera per le tante situazioni di bambini che qui e nel mondo soffrono a causa della malattia per eccellenza dell’uomo, la sclerocardia, la durezza di cuore. È una sclerosi, un indurimento, che colpisce il centro del nostro essere e operare con bontà, tocca quella facoltà con la quale si può vedere l’Invisibile. Ovvio che si può guarire altrimenti il sacrificio del Signore sarebbe stato vano. C’è bisogno di fidarci di lui e di non mollare la presa.

Vado quindi ad attingere ad uno dei Giganti che ha vissuto qui, a pochi passi da dove siamo ora, là dietro… (la grotta di Girolamo, c’è ancora il suo sepolcro, ma il corpo fu traslato a Roma nel XII sec.[2]), ebbe quindi a dire in una delle omelie che fece in questa chiesa:
«Potessi vedere ancora quella mangiatoia dove fu deposto il Signore. Ora noi, come se questo fosse ad onore di Cristo, abbiamo tolto quella di fango e ne abbiamo messa una d’argento; ma, per me, era molto più preziosa quella che è stata tolta. Argento e oro convengono al paganesimo, alla fede cristiana conviene che sia di fango quella mangiatoia! Colui che là è nato, in quella mangiatoia, disprezza l’oro e l’argento. Non intendo condannare chi ha fatto questo pensando di rendere onore a Cristo (non condanno neppure quelli che fecero le suppellettili d’oro per il tempio) però ammiro di più il Signore che, pur essendo il creatore del mondo, non nasce in mezzo a oro e argento ma nel fango». Girolamo, Omelia per la Natività del Signore (fine IV sec. d.C.)

Propongo infine visivamente una immagine. Questa passerà tra di voi. È un germoglio che spunta in mezzo al deserto, segno della vita che supera ogni condizione, a prima vista brulla e inospitale. Se la natura opera così attorno a noi, proviamo a pensare quanto l’amore di Gesù, autore e perfezionatore della fede, possa agire in noi e nelle nostre vite! Credo anche al di là di ogni aspettativa e previsione. Posso pensare che in questo tempo ognuno di noi, di voi porti in cuore dei sogni, delle previsioni per il futuro, delle responsabilità; questo è il tempo che il Signore di dà per portare a compimento la sua Parola fatta carne. In questa casa di Dio che è Betlemme possiamo chiedere al Signore di liberare la nostra vita se vediamo che è bloccata da qualcosa o da qualcuno. Siamo nel tempo giusto e favorevole per dire a Gesù: Vieni Gesù, Maranathà! Un germoglio di vita e amore possa spuntare per ciascuno di noi.


Har Karkom. Deserto del Negev centrale.

Vieni allora Gesù a liberarci, vieni non tardare. Noi siamo qui e attendiamo la tua venuta.

Responsorio
Vieni a liberarci, Signore, * Dio dell'universo.
Vieni a liberarci, Signore, Dio dell'universo.
V. Mostraci il tuo volto, e saremo salvi,
Dio dell'universo.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Vieni a liberarci, Signore, Dio dell'universo.


Grazie e augurissimi di Buon Natale e Felice Inizio di Nuovo Anno 2018
Il Signore Gesù vi dia gioia e pace!


[1] “Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo Spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. (…) Il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà”. Isaia 11,1-10
[2] Le reliquie di san Girolamo sono nell’urna di porfido dell’altare papale di S. Maria Maggiore. I resti pervennero alla basilica nel XII secolo e furono riposti all’ingresso dell’Antrum Praesepi; nel 1409 la famiglia Guaschi li fece collocare in un altare appositamente costruito. Nel 1424, per mezzo di un lascito del cardinale Pietro Morosini, le ossa furono riposte in una cassetta d’argento del costo di 100 fiorini. Per la costruzione della cappella Sistina o del SS. Sacramento, Sisto V fece demolire la precedente, dedicata a S. Girolamo, al cui altare quattrocentesco si veneravano i resti. Secondo una leggenda il canonico Ludovico Cerasola, per evitare un'eventuale loro traslazione alla chiesa di S. Girolamo degli Schiavoni, li nascose nel pavimento a destra del presbiterio. In seguito il cardinale Domenico Pinelli riesumò la cassa d’argento contenente il corpo di S. Girolamo e la pose sotto la confessione. Rinvenuta la cassetta nel 1747 fu collocata definitivamente all’altare del Papa. Una sua reliquia si espone a S. Onofrio al Gianicolo. S. Girolamo nacque verso il 340 in una cittadina nei pressi d'Aquileia e morì a Betlemme nel 420; fu un fautore del culto delle reliquie. (SICARI G. Reliquie insigni e “Corpi santi” a Roma, Roma 1998)

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