lunedì 20 maggio 2013

ANNIVERSARIO


Dieci anni fa il saccheggio al Museo di Baghdad
Una immagine del 2003 dell'ingresso del Museo Nazionale di Baghdad


Dieci anni dopo il saccheggio, nel caos seguito all'ingresso delle truppe americane a Baghdad, il Museo Nazionale iracheno di archeologia lotta per la riapertura totale e per la ricomposizione del suo patrimonio. A ricordarlo in un forum internazionale oggi a Baghdad il ministero delle Antichità e del Turismo in occasione della Giornata mondiale dei Musei. Annunciato anche l’accordo per la costruzione di un nuovo spazio espositivo nella ex base aerea di al Muthana, segno concreto di una volontà di rinascita. Gabriella Ceraso ne ha parlato con l’archeologo Giuseppe Proietti responsabile dei progetti italiani all’estero:

R. – Il Museo di Baghdad è uno dei musei più importanti di antichità al mondo; conservava la parte certamente più importante del patrimonio archeologico ascrivibile a tre grandi culture: dei sumeri, di Babilonia, degli assiri. Per esempio, i grandi rilievi assiri della Sala Assira; molte delle opere del Sud dell’Iraq, luoghi leggendari della nascita dell’uomo così come lo conosciamo noi su questa terra. Ur è la città da cui è partito Abramo: erano ancora conservate nel museo alcune sculture, alcuni bronzi …

D. – Che cosa è andato perdute e che cosa è tornato, invece, nel museo, oggi?

R. – La gran parte di queste opere è stata trafugata: erano soprattutto sigilli in terracotta. Ce ne sono a centinaia di migliaia … Le opere veramente importanti erano 37, tutte nuovamente poi acquisite dal museo o attraverso una restituzione volontaria o attraverso operazioni di intelligence. Pensi che i muezzin, dopo il furto, nelle loro preghiere quotidiane invitavano la popolazione a restituire spontaneamente le opere che erano state trafugate.

D. – E oggi, come appare?

R. – Una parte del museo l’abbiamo riaperta. La Galleria assira, che è una delle parti più spettacolari, quella con i grandi rilievi dei re assiri, completamente rinnovata anche nei suoi criteri allestitivi, di illuminazione, e alla riapertura del museo era presente anche Al Maliki, allora primo ministro iracheno. Il museo non è aperto tutti i giorni al pubblico, ma non perché sia ancora devastato, bensì perché si trova in una zona che non è ancora ritenuta sicura, tanto che il restauro del Vaso di Uruk, una delle due opere più importanti tra quelle trafugate e poi restituite al museo, è stato eseguito da restauratori italiani all’interno della cosiddetta zona verde, quella dove si trovano gli ex palazzi presidenziali di Saddam, le ambasciate dei Paesi occidentali …

D. – Ora questo passaggio ulteriore, di affidare la costruzione di un nuovo spazio per un’area che era un’ex area militare, ad un grande architetto di origini irachene che ormai vive a Londra, come Zaha Hadid: che ne pensa?

R. – Si parlava già da tempo che del nuovo grande museo se ne occupi un architetto come Zaha Hadid, che noi in Italia conosciamo bene perché è stato il progettista del Maxxi: è una scelta molto significativa da parte delle autorità irachene. Evidentemente, vogliono che questo impegno sia considerato un impegno di grande prestigio.

D. – Anche in Siria, come in Iraq allora, c’è una guerra che sta durando da tanto tempo e sta distruggendo tanto patrimonio artistico mondiale. Quello che è accaduto in Iraq nel tempo, ovvero un recupero parziale, si può ipotizzare anche per la Siria?

R. – E’ veramente difficile, operare in contesti di questa natura. Che cosa si può fare? Purtroppo, temo ben poco …



Testo proveniente dalla pagina

 
DI SEGUITO ALCUNE IMMAGINI DELLE DISTRUZIONI DEL 2003...NON CI SONO COMMENTI MA SOLO VERGOGNA. LA GUERRA E' ANCHE TUTTO QUESTO...



 
...CHISSA' COSA TROVEREMO IN SIRIA, DOPO IL CONFLITTO DI QUESTO TEMPO...


 

sabato 18 maggio 2013

ORAMAI VICINI AL FESTIVAL BIBLICO A VICENZA!


Il Festival si presenta alla stampa


Presentata questa mattina (ndr 17.05.2013) alla stampa la IX edizione del Festival Biblico.

La conferenza stampa a Vicenza, nella Chiesa di Santa Corona, assieme ai due Presidenti del Festival e al vescovo di Vicenza.

L'edizione 2013 della manifestazione, che prenderà il via il 31 maggio per concludersi il 9 giugno, è stata illustrata nei particolari a partire dal tema guida dell'anno, il rapporto tra fede e libertà, tratto dal vangelo di Giovanni "Se conoscessi il dono di Dio". Già nelle premesse i numeri di questa edizione sono da record: 10 giorni di eventi, 160 occasioni di incontro con le Sacre Scritture, 18 mostre gratuite e più di 170 protagonisti.

"La pretesa della nostra proposizione sarà quella di invitare a riflettere e confrontarci sul fatto che per la Bibbia le due istanze evocate, la fede e la libertà umane, più che essere in contrapposizione, sono in realtà in un rapporto di coimplicazione e cogenerazione", ha spiegato Mons. Roberto Tommasi, Presidente del Festival Biblico per la Diocesi di Vicenza. "Infatti la libertà effettiva nel suo rapporto essenziale alla fede, rapporto che è strutturale nella Bibbia tanto quanto nel pensiero filosofico, è effettivamente al cuore della condizione umana", ha concluso Mons. Tommasi.

Come già anticipato in questo sito, sono 4 i percorsi tematici che il Festival propone quest'anno: il percorso spirituale, esegetico e teologico, che più incarna la proposta spirituale del Festival, con l'immancabile incontro in Cattedrale a Vicenza, quest’anno affidato al dialogo tra Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio consiglio per la famiglia e la scrittrice Lucetta Scaraffia (giovedì sera 6 giugno). Al suo interno il percorso propone una serie di appuntamenti che indagano il rapporto fede-libertà nelle Sacre Scritture riscoprendo alcune figure della fede presenti nella Bibbia. Società, educazione e cultura sono le parole chiave che guideranno un secondo percorso, con protagonisti provenienti dal mondo laico, che toccherà la fede, la libertà e il loro intreccio nella quotidianità dell’esistenza umana. Su questo binario si muoveranno sociologi, magistrati, scrittori, filosofi, giornalisti e tanti altri. Tra gli incontri più attesi quello dedicato a Padre Puglisi con Pietro Grasso eAlessandro D’Avenia. L’attenzione al contesto globale è confermata anche dal terzo percorso, quello storico e archeologico, che anche quest’anno è racchiuso all’interno della Linfa dell’Ulivo, il Focus sulle Terre Bibliche, promosso dall’Ufficio Pellegrinaggi della Diocesi di Vicenza; percorrendo il filo rosso di fede e libertà, il Festival Biblico propone infine selezionati momenti di incontro con arte, musica, cinema e teatro. L’ironia amara del teatro di Natalino Balasso e il grande concerto di sabato sera in piazza dei Signori con Edoardo Bennato. Due degli eventi più significativi.

"Non è tutto! Sono tante le novità di quest'anno, alcune anche sfiziose", ha spiegato don Ampelio Crema, Presidente del Festival Biblico per i Paolini. "Siamo sempre attenti a mixare in modo armonico,innovazione e tradizione. La IX edizione presenta infatti una svolta tecnologica con l’implementazione di tutti gli strumenti "social” (sito, facebook, twitter, youtube…), l’ideazione dell’App per smart phone dedicata alla manifestazione e la futura trasmissione in diretta streaming su questo sito di circa una decina di eventi in programma per il Festival".

E' stato inoltre ricordato l’impegno solidale del Festival che quest'anno proporrà quattro degli eventi più attesi e qualificati con la traduzione simultanea in LIS (Lingua Italiana dei Sordi) per il pubblico di non udenti. Un altro gesto di attenzione per il Festival e l'ambiente che lo circonda è la scelta di spostarsi in modo ecologico, con l'utilizzo di 10 bici elettricheper gli spostamenti dello staff e dei volontari della manifestazione. Infine, il gradito ritorno di un testimonial d’eccezione: il vino del Festival. Dopo un "bianco” (il Vespaiolo DOC della scorsa edizione) è la volta di un "rosso”, la bottiglia che rappresenterà il Festival 2013 è infatti il Cabernet Sauvignon DOC delle zone collinari di Breganze.

Ora, non vi rimane che venire al Festival!

mercoledì 15 maggio 2013

APPELLO AL MONDO DALLA TERRA SANTA

Un Appello per i due Vescovi rapiti in Siria

Comunicato stampa: Un appello dei Patriarchi e Capi delle Chiese di Gerusalemme riguardante il rapimento dei due Vescovi Metropoliti avvenuto in Siria – Maggio 2013

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Noi, i Capi delle Chiese di Gerusalemme, abbiamo in preghiera seguito la violenza in corso, lo spargimento di sangue e il conflitto in Siria, iniziati nel marzo 2011. Tutti i giorni decine, o a volte centinaia di persone vengono uccise a causa del conflitto in corso, e migliaia sono rimaste senza case o ricoveri continuando a muoversi senza meta in cerca di sicurezza, cibo e cure.
Un paio di settimane fa, due dei nostri Vescovi Metropoliti di Aleppo, Mar Gregorios Ibrahim della Chiesa siro-ortodossa e Paolo Yazigi della Chiesa greco-ortodossa di Antiochia, sono stati rapiti e il loro autista è stato assassinato mentre stavano consegnando aiuti umanitari ad alcune famiglie di sfollati nella regione. Questo orribile atto di rapire due anziani sacerdoti è un ulteriore segno della tragica situazione in Siria ed è un fenomeno estremamente pericoloso e nuovo nella nostra regione.
I nostri cuori e le nostre menti vanno a tutto il popolo siriano, in particolare alle nostre comunità cristiane e ai loro capi spirituali, che subiscono la sofferenza, la violenza e i maltrattamenti. E facciamo appello a tutte le persone che sono coinvolte nel conflitto affinché cerchino la pace e la stabilità per il bene di tutti i Siriani e pongano fine a questo ciclo di violenza e di spargimento di sangue. Sollecitiamo inoltre l’immediata liberazione dei Vescovi Ibrahim e Yazigi e il loro ritorno sicuro alle loro Chiese e al loro popolo fedele.
Uniamo anche le nostre voci a quelle delle nostre Chiese sorelle in Siria e chiediamo alle nostre antiche comunità cristiane di rimanere salde nella loro fede e nella speranza, preghiamo con loro e per loro, in questo momento di tumulto e caos, per la loro sicurezza, la continua presenza e testimonianza. Come S. Paolo scrive ai Romani: “Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore”. (Romani 8,38-39)


I Capi delle Chiese di Gerusalemme:
+Patriarca Theophilos III, Patriarcato Greco-Ortodosso
+Patriarca Fouad Twal, Patriarcato Latino
+Patriarca Norhan Manougian, Patriarcato Armeno Apostolico Ortodosso
+P. Pierbattista Pizzaballa, ofm, Custode di Terra Santa
+Arcivescovo Anba Abraham, Patriarcato Copto-Ortodosso, Gerusalemme
+Arcivescovo Swerios Malki Murad, Patriarcato Siro-Ortodosso
+Aba Fissiha Tsion, Locum Tenens del Patriarcato Etiope-Ortodosso
+Arcivescovo Joseph-Jules Zerey, Patriarcato Greco-Melchita-Cattolico
+Arcivescovo Moussa El-Hage, Esarcato Patriarcale Maronita
+Vescovo Suheil Dawani, Chiesa Episcopale di Gerusalemme e del Medio Oriente
+Vescovo Munib Younan, Chiesa Evangelica Luterana in Giordania e Terra Santa
+Vescovo Pierre Melki, Esarcato Patriarcale Siro-Cattolico
+Mons. Joseph Antoine Kelekian, Esarcato Patriarcale Armeno-Cattolico

martedì 14 maggio 2013

FESTA EBRAICA DI SHAVUOT QUESTA SETTIMANA



PER APPROFONDIRE COS'E' SHAVUOT
 
CLICCA QUI
 

RITROVAMENTO LUNGO LA STRADA NUOVA (IN COSTRUZIONE) A NORD DI BEERSHEVA


Spectacular colorful 1,500-year-old mosaic discovered on route of new highway to be built north of Be'er Sheva
 

 
Photo Credit: Israel Antiquities Authority: Yael Yolovitch

Excavations on the route of a new superhighway north of Be’er Sheva have uncovered a spectacular 1,500-year-old mosaic in the field of a kibbutz, providing vacationers for those with an extended Shavuot holiday to view the latest discovery.
The Israel Antiquities Authority (IAA) and Cross-Israel Highway Company, which operates “Kvish 6,” or Highway 6, is opening the excavation free of Charge on Thursday morning until noon, when schools and man Yom Ha’atzmaut government offices are closed as an extra day off following Shavuot. The Jewish holiday, also known as Pentecost, is celebrated only one day in Israel but two days outside the country.
The colorful dating to the Byzantine period between the 4th and 6th centuries was exposed in recent weeks in the fields of Kibbutz Bet Kama, located approximately 15 miles north of Be’er Sheva and 50 miles south of Tel Aviv.
During the Byzantine period Jewish and Christian settlements in the region were located next to each other. A synagogue and ritual bath (mikveh) were exposed in two nearby ancient Jewish communities
Before road builders can start getting ready to pave the extension of the highway from north of Beit Kama to a junction only 10 miles north of Be’er Sheva, excavations are carried out to determine if there are historical treasures underground. The archaeological site covers 1.5 acres on kibbutz farmland.
Several astounding finds already have been declared by the IAA, but the mosaic is one of the most spectacular of its kind in the country.
The main building at the site was a large hall 12 meters long by 8.5 meters wide and its ceiling was apparently covered with roof tiles. The hall’s impressive opening and the breathtaking mosaic that adorns its floor suggest that the structure was a public building.
The well-preserved mosaic is decorated with geometric patterns and its corners are enhanced with amphorae – jars used to transport wine – a pair of peacocks, and a pair of doves pecking at grapes on a tendril. These are common designs that are known from this period; however, what makes this mosaic unique is the large number of motifs that were incorporated in one carpet.
Pools and a system of channels and pipes between them used to convey water were discovered in front of the building. Steps were exposed in one of the pools and its walls were treated with colored plaster, known as fresco.
Archaeologists in the Antiquities Authority are still trying to determine the purpose of the impressive public building and the pools whose construction required considerable economic resources.
The site seems to have consisted of a large estate that included a church, residential buildings and storerooms, a large cistern, a public building and pools surrounded by farmland. Presumably one of the structures served as an inn for travelers who visited the place.
 

lunedì 13 maggio 2013

NUOVO LIBRO DELLA COLLANA "BIBBIA E TERRA SANTA"



Bargil Pixner ha percorso a piedi le «strade del Messia». Questo volume raccoglie le sue appassionate ricerche, minuziosamente documentate sulle fonti storiche e confermate dagli scavi archeologici: • riscoperta di Betsaida • la Porta degli esseni • quartiere degli esseni a Gerusalemme. Grazie alla cura del prof. Rainer Riesner, suo collaboratore e professore di Nuovo Testamento all’Università di Dortmund, la presente edizione offre una visione completa delle vicende relative a Gesù, dalla sua nascita, al suo ministero di predicatore itinerante, fino alla passione e alla morte in croce. I racconti evangelici, inseriti nel loro ambiente vitale, acquistano così vivacità e suscitano l’interesse sia del lettore semplicemente curioso di sapere, sia del credente che desidera approfondire le ragioni della propria fede.
 
Destinatari
Tutti e in particolare appassionati di archeologia e nuovi ritrovamenti; pellegrini che desiderano scoprire i luoghi di Gesù in Terra Santa.
 
Autore
BARGIL PIXNER (1921-2002), monaco benedettino di origine italiana, appartenente all’Abbazia della Dormizione di Gerusalemme, ha svolto per più di 25 anni un’intensa attività archeologica in Galilea soprattutto a Tabgha e Betsaida, e a Gerusalemme ed è stato una guida assai stimata dai pellegrini di Terra Santa. Ha pubblicato numerose opere in varie lingue per far conoscere i luoghi dove Gesù è vissuto e che sono giustamente definiti come un «Quinto Vangelo». Per le Edizioni Messaggero Padova ha già publicato, con McNamer, «Gesù e il cristianesimo» (2011).
 


domenica 12 maggio 2013

LA SUKA DI SAN CARITONE NEL DESERTO DI GIUDA...CONSIDERAZIONI ED ALLARMI. SALVIAMO L'ANTICA LAURA DI CARITONE!


Recentemente ho avuto modo di recarmi due volte presso i resti della grande Laura di S.Caritone nel deserto di Giuda. Innanzitutto che cosa sono le Laure?

Di seguito propongo uno stralcio di un’intervento del prof. Fotios Ioannidis dell’Università di Tessalonica – Grecia.

 

Le Laure

(parte di una lettura più ampia del prof. Fotios Ioannidis – Università Aristoteleion – Tessalonica)

 

Il prodotto piu originale del monachesimo palestinese furono le Laure. Laura (Λαύρα) e un termine greco che in origine ha il significato di "cammino stretto", "gola", "burrone". La tipica laura palestinese sorgeva infatti all' interno di alcuni stretti crepacci, su versanti desolati o scarsamente coperti da vegetazione di una montagna scoscesa. Il tipo di terreno in cui sorgeva fini per designare l' istituzione.

Moltissime notizie sulle famose laure palestinesi e dei loro famosi asceti prendiamo dall' agiografo Cirillo di Scitopoli e da Giovanni Cassiano.

I dintorni della laura classica non potevano essere piu caratteristici e pittoreschi. Gli edifici centrali si appoggiavano alla roccia scoscesa, quando non erano intagliati nella stessa pietra; a volte la costruzione si articola in gradoni. Sparse tutt'intorno si innalzavano le celle dei solitari, che rimanevano nelle loro residenze individuali per tutta la settimana. In esse pregavano, leggevano, meditavano, praticavano l' ascesi e lavoravano.

Nelle laure scavate nella roccia le celle erano spesso semplici fenditure; in quelle ubicate in pianura erano costruite di mattoni cotti o seccati al sole. Normalmente erano composte di due locali: un vestibolo e una piccola camera interna. Il nucleo centrale era composto da una chiesa, una sala di riunione, un forno, un magazzino e il piu delle volte una stalla. A volte la chiesa non era che un' ampia grotta piu o meno adattata. Non mancava la foresteria, in cui venivano ospitati pellegrini e viandanti.

Tutti i sabati i solitari della laura si riunivano negli edifici centrali. Si preparavano alla synaxis domenicale e vi prendevano parte, quindi tenevano un' assemblea.

I monaci lavoravano come braccianti nella costruzione di nuovi edifici o nella manutenzione di quelli esistenti. L'egumeno assegnava loro gli incarichi di maggiordomo, infermiere, cuoco, panettiere e mulattiere.

Nelle laure c'era un unione stretta tra i solitari che la costituivano. La loro vita era soggetta alle regole; tutti erano sottomessi all' autorità dell' egumeno; il sabato e la domenica praticavano vita comunitaria.

Il primo fondatore di laure fu un monaco originario di Licaonia, di nome Caritone.

La fondazione della Laura di Faran, pochi chilometri da Gerusaleme, puo essere datata intorno al 330. Caritone fondo altre due laure: una sul monte delle Tentazioni, presso Gerico, e l' altra di nome Souka, vicino a Betlemme. Le tre laure nacquero spontaneamente, senza che Caritone lo avesse deciso. Cio che cercava era la solitudine con Dio, e nulla piu. Ma dovunque egli stabiliva, affluivano numerosi i discepoli e nasceva una laura.

 

In seconda battuta riporto qualche rilievo e considerazione personali:

-         La Laura (Suka) di S. Caritone, per intenderci vicina all’insediamento israeliano di Tekoa, si trova in uno stato miserevole dove, da un nostro survey veloce, si è potuto notare noncuranza, erbaccia che dimora qui e là distruggendo definitivamente le testimonianze di cisterne, stanze, rete idrica, la torre stessa di sud, i tanti frammenti di intonaco ancora visibili, la cisterna di epoca bizantina dove l’acqua stagnante non è più utilizzata ed il sito per il turismo, costruito dalle antichità israeliane, è in totale abbandono. Ci troviamo in piena area dei Territori Palestinesi Occupati. Chi si darà pena di prendersi cura di questa importante memoria cristiana del deserto di Giuda?

-         Altrettanto in stato di abbandono è la grotta di S.Caritone, già studiata e posta in rilievo dall’archeologo Y.Hirschfeld e dal suo staff, con un’ottimo articolo apparso sul LA 50 (2000) e di cui riporto solo alcune righe iniziali: The monastery of Chariton was one of the largest and most important in the Judean Desert. It was founded as a laura in the mid-fourth century CE. It is related that Chariton wandered southwards from the monastery of Douka (Deir el-Quruntul west of Jericho) to a place located 14 stadia (some 2.6 km) from the village of Tekoa. Se, ed è a mio avviso la verità, questo complesso fu uno dei più grandi e più importanti monasteri del Deserto di Giuda, allora abbiamo il dovere di prenderci cura e chiedere conto ad Israele o all’ANP la possibile sistemazione e cura di questa importante area;

 

Ora guardiamo qualche foto che documenta lo stato di abbandono e di incuranza:


 Si notano molti resti di strutture poste qua e là, ma senza una cura ed una didascalia
Interno della cisterna di epoca bizantina con la croce sfregiata
Interno della cisterna bizantina con acqua stagnante
Cisterna bizantina, particolare. Si notano anche i pesci!
I resti di intonaco di una vasca di raccolta acqua
Queste strutture sono "condannate" a crollare nel prossimo futuro


Salviamo la Laura di San Caritone!
 

lunedì 6 maggio 2013

SCOPERTA


Scoperto sul Mar Rosso il più antico porto del mondo

Redazione Archaeogate, 17-04-2013

Un team franco-egiziano ha scoperto un antico porto egiziano a Wadi el-Jarf, 180 km a sud di Suez. Lo scalo risale a 4.500 anni fa, all'epoca del faraone della quarta dinastia che costruì la grande piramide di Giza. Gli scavi hanno portato in luce quello che il più vecchio papiro (foto) mai rinvenuto a oggi in Egitto

Il papiro, datato al 27mo anno del regno di Cheope (2595 a.C. - 2570 a.C.), contiene informazioni sul numero dei lavoratori impegnati nello scalo e preziose informazioni sulla vita quotidiana. Secondo le prime ipotesi degli archeologi il porto sarebbe servito come punto di approdo per trasferire il rame dal Sinai, alle valle del Nilo.

martedì 30 aprile 2013

RE DAVIDE E L'ITALIA


RE DAVIDE E’ PRESENTE ANCORA OGGI…

OMAGGIO AL NUOVO PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

ON. ENRICO LETTA

Dal Primo libro di Samuele 17,38-45

38Saul rivestì Davide della sua armatura, gli mise in capo un elmo di bronzo e lo rivestì della corazza. 39Poi Davide cinse la spada di lui sopra l’armatura e cercò invano di camminare, perché non aveva mai provato. Allora Davide disse a Saul: «Non posso camminare con tutto questo, perché non sono abituato». E Davide se ne liberò. 40Poi prese in mano il suo bastone, si scelse cinque ciottoli lisci dal torrente e li pose nella sua sacca da pastore, nella bisaccia; prese ancora in mano la fionda e si avvicinò al Filisteo.41Il Filisteo avanzava passo passo, avvicinandosi a Davide, mentre il suo scudiero lo precedeva. 42Il Filisteo scrutava Davide e, quando lo vide bene, ne ebbe disprezzo, perché era un ragazzo, fulvo di capelli e di bell’aspetto. 43Il Filisteo disse a Davide: «Sono io forse un cane, perché tu venga a me con un bastone?». E quel Filisteo maledisse Davide in nome dei suoi dèi. 44Poi il Filisteo disse a Davide: «Fatti avanti e darò le tue carni agli uccelli del cielo e alle bestie selvatiche». 45Davide rispose al Filisteo: «Tu vieni a me con la spada, con la lancia e con l’asta. Io vengo a te nel nome del Signore degli eserciti, Dio delle schiere d’Israele, che tu hai sfidato.

ECCO UNO STRALCIO FINALE DEL DISCORSO DI INSEDIAMENTO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO ON. ENRICO LETTA

“In questi giorni ho pensato al personaggio biblico di Davide.
Come lui, con lui, siamo nella valle di Elah, in attesa di affrontare Golia.
Nella valle delle nostre paure di fronte a sfide che appaiono gigantesche. Anche la sfida di metterci insieme per affrontarle. Come Davide in quella valle, dobbiamo spogliarci della spada e dell’armatura che in questi anni abbiamo indossato e che ora ci appesantirebbero.
Davide “prese in mano il suo bastone, si scelse cinque ciottoli lisci dal torrente e li pose nella sua sacca da pastore, nella bisaccia; prese in mano la fionda e si avvicinò a Golia”. Noi, dal “torrente” delle idee sulle quali ci siamo confrontati abbiamo scelto i nostri “ciottoli”, le nostre proposte di programma. La “fionda” l’abbiamo in mano insieme, governo e Parlamento. Ma di Davide ci servono il coraggio e la fiducia. Il coraggio di mettere da parte quella “prudenza politica” che spinge a evitare il confronto con le nostre paure, a rimanere nella valle e, se proprio decidiamo di muoverci, a farlo con indosso l’armatura. Il coraggio di affrontare la sfida liberandoci dell’armatura, forse lo abbiamo trovato. La fiducia è quella che chiediamo al Parlamento e agli italiani”.

lunedì 22 aprile 2013

L'AMICO ED ARCHEOLOGO DAN BAHAT. INTERVISTA SULLA BASILICA DEL S.SEPOLCRO


Il sepolcro di Gesù? Era proprio lì.

In questa intervista esclusiva, il famosissimo archeologo israeliano, Dan Bahat a Firenze per un incontro organizzato dalla Facoltà Teologica dell'Italia Centrale, sottolinea l'importanza della ricerca scientifica legata ai testi sacri: «Non si tratta di chiedere conferme all'archeologia, ma di lasciare che l'archeologia ci aiuti a comprendere la nostra comune storia. Molti luoghi a Gerusalemme testimoniano la presenza di Gesù», a partire dal Santo Sepolcro.

DI DILETTA RIGOLI

La Facoltà Teologica dell'Italia Centrale ha ospitato nei giorni scorsi l'archeologo israeliano Dan Bahat, all'interno del corso di Topografia di Gerusalemme che fa parte dell'offerta formativa della Facoltà.

Dan Bahat, oggi professore all'Università St. Michael di Toronto, ha scavato un po' dappertutto in Israele in qualità di archeologo ufficiale, per questo la sua conoscenza della terra della Bibbia è profonda. Questa eminente presenza è stata l'occasione per riflettere su archeologia e fede, ovvero su come le scoperte archeologiche possono restituirci una verità storica che illumini i fatti inerenti la nostra fede e per portare un po' di Gerusalemme a Firenze.

Due le occasioni per ascoltare il professore, la prima lunedì 26 marzo presso il Centro internazionale Studenti Giorgio La Pira, conferenza organizzata dalla Facoltà Teologica in collaborazione con Ida Zatelli (docente di lingua e letteratura ebraica all'Università di Firenze), l'amicizia Ebraico-Cristiana di Firenze e il Centro La Pira. La seconda a San Casciano, il giorno seguente, presso la sala teatro Everest dell'Acli. In entrambe le occasioni Bahat ha messo in luce sprazzi di vita di Gerusalemme all'epoca di Gesù.

Professor Bahat, lei ha dedicato la vita alla ricerca, crede che sia importante l'archeologia delle terre bibliche, e perché?

«Credo che la ricerca archeologica non sia mai fine a se stessa, specie quando è fatta in territori che coinvolgono la nostra fede. Io sono ebreo e quale ebreo non posso che riconoscere la grande importanza dell'indagine sulle radici della mia fede. Lo stesso vale per i cristiani. A Gerusalemme la fede s'interseca con la storia e senza alcuna paura e pregiudizio è dovere dello scienziato investigare e ricercare le verità che la scienza può restituirci. Non si tratta di chiedere conferme all'archeologia, ma di lasciare che l'archeologia ci aiuti a comprendere la nostra comune storia».

Lei è tra i pochi archeologi israeliani a sostenere l'autenticità del luogo dove oggi sorge la Basilica del Santo Sepolcro, quali sono gli elementi a favore di questa ipotesi?

«Sono tre gli argomenti che possiamo portare a favore dell'autenticità del luogo del Santo Sepolcro. Prima di tutto i vangeli ci dicono che la collina del Golgota, luogo della crocefissione, si trovava fuori dalle mura della città, per motivi di purità infatti gli ebrei non potevano crocefiggere all'interno; oggi però la Basilica del Santo Sepolcro è dentro le mura e questo elemento è in apparente contrasto con il dato evangelico. La risposta a questa obiezione è semplice: le mura a cui si riferiscono i Vangeli sono quelle costruite da Erode il cui percorso era molto diverso da quello attuale. La cinta muraria che noi vediamo oggi è stata costruita molto più tardi, da Solimano il Magnifico, e abbraccia una porzione di città che al tempo di Gesù rimaneva fuori, compreso il luogo della crocefissione».

E gli altri elementi?

«Il secondo argomento si basa sulla presenza di tombe ritrovate all'interno del perimetro della Basilica. I vangeli infatti ci dicono che Gesù fu sepolto in un giardino adiacente il luogo della crocefissione, questo giardino era adibito a sepolture, e ben sei grotte sepolcrali sono state ritrovate, alcune ancora visibili dietro l'edicola dell'Anastasi. La tomba di Gesù era fatta a kockh, che significa nicchia, ed era la forma tipica delle tombe di famiglie importanti. Questo ritrovamento ci fa dire con tutta probabilità che anche Gesù fu sepolto in quel luogo e in quel tipo di tomba. Il terzo argomento è forse il più interessante. Quando Adriano nel 135 costruì il tempio alla triade capitolina, Giove Minerva e Venere, lo fece proprio sul luogo del Sepolcro, come ci attesta Eusebio. Questa costruzione ci dice molte cose, la prima è che il luogo doveva comunque avere una importanza che perfino l'imperatore di Roma aveva riscontrato, la seconda che Adriano, per costruire il Tempio è costretto a fare un riempimento di terra e questo perché l'edificio sorgeva sopra una cava di pietra dismessa, esattamente come ci dicono i Vangeli. Ma ancora più importante, una prova quasi decisiva potremmo dire, ci viene dall'incisione ritrovata negli scavi che hanno portato alla luce le casematte costruite proprio da Adriano per sostenere il riempimento alla base del Tempio pagano. In una di queste casematte infatti troviamo incisa una nave e sotto ad essa la scritta Domine Ivimus che significa "oh Signore siamo arrivati". Il Signore (Domine) di cui si parla non può che essere Cristo, solo due volte infatti chi l'ha realizzata può aver avuto accesso alle pareti delle casematte, o al momento della costruzione del Tempio o al momento in cui Costantino ha costruito la Basilica cristiana ed ha per questo svuotato il riempimento di terra che ricopriva questa incisione. Tuttavia gli storici hanno riscontrato che la tipologia di nave raffigurata è tipica del secondo secolo, così è chiaro che può essere stata fatta solo all'epoca di Adriano. Il carattere nascosto del luogo ci dice che chi ha fatto questa incisione era probabilmente un soldato romano cristiano impiegato come operaio per costruire il tempio di Giove che ha voluto segretamente (a causa delle persecuzioni contro i cristiani) testimoniare la sua fede in quel luogo santo. La stessa frase è una parafrasi latina del Salmo 122: "Quale gioia quando mi dissero andremo alla casa del Signore. Già sono fermi i nostri piedi alle tue porte Gerusalemme"».

Dunque possiamo dire che la più antica testimonianza cristiana attestata dall'archeologia si trova esattamente sotto il Santo Sepolcro?

«Certamente. Questa incisione ci afferma con chiarezza l'autenticità del luogo, non solo, ci dice anche che la tradizione che lo ha identificato è antichissima e molto attendibile. Per il Santo Sepolcro possiamo dire che fonti scritte, archeologia e tradizione convergono nella stessa direzione».

Gerusalemme è il luogo in cui Gesù ha vissuto gran parte del suo ministero pubblico. Ci sono altri luoghi che lei ha studiato e che sono particolarmente rilevanti per il cristianesimo?

«Ci sono molti luoghi a Gerusalemme che testimoniano la presenza di Gesù prima e delle comunità cristiane poi. Un primo esempio, il più semplice: grazie agli studi archeologici abbiamo individuato la strada del primo secolo che dalla piscina di Siloe portava fino a Betesda, dove oggi si trova la chiesa di Sant'Anna. Sicuramente Gesù ha camminato su quella strada come ogni altro ebreo per recarsi al Tempio sulla spianata. Un altro esempio che posso portare è il luogo del processo di Gesù. Io credo che non fosse la fortezza Antonia, che si trovava nel cuore della città vecchia addossata al muro nord della spianata, ma che il processo si sia invece svolto nel palazzo dove precedentemente si trovava Erode, ovvero presso porta Jaffa, un luogo più sicuro, fortificato e dove Pilato risiedeva».

La spianata del Tempio, dove oggi sorge la Cupola della Roccia e la moschea di Al Aqsa è sicuramente un luogo sacro per gli ebrei, tant'è che il muro Occidentale, così detto del Pianto, si trova esattamente sotto. Perché secondo lei anche per i cristiani è importante visitarla?

«La spianata è il luogo più sacro per l'ebraismo, poiché vi sorgeva il Tempio con il Sancta Sanctorum, ma non bisogna scordaci mai che Gesù era ebreo e come ogni ebreo molte volte si è recato a pregare al Tempio. Molti episodi del Vangelo sono ambientati sulla Spianata, dal ritrovamento del giovane Gesù con i dottori, alla cacciata dei mercanti dal tempio. Tutti questi episodi sono sostenuti e contestualizzati dalle scoperte archeologiche, che nel primo caso hanno ritrovato il luogo esatto dove sedevano i dottori della legge e dove quindi anche Gesù ha conversato, e nel secondo ha identificato il luogo dove i cambiavalute facevano il loro mercato».

Una nuova lezione il 21 maggio. E da ottobre i corsi specialistici in teologia biblica
L'archeologo Dan Bahat sarà di nuovo a Firenze, per un'altra lezione aperta, il 21 maggio prossimo: tutte le notizie
per questa ed altre iniziative si potranno trovare, oltre che su Toscana Oggi, sul sito della Facoltà Teologica dell'Italia centrale www.teofir.it

La Facoltà partecipa anche quest'anno al progetto della Summer School di Gerusalemme, che prevede corsi estivi (in lingua italiana) di archeologia e geografia, oltre che di ebraico. Per le notizie www.corsiagerusalemme.org. Dal prossimo mese di ottobre saranno aperti anche i corsi specialistici della Facoltà Teologica in teologia biblica, che oltre che dagli studenti potranno essere seguiti anche da uditori qualificati.

UN DEGRADO INFINITO A POMPEI...TIRATI SU ITALIA!


POMPEI (NA), Il cane che sta peggio è «cave canem», il celebre mosaico quasi cancellato dall'incuria

Il cane che sta peggio a Pompei è proprio il povero «Cave canem», mosaico straconosciuto in tutto il mondo e che si trova all'ingresso della domus «del poeta tragico». Talmente famoso che persino Michele Santoro ne ha fatto il simbolo della sua trasmissione, «Servizio pubblico». Peccato però che come logo utilizzi una vecchia immagine, quando il «canem» era ancora in salute e sembrava, ancora minaccioso e bruno di pelo, tenere alla larga dalla casa i malintenzionati. Sembrava, perché purtroppo dagli Scavi più famosi del mondo gli speculatori e gli imbroglioni non sono mai stati lontano. Prova ne sono le inchieste recenti, gli arresti ed i crolli di importantissimi reperti archeologici.
Tanto che «Liberation» del 19 febbraio dedica allo scandalo Pompei due pagine con titoli molto duri: «Pompei, la storia finisce in rovina». E poi continua: «Le vestigia napoletane sono ridotte così per i lunghi anni di negligenza, corruzione e affarismo». E taglia corto: «Gestiti come un McDonald».
La sorte degli Scavi sta tanto a cuore ai francesi che domani «France 2» (la nostra Rai2) manderà una inviata con troupe al seguito per raccontare la storia dei randagi pubblicata ieri mattina dal Corriere del Mezzogiorno. Cioè: per censire 55 randagi e affidarne 26 in adozione sono stati spesi 102.963,23 euro, ai tempi dell'ex commissario Marcello Fiori. Quasi quattromila euro a cane se si calcolano solo quelli adottati.
«Cave canem» invece ebbe un po' di più: 8.904 euro. Ma solo perché la domus del poeta tragico era stata scelta come sede per la presentazione del progetto «Adotta un randagio degli Scavi». I soldi servivano per «un'opera di ripulitura - come annunciava lo stesso Fiori - degli ambienti interni». Oggi il mosaico più famoso al mondo è quasi illeggibile. Cancellate alcune lettere e più che una ripulitura ci vorrebbe un sostanziale restauro.
Il perché sia ridotto in questo stato lo spiega Antonio Irlando, responsabile dell'Osservatorio sul patrimonio culturale: «E' un simbolo di Pompei nel mondo e non può essere tenuto in quel modo: illeggibile, sporco e senza manutenzione. Il degrado è incalzante. Quando piove si ricopre d'acqua che si infiltra sotto le tessere che si indeboliscono e si staccano. E' possibile restaurarlo con una cifra modesta, molto inferiore ai 103 mila euro spesi per la lotta al randagismo negli Scavi a cui, quasi come una beffa, fu dato proprio il nome suggestivo del mosaico che ora quasi non si legge più».
 
I segni di un degrado infinito...
 

Fonte: Corriere del Mezzogiorno, 22 feb 2013

sabato 20 aprile 2013

SIRIA, MESOPOTAMIA, COLPITA CHIESA DEI FRATI CAPPUCCINI


Siria: in Mesopotamia distrutta la chiesa dei Francescani a Deir Ezzor


Una violenta esplosione ha raso al suolo la chiesa e il convento dei Frati francescani Cappuccini a Deir Ezzor, in Mesopotamia. L’informazione è giunta all'agenzia Fides da padre Tony Haddad, vice-provinciale dei Frati per il Medio-Oriente, che sovrintende alla presenza cappuccina in Libano e Siria. L’esplosione è avvenuta il 15 aprile. “Era l’unica chiesa a Deir Ezzor ancora rimasta quasi intatta finora”. Non è chiaro come sia stata distrutta. Secondo alcune ricostruzioni, nella chiesa era stata aperta una breccia e alcuni combattenti dell’opposizione vi si erano appostati. L’esercito regolare avrebbe allora colpito la chiesa, abbattendola. Altri parlano di una autobomba collocata accanto alla struttura. Padre Haddad commenta con grande amarezza “tutto questo odio e dissacrazione”. In quell’area – informa – “non ci sono più cristiani”. Nei mesi scorsi, data la situazione critica “i nostri due frati che risiedevano nel convento hanno lasciato Deir Ezzor con le suore di Madre Teresa e la decina di anziani che abitavano da noi. Erano gli ultimi cristiani rimasti. Ringrazio il Signore che i due frati sono sani e salvi. La chiesa di pietre si potrà ricostruire un giorno, quando una primavera di pace apparirà nel nostro Medio Oriente”, nota padre Haddad. Deir Ezzor è una città nell’Est della Siria, oltre l’Eufrate, tra Palmira e la frontiera irachena. “La nostra presenza lì risale agli anni '30 del secolo scorso, ma siamo in Medio Oriente da un tempo molto più lontano”, racconta padre Tony. “In quasi quattro secoli di storia, la nostra vice-provincia ha sofferto diverse distruzioni e persecuzioni, ma è sempre risorta, con Cristo Risorto”. Un’altra comunità di frati francescani cappuccini resta tuttora nel Sud della Siria, a Soueida – ancora tranquilla per il momento – dove abitano due frati. Secondo informazioni di attivisti dell’opposizione siriana, gli aerei dell’esercito avrebbero bombardato nei giorni scorsi due chiese ortodosse siriache a Deir Ezzor e le famiglie cristiane hanno lasciato la città per l'intensificarsi degli scontri tra l’esercito lealista e forze di opposizione. La chiesa ortodossa siriana afferma che le sue chiese sono state colpite in tutte le province, ad Harasta, Arbin, Zabadani, Deraa, Aleppo, a Damasco, Raqqa. (R.P.)

FONTE:
Http://it.radiovaticana.va/news/2013/04/19/siria:_in_mesopotamia_distrutta_la_chiesa_dei_francescani_a_deir_ezzor/it1-684398